sabato 23 marzo 2013

Ricordati piuttosto dei frutti che noi abbiamo prodotto a causa di quello che esse ci hanno fatto.

Signore, quando ritornerai nella tua gloria, non ricordarti solo degli uomini di buona volontà.
Ricordati anche degli uomini di cattiva volontà.
Ma, allora, non ricordarti delle loro sevizie e violenze.
Ricordati piuttosto dei frutti che noi abbiamo prodotto a causa di quello che esse ci hanno fatto.
Ricordati della pazienza degli uni, del coraggio degli altri, dell'umiltà;
ricordati della grandezza d'animo, della fedeltà che essi hanno risvegliato in noi.
E fà, Signore, che questi frutti da noi prodotti siano, un giorno, la loro redenzione.
Preghiera ebraica

venerdì 22 marzo 2013

nessuno lo dice per delicatezza, per amore, per godere pur in una incoscienza voluta momenti intensi


E’ bello ascoltare storie, evocare sentimenti, osservare descrizioni di personaggi, vedersi rispecchiare in figure che ci aiutano a leggere più in profondità le nostre stesse emozioni e a dare voce ai nostri sentimenti.
Ebbene sei giorni prima di Pasqua Gesù ritorna in un luogo caldo di amicizia e sentimento. Non lo incantano le manifestazioni di successo. Ieri era stato osannato, ma sa bene la fragilità dell’audience, dell’immagine. Oggi sei al centro, domani non ti guarda nessuno. O sei qualcuno tu o sei niente se ti affidi e pensi che sia la notorietà a darti sostanza. Gesù si affida alla intimità di una famiglia, vuole passare i suoi ultimi giorni nell’amicizia e nel tepore di una accoglienza.
Ma anche questa non è nessuna isola: scoppia il grande amore di una donna forse Maria la sorella di Lazzaro, che stavolta serve a tavola, non sta allampanata a guardare a contemplare, e decide un gesto di amore estremo, delicatissimo, foriero di presagi che non si possono dire a parole: unge di profumo il capo, i piedi di Gesù. Il timore e terrore che a Gesù sarebbe capitato qualcosa di grave è nell’aria; nessuno lo dice per delicatezza, per amore, per godere pur in una incoscienza voluta momenti intensi.
E’ Gesù stesso che li esprime. Mi hai anticipato con il tuo gesto di amore la sepoltura. E’ sempre il dolcissimo Gesù che accoglie nella verità e offre strade per accettarla.
La verità della situazione è fatta emergere in termini ancora più crudi dall’intervento e dalla presenza dei ben pensanti, forse di Giuda stesso. Profumo sprecato. Poveri abbandonati, lusso ingiustificabile. Loro i ragionieri dei soldi e dei sentimenti, i calcolatori delle situazioni e delle efficienze, col cuore ormai inaridito dalla delusione e dalla incapacità di stare dalla parte di Gesù. Loro preoccupati del fatturato, dei risultati. Mentre Gesù è dalla parte dell’amore e della tenerezza anche tra una congiura e un tradimento. Sono lì tutti, siamo lì tutti anche noi in questa scena intima e familiare. La coda del diavolo c’è sempre e ci ricorda che la vita è sempre in salita e che occorre sempre affidarsi a Dio come fa Gesù. mons. Domenico Sigalini

giovedì 21 marzo 2013

un avvertimento continuo per mantenere ognuno di noi nella umiltà e nella coscienza della propria fragilità

le parole di Carlo Carretto. Anche lui si pose questa domanda - “perchè rimango nella Chiesa? - e ci diede questa risposta: “Quando ero giovane non capivo perché Gesù, nonostante il rinnegamento di Pietro, lo volle capo, suo successore, primo Papa. Ora non mi stupisco più e comprendo sempre meglio che avere fondato la Chiesa sulla tomba di un traditore, di un uomo che si spaventa per le chiacchiere di una serva, era un avvertimento continuo per mantenere ognuno di noi nella umiltà e nella coscienza della propria fragilità. No, non vado fuori di questa Chiesa fondata su una roccia così debole, perché ne fonderei un'altra su una pietra ancora più debole che sono io”.

mercoledì 20 marzo 2013

E poi la Chiesa siamo tutti noi, sono io stesso; con quale diritto mi metterei fuori dal quadro?

C'è una pagina stupenda del teologo H. De Lubac (il quale, sia detto per inciso, ha sofferto per la Chiesa ma anchedalla Chiesa) nella quale scansa un'obiezione che gli viene mossa: “Voi dipingete la Chiesa soltanto in bellezza, voi la contemplate in ideale quale dovrebbe essere, quale Dio la vuole, quale è nei vostri sogni”. Risponde così: “Niente affatto. Io la mostro, e ancora molto male, quale è nel suo mistero, cioè nella sua realtà più reale, ma agli occhi della fede. Io non nego le miserie d'ordine vario, morale o d'altro, che in ogni tempo l'hanno afflitta e che l'affliggono oggi in ciascuno di noi. Io le affermo, io le proclamo, io ne enuncio il paradosso e lo scandalo inerente alla sua missione stessa. Ma descrivere questa miseria minutamente, mettere in mostra le sue piaghe non farebbe avanzare minimamente la conoscenza del mistero della Chiesa (…) E poi la Chiesa siamo tutti noi, sono io stesso; con quale diritto mi metterei fuori dal quadro? Io, peraltro, non ho nessuna voglia di fare la mia confessione pubblica” (H. De Lubac, Nuovi paradossi, Paoline, Alba 1964, 136-137).

martedì 19 marzo 2013

e nelle case di famiglia c'è sempre un po' di disordine


Ci si rammarica che un cardinale sia riconoscibile da tanto lontano per la sua bella cappa scarlatta, mentre un santo, durante la vita, non si distingue per nessun particolare abito. Non è giusto ragionare come se la Chiesa visibile e la Chiesa invisibile fossero in realtà due chiese, quando invece la Chiesa visibile è quello che noi possiamo vedere della Chiesa invisibile, e questa parte della Chiesa invisibile varia con ognuno di noi. Perchè noi conosciamo tanto meglio l'umano che c'è in lei quanto meno siamo degni di conoscere il divino che esiste in lei. Diversamente, come spieghereste una bizzarria come questa: che i più qualificati a scandalizzarsi dei difetti, delle deformazioni o anche delle difformazioni della Chiesa di Dio – voglio dire i Santi – sono quelli che non si lamentano mai?

Si, la Chiesa visibile è ciò che ognuno di noi può vedere della Chiesa invisibile, secondo i propri meriti e la grazia di Dio. E' troppo bello dire: “Vorrei vedere ben altro e non ciò che vedo”. Oh, certo, se il mondo fosse il capolavoro d'un architetto scrupoloso della simmetria e d'un professore di logica, di un Dio deista, insomma, la Chiesa allora ci darebbe lo spettacolo della perfezione, dell'ordine; la santità in essa sarebbe il primo privilegio del comando e ogni grado della gerarchia corrisponderebbe a un grado superiore di santità, fino al più santo di tutti, il nostro Santo Padre, beninteso. Suvvia! Vorreste una Chiesa così? E vi sentireste a vostro agio?

Non fatemi ridere. Invece di sentirsi a vostro agio, rimarreste sulla soglia di questa congregazione di superuormini rigirando il vostro berretto tra le mani, come un povero straccione sulla porta del Ritz o del Claridge.
La Chiesa è una casa di famiglia, una casa paterna, e nelle case di famiglia c'è sempre un po' di disordine, le sedie talvolta mancano di un piede, i tavoli sono macchiati d'inchiostro e le scatole di marmellata si svuotano da sole nelle dispense; queste cose le so, ne ho esperienza.

(George Bernanos, Rivoluzione e libertà)

lunedì 18 marzo 2013

il fatto che il mondo che sta tra loro ha perduto il suo potere di riunirle insieme, di metterle in relazione e di separarle

Vivere insieme nel mondo significa essenzialmente che esiste un mondo di cose tra coloro che lo hanno in comune, come un tavolo è posto tra quelli che vi siedono intorno; il mondo, come ogni in-fra (in-between), mette in relazione e separa gli uomini nello stesso tempo.
 La sfera pubblica, in quanto mondo comune, ci riunisce insieme e tuttavia ci impedisce, per così dire, di caderci addosso a vicenda.
 Ciò che rende la società di massa così difficile da sopportare non è, o almeno non è principalmente, il numero delle persone che la compongono, ma il fatto che il mondo che sta tra loro ha perduto il suo potere di riunirle insieme, di metterle in relazione e di separarle. 
 La stranezza di questa situazione ricorda una seduta spiritica dove alcune persone raccolte attorno a un tavolo vedono improvvisamente, per qualche trucco magico, svanire il tavolo in mezzo a loro, così che due persone sedute da lati opposti non sarebbero soltanto separate, ma sarebbero anche del tutto prive di relazioni, non essendoci niente di tangibile tra loro.
Hannah Arendt, Vita activa. La condizione umana

domenica 17 marzo 2013

testimoniamo la chiesa di pietra o la chiesa di Gesù?

La Quaresima è l'incontro con il figlio dell'uomo che zittisce le condanne che sanno di ipocrisia, perché circoscrivono l'orizzonte della legge all'unico peccato della donna, quello sessuale, quello dell'adulterio, quasi esistesse solo quello: "Chi di voi è senza peccato?". "Se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi".
 Ed è sconcertante notare che l'hanno portata, la donna, nel tempio. E che loro siano i difensori della legge e della religione, gli osservanti.
 E' sconcertante notare come proprio tra gli osservanti si annidi la razza dei lapidatori. Tutto quello che sanno immaginare e proporre è lapidare, coprire di pietre.
 E' sconcertante e dovrebbe interrogarci profondamente come chiesa, può succedere anche oggi che l'uomo, la donna smarriti del nostro tempo si trovino in mezzo e percepiscano la chiesa dall'altra parte, non dalla parte del Signore, una chiesa delle pietre:
di pietra lo sguardo,
di pietra il giudizio,
di pietra la condanna.
Una chiesa pietrificata.
Ciascuno di noi oggi dovrebbe interrogarsi sulla qualità della sua testimonianza:
testimoniamo la chiesa di pietra o la chiesa di Gesù?
 Se da un lato la donna sentiva la durezza della voce, dall'altro sentiva
il silenzio che l'accoglieva,
la voce che la difendeva,
lo sguardo che la risollevava, la risuscitava.
Don Angelo Casati