sabato 7 gennaio 2017

"Pocjis e che si tocjin", poche parole, ma semplici e concrete.

In questi giorni incontro commenti/lectio che formano un'eco profonda nella mia anima. Ho incontrato questa risposta  di padre Ermes che, parlando del modo con cui avrebbe affrontato la predicazione degli esercizi, definisce le caratteristiche che trovo nelle mie frequentazioni quotidiane della Parola. E poi, quanto vorrei che anche le mie parole fossero sempre guidate dalle qualità espresse nell'impegno che padre Ermes si è dato.

D.- Il Papa tiene molto alle omelie dei sacerdoti, dice che devono essere chiare, semplici, brevi ... e che la gente le capisca…

R. di Ermes Ronchi–
Questo coincide con il ricordo che io ho della mia prima Messa, quando io chiesi al mio papà:
“Come devo predicare alla gente del mio paese?”.
E lui mi rispose in lingua friulana: "Pocjis e che si tocjin", poche parole, ma semplici e concrete.
E allora io ho capito da lì
che la Parola deve essere incarnata,
che si possa toccare,
che abbia toccato,
che abbia inciso, graffiato.

Mi sono dato questo impegno:

non dire mai una parola che prima non abbia fatto soffrire o gioire me,
altrimenti non è incarnata e
non raggiunge nessuno.

E poi credo, come secondo criterio fondamentale,
la semplicità:
non elucubrare grandi pensieri teorici ma far capire che siamo immersi in un mare d’amore e non ce ne rendiamo conto.

La terza cosa è la bellezza.
La bellezza per me è un nome di Dio.

E la quarta cosa è la positività: sempre positivi, sempre creativi di speranza, il Vangelo è positivo, basta solo leggere la sua etimologia.

venerdì 6 gennaio 2017

Dopo aver incrociato le Scritture ecco che i Magi comprendono in altro modo la vita

Alessandro Dehò ·
Occhi dei Magi
(Matteo 2,1-12)
Epifania del Signore

Poi è cammino che si compie,
i Magi riprendono il cammino e
“la stella che avevano visto spuntare li precedeva”.
Mi piace davvero molto questo passaggio.
Dopo aver incrociato le Scritture ecco che i Magi comprendono in altro modo la vita
che hanno vissuto fino a quel momento.
La stella che avevano visto spuntare cioè tutta quella vita vissuta con passione
adesso è riletta come qualcosa che ha “preceduto”, come se avessero intuito,
adesso che hanno letto la Scrittura,
il Senso del loro vivere.
Succede.
Il confronto con la Scrittura non toglie il rischio e la paura di sbagliare,
non dice in anticipo cosa fare o cosa scegliere ma esplicita il Senso di una vita vissuta in pienezza.
E il Senso è incontrare Dio dentro la storia.
Ma questo avviene solo a prezzo di un Esodo personale, di uno smarrimento e di un ritrovamento continui.
La solennità dell’Epifania possa farci sentire addosso gli occhi dei Magi,
occhi di chi comprende che il sapere ha bisogno di polvere,
che la Parola ha bisogno di stelle,
che la fede è possibile solo a un cuore in cammino.

giovedì 5 gennaio 2017

non basta comprendere le Scritture, non basta interpretarle, occorre tirarne le conseguenze.

Alessandro Dehò ·
Occhi dei Magi
(Matteo 2,1-12)
Epifania del Signore

Accanto a Erode ecco i sapienti.
Anche su di loro lo stesso avvertimento:
non basta comprendere le Scritture,
non basta interpretarle,
occorre tirarne le conseguenze.
Occorre lasciarsi cambiare profondamente,
iniziare cammini nuovi,
 cedere alla tentazione di convertire il cuore.
Più leggo queste prime pagine evangeliche più mi sembrano le istruzioni d’uso per non sprecare la lettura del Vangelo,
più che una cronaca sono una specie di preparazione all’incontro.
Intanto i magi ci guardano,
loro che non hanno nemmeno capito tutto della Scrittura,
loro che non hanno catechismi e iniziazioni alla fede,
loro che non hanno tradizioni da difendere
eccoli disarmanti e ingombranti a chiedere conto di una stella.
Perché è una stella che li ha portati lì.
Poi, certo, serve la Scrittura e infatti la stella si spegne fino a quando la Scrittura non illumina il cammino però.
Però fino a Gerusalemme sono arrivati seguendo una stella.
E non è sicuramente un colpo di teatro,
non è il cedimento dell’evangelista a un commovente particolare cosmico è solo che non poteva che essere così.
Perché la fede parla nella vita e se questi erano osservatori del cielo ecco
che la fede li interpella
nel loro mestiere,
nella loro maniera di essere uomini.
Con i pescatori Gesù si affiderà alla grammatica di reti gonfiate da una pesca miracolosa,
con degli astronomi: stelle.
E fanno paura perché sono navi che hanno trovato il coraggio di salpare,
sono vite in grado di rimettersi in discussione.
Matteo regalandoci questa pagina mostra le condizioni necessarie
per intraprendere il viaggio della verità:
vita e Parola.
Insieme. Solo Parola genera sapienti immobili, solo Stella genera uomini condannati al finito.
Ma se apri la vita alla Scrittura e
ti abbandoni a una danza nel deserto
allora ecco gli occhi dei Magi.

mercoledì 4 gennaio 2017

se non accetti che la tua vita venga toccata e turbata e sconvolta dal vangelo

Alessandro Dehò ·
Occhi dei Magi
(Matteo 2,1-12)
Epifania del Signore

“Dove è?”, chiedono.
Erode ha paura perché è troppo intelligente,
capisce che quella è l’unica domanda a cui non vuole dare risposta.
Erode lo sa che le Scritture dicono il vero,
e ne ha conferma dopo aver interrogato i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo.
Sa benissimo tutto, solo spera fino alla fine che la Scrittura non diventi realtà.
Erode è la persona che conosce la Scrittura,
che ne comprende le pieghe più sottili
ma che spera con tutto il cuore
che la Scrittura rimanga altro dalla vita.
Erode non è molto lontano dal nostro modo di credere.
Sappiamo cosa dice la Bibbia,
sappiamo che il Vangelo è parola vera ma speriamo sempre che la realtà non si lasci travolgere da tanta divina follia.
L’evangelista, raccogliendo e ridisegnando racconti anticotestamentari, paragonerà Erode al Faraone, stessa strage di bambini innocenti, perché?
Per il patetico tragico tentativo di preservare la vita dalla Scrittura,
per cercare di impedire alla storia di lasciarsi fecondare dalla profezia.
I magi
che ti guardano negli occhi e
che dicono di una scelta, di un viaggio, di un cambiamento radicale fanno paura
non per quello che dicono ma per quello che sono:
loro sono vite travolte dalla profezia.
Loro sono esempi concreti della Parola che si fa carne.
Sono incarnazione di un sogno, sono la fede che smette di essere astratta, sono la vita che cambia orizzonte, sono la prova che la Scrittura non è solo vera ma può diventare reale.
E il re, paradossalmente, non comprende il reale.
E resiste.
Ecco perché non si sposta, ecco perché non va di persona a controllare,
è chiaro che l’evangelista sta raccontando altro rispetto a una storia di per sé non troppo credibile: se ti dicono dove è nato il tuo avversario politico perché non mandare ad uccidere direttamente lui invece di ammazzare tutti i primogeniti?
No, non è racconto cronachistico questa è la narrazione di una verità più nascosta e non meno vera: è la storia di una tentazione, è il racconto di come si possa rendere vana la lettura del Vangelo che Matteo ha da poco iniziato.
Se sei come Erode puoi anche leggere tutto il Vangelo,
puoi farti aiutare dai capi dei sacerdoti e dagli scribi a decifrarlo
ma se non accetti
che la tua vita venga toccata e turbata e sconvolta dal vangelo
a nulla vale la lettura.
Messaggio chiaro, per gli aspiranti lettori di tutti i tempi.

martedì 3 gennaio 2017

a te, tutta questa vita inizia a far male.

Alessandro Dehò ·
Occhi dei Magi
(Matteo 2,1-12)
Epifania del Signore

Non lo capisci subito ma l’inquietudine che ti muovono dentro è inequivocabile.
Ti guardano con quegli occhi innocenti e sicuri,
occhi che hanno visto troppo mondo per farsi intimorire da un re.
Hanno addosso il profumo delle notti passate ad osservare nuovi cieli e tentare nuove strade e ipotizzare nuove rotte,
hanno addosso la timidezza dei saggi e la sicurezza di chi ha resistito ai pericoli del viaggio
pur di dare seguito a un Sogno.
Hanno viaggiato, e
hanno accumulato vita in quel viaggio e questo basta
a regalare alle loro parole una pienezza che fa paura.

A te che ascolti e che non sai
cosa vuol dire lasciare tutto senza sapere,
a te che non sai
cosa vuol dire credere ancora al futuro,
a te che non sai
cosa significhi mettere a repentaglio la vita o assaporare il terrore di infilare
tutto il futuro in una sacca e di rischiare,
in un colpo solo, di perdere tutto,
a te,
tutta questa vita inizia a far male.
Sono lame quegli sguardi.
Non lo capisci subito
ma l’inquietudine che ti lasciano quegli occhi orientali non te la toglierai più di dosso,
te la sognerai anche di notte.

Gli occhi dei Magi.
E non ti sentirai più al sicuro nel tuo Palazzo.
Non lo capisci subito,
lo capisci solo dopo,
che quel mondo da cui ti sei difeso,
che hai tenuto lontano, che hai dipinto come ostile ora ti è entrato dentro.
Solo dopo capisci che la visita dei Magi è la vita che sfonda le pareti della Città Santa,
è la vita che entra nella Scrittura,
è la fede che diventa domanda totale, semplice e definitiva:
“Dove è colui che è nato, il re dei Giudei?”.

Solo dopo capisci che
non puoi dire di aver fede
se i tuoi occhi non diventano come quelli dei Magi.

lunedì 2 gennaio 2017

Imparare ad accettare noi stessi e la nostra misura umile, è l’inizio di un vero percorso di maturità e di sapienza.


Giovanni intuisce che è proprio la presenza del Signore nella nostra vita a conferirci il senso più profondo e la lettura più pertinente. 
Tuttavia, non è scontato vivere di luce riflessa: 
c’è qualcuno – la prima lettura lo chiama “l’anticristo” – che vorrebbe farci cadere proprio nel percorso inverso. 
Se il Signore ci invita 
a non venir mai meno nel rapporto con lui, 
il nemico, invece, ci seduce a tal punto 
da mettere noi stessi al centro di tutto. 
Ma al prezzo di cadere in un grande disorientamento e di sperimentare una terribile infelicità.

Imparare ad accettare noi stessi e la nostra misura umile, 
è l’inizio di un vero percorso di maturità e di sapienza.

Non sono io… imparare a definirsi accettando di mettersi dei confini.

Non sono io… ma sei tu, Signore, colui che dà speranza ai miei giorni.

Non la maschera ma la realtà, 
non la recita ma l’impegno sincero. 
Giovanni ci insegna l’arte del fare un passo indietro 
per riconoscere che quello che di più vero io sono, 
lo devo ad un Altro, 
seguendo il quale posso scoprire chi io sono veramente.

Come vogliamo vivere questo tempo che la misericordia di Dio ci dona? 
Giovanni non esiterebbe ad attestare: 
“Bando alla menzogna. Restate saldi in ciò che non viene mai meno”.

Questa liturgia ci sollecita ancora a dare un nome a “coloro che cercano di ingannarci”. 
C’è un inganno che è fuorviante perché ci porta lontano da noi stessi. 
In guardia perciò dall’autoreferenzialità che rischia di essere una tomba anticipata.

Quanto mai appropriate ancora le altre parole di Giovanni: 
“In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete”. 
Se può essere facile accostarsi a un Dio Bambino, 
non lo è misurarsi con l’uomo di Nazaret. 
È facile ignorare un Dio che si fa presente discretamente tanto 
da non essere riconosciuto né accolto.

Antonio Savone il vangelo di oggi

domenica 1 gennaio 2017

nell’attesa dei cieli nuovi e delle terre nuove

"Tu sai, Signore,
che io amo pregarti seguendo i ritmi stagionali,
perché la preghiera non è
una petizione astratta o
un parlare con te che prescinda
dal momento di vita,
dalle situazioni,
dalle emozioni,
dai colori che vedono i nostri occhi,
dagli odori che vengono su dal suolo:
le foglie macerate dalla pioggia,
i funghi che nascono dai boschi,
la dolce ovatta delle nebbie…
Dacci dunque, Signore,
di comprendere il messaggio segreto dell’inverno:
di attendere la nuova primavera
nel pensiero,
nella speranza,
nell’attesa dei cieli nuovi e delle terre nuove
che tu farai risorgere dalle ceneri del mondo."
(Adriana Zarri)