sabato 18 febbraio 2012

Come tu vuoi, o Padre

PADRE NOSTRO
 SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ
 di Enrico Medi
 Padre nostro,
 che ci ami da sempre,
 noi diciamo più volentieri:
 “Sia fatto quanto piace a noi”.
 Ma oggi,
 sulla strada della conversione,
 creature deboli e incerte,
 abbandonati nelle tue braccia,
 noi diciamo come tuo Figlio,
da Betlemme alla croce:
 “Eccoci, o Padre, per fare la tua volontà”.
 Quando la vita donata p
er te si avventura nei sentieri
 tracciati dal tuo amore
 e ci coglie lo smarrimento dell’esilio,
 la crudeltà del despota,
 l’incomprensione che ci umilia,
 come Maria di Nazaret,
 come Giuseppe suo sposo,
 silenziosamente:
 “Come tu vuoi, o Padre”.
 Quando incombe l’ora oscura della croce,
 e l’anima è triste fino alla morte,
 e il viso gocciola di sudore,
 nella solitudine del nostro giardino,
 e la paura ci spinge a gridare
 che sia allontanata quest’amarezza:
 “Come tu vuoi, o Padre”
 Quando ci sorprende la tua chiamata
 avvolta dal mistero dei tuoi disegni,
 nel turbamento dell’anima stanca,
 o nel fiorire della nostra giovinezza accarezzata dai sogni:
 “Come tu vuoi, o Padre”
 Sempre! Resi forti dallo Spirito,
 al seguito di Cristo,
tuo Figlio, sul Tabor o nel deserto,
 sulle piazze osannanti
 o lungo il faticoso cammino del Golgota
 “Come tu vuoi, o Padre”
 Sorretti da Maria, l’umile ancella del “sì”,
 accompagnati dagli angeli e dai santi,
docili al tuo volere,
 nel silenzio del tempo che trascorre,
 attendendo l’Alba Nuova:
 “Come tu vuoi, o Padre”
 (Preghiera silenziosa)

venerdì 17 febbraio 2012

è più grande del suo contrario

Credo che quello che riporto sotto piacerà a molti e soprattutti a quelli che apprendono "la sublime scienza di Gesù Cristo con la frequente lettura e meditazione delle Sacre Scritture ...per acquisire una fede che sia frutto di convinzione, di scelta personale, di interiorità.  Il solo cristianesimo che sopravviverà alla modernità, sarà quello fondato su convinzioni interiori profonde; perché non basteranno più le tradizioni esterne o i fenomeni di massa."

Più volte noi ci appelliamo alla legge evangelica per sostenere gli imperativi morali, magari nel campo familiare o della sessualità. Diciamo: "La legge del vangelo è così e dobbiamo osservarla pur se è dura, non si può trasgredire, non si può andare contro i comandamenti del Signore"... In realtà quello che noi diciamo rimane un insegnamento di limiti da non valicare (dura lex sed lex) e perciò non convince la gente. Occorre invece mostrare che l'ideale umano proposto da Gesù — e a cui la fragilità umana può ribellarsi — è più grande del suo contrario; non è semplicemente una chiusura alla felicità umana, è piuttosto un'indicazione che parte dalla ricchezza delle beatitudini, dalla loro forza e dal cuore trasformato che esse esprimono. Dalla nostra consueta predicazione morale, chi ascolta non riceve nessuna forza, anzi cerca le ragioni per sottrarsi, non avendo colto quella vita nuova che sola permette di rendere accettabile concretamente, cioè recepibile il messaggio. E dunque assai importante che il discorso morale sia davvero o paolino o matteano e non un estratto ridotto, semplificato dell'uno o dell'altro, che si limita alla pura esposizione della legge concludendo: "Questo è il vangelo". No, il vangelo è molto di più, è la forza di Dio che, penetrando nella storia, cambia il cuore dell'uomo e gli apre sentieri di felicità e di libertà nella purezza di cuore, nella capacità di operare pace e di essere misericordioso, di vivere con scioltezza la sofferenza e il pianto; la forza di Dio è l'unica in grado di attraversare le oscurità dell'esistenza vincendole. La proposta cristiana non è astratta, non è élitaria; è per un popolo che piange, che soffre, per gente affaticata, oppressa, che si trova gli orizzonti chiusi e ha bisogno di spalancare le finestre del cuore. Ecco la santità cristiana del Discorso della montagna.
Carlo Maria Martini, Che cosa dobbiamo fare?, 44-46

giovedì 16 febbraio 2012

E un atteggiamento violento


lo penso che è ora che si cominci proprio dalle parrocchie, dalle nostre piccole comunità, a capire davvero il significato profetico-evangelico della nonviolenza attiva: come la pensava Gesù a riguardo. Come egli la pensava a proposito dei cannoni che non c'erano ma che erano sostituiti, a quel tempo, da tante altre violenze subdole: le violenze alle quali noi forse non poniamo attenzione oggi.
Perché, non c'è solo la violenza delle armi. C'è la violenza del linguaggio quando, per esempio, si risponde male ad una persona anche se si ha ragione. Quello è linguaggio violento.
Quando si vuol coartare, piegare la volontà degli altri alla propria, quello è un atteggiamento di egemonia, di superbia. E un atteggiamento violento.
Quando educatori, genitori, maestri, più che modellare l'animo dei discepoli o dei figli in funzione della loro autentica crescita umana, la modellano secondo progetti anche splendidi, però caparbiamente modellati sulle proprie vedute, allora corrono il rischio della violenza.
Quando vantiamo un prestigio forse anche meritato, per cui chi ci vede magari ha paura di noi: anche questa è violenza.
Bisogna stare attenti nell'allacciare rapporti umani più credibili, più veri. Basati sulla contemplazione del volto. Basati sulla stretta di mano che non contenga nascosta la lama di un coltello. Rapporti umani basati sull'etica del volto, dello sguardo. Dobbiamo sviluppare l'etica dell' altro, arricchirci della presenza dell'altro.
Tonino Bello, Ti voglio bene

mercoledì 15 febbraio 2012

qualora il discepolo avrà il coraggio di lanciarsi nell’avventura dell’ubbidienza


Lo so che il testo proposto è lungo ma vale la pena (gioia) di leggerlo e magari rileggerlo, alla fine ci rifletterà la verità che è in noi.

“Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta… troverà la sua felicità nel praticarla” (Gc.1.25). Ovviamente, Giacomo allude qui al senso di infelicità e di fatica che l’uomo percepisce dinanzi alla Parola Dio prima ancora di averla messa in pratica. La Parola di Dio molto spesso è percepita come l’indicazione di una meta troppo alta a cui si aggiunge talvolta anche la tentazione dello scoraggiamento, che ci spinge a pensare che il cammino di fede non è per noi e che non ce la faremo mai. Il riferimento di Giacomo alla felicità che si prova nel praticare la Parola, vince questa forma di inganno che afferra l’uomo nel momento della conoscenza del vangelo e delle sue esigenze, ma che lo lascerà immediatamente nell’azione, qualora il discepolo avrà il coraggio di lanciarsi nell’avventura dell’ubbidienza. Insomma, le esigenze del vangelo spaventano solo coloro che non hanno mai tentato di viverlo, ma colui che tenta l’esperimento, trova in esso la propria piena realizzazione.Il testo sposta poi l’attenzione dalla parola dell’uomo alla Parola di Dio, entrambe strettamente collegate, perché la parola umana è il veicolo della Parola di Dio. La Parola di Dio per comunicarsi prende in prestito la parola umana, che diventa così parola ispirata. In questa sezione della lettera si dice che la Parola di Dio è come uno specchio dove l’uomo osserva il proprio volto. A questa osservazione del proprio volto riflesso nello specchio potrebbero conseguire diverse soluzioni: c’è chi dopo essersi guardato si allontana, dimenticandosi; c’è chi decide di migliorare la propria immagine eliminando gli elementi di disarmonia o ricorrendo all’uso dei cosmetici. La Parola di Dio si presenta in primo luogo come una luce di conoscenza, una scoperta di se stessi nella luce della verità di Dio, e in secondo luogo, come una forza trasformante. In maniera indiretta si comprende che tale processo di conoscenza di sé e di perfezionamento personale è un processo doloroso: “Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta… troverà la sua felicità nel praticarla” (v. 25). Ovviamente, Giacomo allude qui al senso di infelicità e di fatica che l’uomo percepisce dinanzi alla Parola Dio prima ancora di averla messa in pratica. La Parola di Dio molto spesso è percepita come l’indicazione di una meta troppo alta a cui si aggiunge talvolta anche la tentazione dello scoraggiamento, che ci spinge a pensare che il cammino di fede non è per noi e che non ce la faremo mai. Il riferimento di Giacomo alla felicità che si prova nel praticare la Parola, vince questa forma di inganno che afferra l’uomo nel momento della conoscenza del vangelo e delle sue esigenze, ma che lo lascerà immediatamente nell’azione, qualora il discepolo avrà il coraggio di lanciarsi nell’avventura dell’ubbidienza. Insomma, le esigenze del vangelo spaventano solo coloro che non hanno mai tentato di viverlo, ma colui che tenta l’esperimento, trova in esso la propria piena realizzazione.
L’immagine dello specchio paragonato alla Parola contiene in sé un altro insegnamento. La Parola è uno specchio nel quale possiamo vedere noi stessi rispecchiati nella verità di Dio. Ma nel momento in cui questo specchio fosse voltato nella direzione degli altri, si cadrebbe in una grave degenerazione. Se è disdicevole guardarsi nello specchio per poi dimenticarsi, lo è ancora di più girare lo specchio nella direzione degli altri perché essi si guardino, mentre noi rimaniamo al sicuro aldilà dello specchio, senza il rischio di essere chiamati in causa. Questo, forse, potrebbe capitare più facilmente ai ministri della Parola, i quali, a forza di mettere lo specchio della Parola davanti agli altri, possono perdere l’abitudine di guardarcisi dentro.
(don Vincenzo Cuffaro)

martedì 14 febbraio 2012

Guarisci i miei raggiri e il male fatto nella mia vita


Preghiera per gli anziani 


Signore Gesù Cristo,
che hai potere sulla vita e sulla morte,
tu conosci ciò che è segreto e nascosto,
i pensieri e i sentimenti non ti sono velati.
Guarisci i miei raggiri e il male fatto nella mia vita.
Ecco, la mia vita declina di giorno in giorno,
ma i miei peccati crescono.
Signore, Dio delle anime e dei corpi,
tu conosci l'estrema fragilità della mia anima e del mio corpo,
concedimi forza nella mia debolezza,
sostienimi nella mia miseria.
Dammi un animo grato:
che mi ricordi sempre dei tuoi benefici,
non ricordare i miei numerosi peccati,
perdona tutti i miei tradimenti.
Signore, non disdegnare questa preghiera,
la preghiera di questo misero.
Conservami la tua grazia fino alla fine,
custodiscimi come per il passato. Amen.
Efrem il Siro

lunedì 13 febbraio 2012

Rispettate il nostro pane quotidiano, Rinunciando allo sfruttamento quotidiano


Padre Nostro degli Oppressi di Dom Pedro Casaldaliga,
un grande vescovo e poeta brasiliano

Fratelli nostri che vivete nel primo mondo…
Affinchè il suo nome non venga ingiuriato
Affinchè venga a noi il Suo regno e sia fatta la Sua volontà
Non solo in cielo ma anche in terra,
Rispettate il nostro pane quotidiano,
Rinunciando allo sfruttamento quotidiano,
Non fate di tutto per riscuotere il debito che non abbiamo fatto
E che vi stanno pagando I nostri bambini, I nostri affamati, I nostri morti,
Non cadete più nella tentazione del lucro, del razzismo, della guerra;
Noi faremo il possibile per non cadere nella tentazione dell’ odio e della sottomissione
E liberiamoci, gli uni e gli altri, dal male.
Solo così potremo recitare insieme
La preghiera della famiglia che il fratelllo Gesù ci insegnò.
Padre Nostro, Madre Nostra, che sei in Cielo e in Terra.

domenica 12 febbraio 2012

la sensazione di essere imbarcata in un’avventura


Perché ciò che voglio è frecciare e guizzare da una parte all’altra, spronata da quella che chiamo realtà. se non avessi mai queste crisi così intense e profonde – di inquietudine o di quiete, di felicità o di sconforto – mi abbandonerei alla rassegnazione. invece ho qualcosa da combattere; e quando mi sveglio presto mi dico: combatti, combatti. vorrei riuscire ad esprimere questa sensazione; la sensazione del canto nel mondo reale, quando la solitudine e il silenzio respingono il mondo abitato; la sensazione di essere imbarcata in un’avventura.

Virginia Woolf - 11 ottobre 1929