mercoledì 20 marzo 2013

E poi la Chiesa siamo tutti noi, sono io stesso; con quale diritto mi metterei fuori dal quadro?

C'è una pagina stupenda del teologo H. De Lubac (il quale, sia detto per inciso, ha sofferto per la Chiesa ma anchedalla Chiesa) nella quale scansa un'obiezione che gli viene mossa: “Voi dipingete la Chiesa soltanto in bellezza, voi la contemplate in ideale quale dovrebbe essere, quale Dio la vuole, quale è nei vostri sogni”. Risponde così: “Niente affatto. Io la mostro, e ancora molto male, quale è nel suo mistero, cioè nella sua realtà più reale, ma agli occhi della fede. Io non nego le miserie d'ordine vario, morale o d'altro, che in ogni tempo l'hanno afflitta e che l'affliggono oggi in ciascuno di noi. Io le affermo, io le proclamo, io ne enuncio il paradosso e lo scandalo inerente alla sua missione stessa. Ma descrivere questa miseria minutamente, mettere in mostra le sue piaghe non farebbe avanzare minimamente la conoscenza del mistero della Chiesa (…) E poi la Chiesa siamo tutti noi, sono io stesso; con quale diritto mi metterei fuori dal quadro? Io, peraltro, non ho nessuna voglia di fare la mia confessione pubblica” (H. De Lubac, Nuovi paradossi, Paoline, Alba 1964, 136-137).

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