sabato 24 aprile 2010

25 aprile- liberazione

Care ragazze e ragazzi,

L’8 settembre 1943 avevo trentatré anni ed ero a Torino che è la mia città. Da soli quindici giorni ero uscito da un carcere dove ero entrato a soli ventiquattro anni per ragioni politiche. Avevo cospirato contro il fascismo che io odiavo fin da quando ero ragazzo: il fascismo aveva tolto ogni libertà agli italiani e li mandava a fare la guerra ad altri popoli, ad uccidere ed anche a morire senza una ragione al mondo.


Che male ci avevano fatto gli abissini, i greci, i francesi, gli inglesi, gli jugoslavi, i russi? Nessuno, eppure contro di loro il regime fascista aveva dichiarato guerra e per giunta l’aveva perduta, mandando a morire centinaia di migliaia di nostri ragazzi e riducendo l’Italia ad una rovina. Il fascismo diceva che faceva questo per la patria ma non era vero: per me e per tanti altri italiani la patria è l’Italia che collabora con gli altri paesi del mondo per il bene di tutti, non è l’Italia che aggredisce gli altri e opprime i suoi figli.

L’8 settembre, quando fu annunciata la fine della guerra contro gli inglesi e gli americani capimmo che i tedeschi sarebbero arrivati in armi per cancellarci, tutto cambiò. Attorno a me vidi negli occhi di ragazze e ragazzi una nuova volontà di azione, l’impegno per cacciare tedeschi e fascisti e dare all’Italia una convivenza democratica e una posizione attiva e aperta al mondo. Quella era la vera patria. In quel giorno cominciò la Resistenza e capii che avevano senso i miei lunghi anni di carcere per la libertà.

Lettera aperta ai giovani di Vittorio Foa

NELSON MANDELA "Quando sono uscito di prigione, questa era la mia missione, liberare sia gli oppressi che l'oppressore. Oggi abbiamo soltanto conquistato la libertà di essere liberi, il diritto a non essere oppressi."

Anche i nostri preti danno la vita per il loro gregge

In questo piccolo racconto c'è soprattutto Lui, Gesù, mandato dal Padre a dare la vita, perché noi l'avessimo e in abbondanza. Si avvicinava a tutti, con la cufsdvgfdra di un padre, di un fratello: li guardava con lo sguardo di uno che ama senza limiti, gratuitamente, liberamente ed ha nel cuore non la volontà di morte del peccatore, ma la sua salvezza. Voleva guardare in faccia le ferite di tutti per auarirle: 'Non sono venuto per i sani, ma per i malati', dirà. Non accetta facilmente che qualcuno si perda e, quando qualche 'pecorà, per dabbenaggine o per altre ragioni, si allontana, Gesù stesso racconta come vada in cerca di lei, senza curarsi dei pericoli, della fatica, della sofferenza: l'importante è ritrovare chi è stato catturato dai 'mercenari', che per nulla si curano della sua felicità e della sua vita. Come succede oggi.
Sono tanti davvero i mercenari, ossia quelli che catturano con le lusinghe - la ricchezza, il prestigio, il successo, il piacere, il potere... - e tutti sappiamo come a costoro nulla interessi della nostra felicità vera, della nostra sofferenza o insoddisfazione...
Gente sferzata da tante ingiustizie, che l'uomo stesso, ripiegato su se stesso, inventa giorno per giorno, cercando solo vie per affermarsi, magari calpestando gli altri. Sono le stesse folle che incontriamo ancora oggi: un triste spettacolo, che penetra fino in fondo al cuore, come ci riguardasse da vicino, come sofferenza nostra, e non ci dà pace.
A questa umanità in cerca di pastore, Gesù indica la strada: 'Pregate il padrone della messe, che mandi operai nella sua messé. E questi operai che Gesù manda sono i sacerdoti, vescovi, chiamati giustamente, sull'esempio di Gesù, 'pastori'.
mons.
Antonio Riboldi


IV
Domenica di Pasqua (Anno C)
(25/04/2010)
Vangelo: Gv 10,27-30

come pecora senza pastore…


L'uomo di oggi si sente sempre più avvilito e frustrato come persona. Lo avvilisce soprattutto la violenza, la brutalità della vita, lo sfruttamento dei poveri da parte dei ricchi, il clima di anonimato, tipico della nostra civiltà, che lo rende numero, la manipolazione politica dell'opinione pubblica a scopo di potere… L'uomo si sente solo, contro tutti e tutto, abbandonato… per usare l'immagine biblica di questa domenica, come pecora senza pastore…
La figura di Gesù Pastore capovolge tutto questo. Gesù-Pastore instaura rapporti personali con ciascuno di noi, rapporti d'amore, d'affetto, rapporti dove non è possibile naufragare nell'anonimato. Egli ci conosce, noi lo conosciamo. Lo sentiamo vicino in ogni istante della nostra vita, interessato con amore alla nostra avventura umana. Noi siamo le pecore malate, stanche, abbandonate, oggetto per sempre della sua promessa e della sua beatitudine: "Non andranno mai perdute". Per loro è disposto a dare la sua vita...
Noi chiamati da Dio con il nostro vero nome, così come solo Dio può chiamarci. Con la voce unica del Dio innamorato, amante della creatura. Le pecore possono ascoltare la sua voce, perché egli, ovviamente, le chiama.
Possiamo ricavare dai primi tre verbi del primo versetto l'itinerario spirituale del cristiano, un vero programma di vita:
Ascoltare: vi è impegnata la mente, l'intelligenza, la virtù dell'obbedienza. Il vero ascolto si fa obbedienza.
Conoscere: E' impegnato il cuore. Non si conosce veramente se non ciò che si ama. E' l'amore che è capace di andare oltre ad ogni evidenza. E' un conoscere dal di dentro, dall'intimo. E' un conoscere l'Essere. E' una conoscenza nell'Amore.
Seguire: E' impegnata la Volontà, capace di far muovere i miei passi dietro Colui che ho ascoltato, amato. Ora lo seguo, dietro a lui i miei passi non vacillano, Egli mi porterà ai verdi pascoli, anche se dovessi attraversare una valle oscura… non temerei perché lui è con me (cfr. Sal. 23).

don Roberto Rossi
IV Domenica di Pasqua (Anno C) (25/04/2010)
Vangelo: Gv 10,27-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: Gv 10,27-30)

muta la vita in danza

Se un uomo non tiene il passo con i compagni, forse questo accade perché ode un diverso tamburo. Lasciatelo camminare secondo la musica che sente, quale che sia il suo ritmo o per quanto sia lontana. (Henry D. Thoreau)

"I valori delle cose non si misurano con la durata nel tempo, ma nella intensità con cui avvengono. Per questo ci sono dei momenti indimenticabili, delle cose inspiegabili e delle persone incomparabili" Fernando Pessoa

venerdì 23 aprile 2010

Domani è sabato festa di Maria



La forza dell'uomo è la preghiera. Pregare vuol dire prender fiato da Dio. Pregare significa affidarsi a Dio. La preghiera è il cuore della vita cristiana. Dietrich Bonhoeffer

Luce

Dietrich Bonhoeffer scrisse questi versi nel carcere militare di Tegel, a Berlino. Li accluse a una lettera all’amico Eberhard Bethge dell’8 luglio 1944.

In me è buio, ma da te c’è luce,

io sono solo, ma tu non mi lasci
son pusillanime, ma da te c’è aiuto
sono irrequieto, ma da te c’è pace
in me c’è amarezza, ma da te pazienza
le tue vie non comprendo, ma tu conosci
la retta via per me.

trad. Anna Maria Curci

La poesia è la ragione messa in musica.

Francesco De Sanctis, Le "contemplazioni" di Victor Hugo, dai Saggi Critici

Cristiani e pagani

Dietrich Bonhoeffer scrisse questi versi nel carcere militare di Tegel, a Berlino. Li accluse a una lettera all’amico Eberhard Bethge dell’8 luglio 1944.

Da Dio gli uomini vanno quando hanno bisogno
aiuto implorano, chiedono pane e buona sorte,
d’essere liberati da malattia, da colpa e morte.
Così fan tutti, cristiani e pagani.

Da Dio gli uomini vanno quando Lui ha bisogno,
lo trovan povero, oltraggiato, senza pane e dimora,
vedono come il peccato lo divora,
debolezza e morte.

Dio va da tutti quando hanno bisogno,
sazia il corpo e l’anima con il Suo pane
morte di croce muore per cristiani e pagani
e perdona entrambi.

trad. Anna Maria Curci

Le idee che si acquistano con la lettura e nel contatto con la società, sono il germe di quasi tutte le scoperte: è come un'aria che si respira senza accorgersene, e che è necessaria per la vita.

Jean-Baptiste D'Alembert,
Il discorso preliminare all'Enciclopedia

Chi sono?

Dietrich Bonhoeffer scrisse questi versi nel carcere militare di Tegel, a Berlino. Li accluse a una lettera all’amico Eberhard Bethge dell’8 luglio 1944.

Chi sono? Spesso mi dicono
che esco dalla mia cella
sciolto e sereno e saldo
come un signore dal suo castello

Chi sono? Spesso mi dicono
che parlo con i sorveglianti
libero e cordiale e franco
come se avessi da comandare.

Chi sono? Mi dicono anche
che i giorni porto della malasorte
imperturbabile, sorridente e fiero,
come chi è uso alle vittorie.

Davvero sono quello che altri di me dicono?
O son soltanto ciò che io stesso di me so?
Inquieto, nostalgico, malato, come un uccello in gabbia,
boccheggiante per un soffio di vita, come se mi strozzassero,
affamato di fiori, di colori, cinguettii,
assetato di buone parole, di calore umano,
tremante d’ira per l’arbitrio e la minima offesa,
tormentato dall’attesa di grandi cose,
invano trepidante per amici a distanza infinita,
stanco e troppo vuoto per pregare, per pensare, per fare,
fiacco e pronto a dire addio a tutto?
Chi sono? Questo o quello?
Sono forse oggi questo e domani un altro?
Sono entrambi al contempo? Dinanzi agli uomini un ipocrita
e per me stesso un debole piagnucoloso degno di disprezzo?
O forse ciò che è ancora in me assomiglia all’esercito in rotta
che arretra confuso dinanzi a vittoria già ottenuta?

Chi sono? Solitario porsi domande si fa beffe di me.
Chiunque io sia, Tu mi conosci, Tuo sono, o Dio!

trad. Anna Maria Curci

Lo scrivere implica, nel migliore dei casi, un'esistenza solitaria ... Lo scrittore lavora da solo e, se è un buono scrittore, deve ogni giorno affrontare l'eternità o la mancanza di eternità.

Ernest Hemingway, Discorso in occasione del conferimento del premio Nobel

Responsabilità

Sessantacinque anni fa, il 9 aprile 1945, moriva impiccato nel carcere di Flossembürg il teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer, a soli 39 anni. Era stato arrestato due anni prima per aver cospirato per l’assassinio di Hitler, in un attentato poi fallito. Del periodo trascorso in carcere ci resta la corrispondenza, in cui troviamo questa frase:
“Abbiamo vissuto e pensato troppo nella convizione che sia possibile garantire in precedenza ogni azione vagliando le possibilità, in modo tale che essa poi si compia completamente da sola. Abbiamo imparato un po’ troppo tardi che l’origine dell’azione non è il pensiero ma la disponibilità alla responsabilità”.

Ecco il motivo per cui spesso, sul luogo di lavoro, nella vita, nella politica, falliscono proposte audaci, innovative, che porterebbero gran vantaggio per tutti: qualcuno si rifiuta di assumersi la responsabilità. Theodore Sturgeon, in un suo celebre racconto, sosteneva che la maturità è proprio questo: dire "I care", Ho cura di, mi assumo la responsabilità di qualcosa. Solo se questa cosa, questa persona esiste puoi farlo. Solo se esiste la puoi amare, ti può importare di essa. Il crescere, il migliorare, è un'attenzione alla realtà, essere disponibili ad amare la realtà più di noi stessi. Ciò che non amiamo è come se per noi non esistesse.

Infatti noi esistiamo perchè siamo amati.
http://berlicche.splinder.com/home?from=0

Non leggete, come fanno i bambini, per divertirvi, o, come gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere.

Gustave Flaubert, Lettera a Mlle de Chantepie

Perchè c'è una verità, e l'obbligo verso di essa

"Bisogna dare battaglia perché Dio doni la vittoria"
Giovanna D'Arco

Quando parli, discuti con qualcuno, può capitare che la tua tesi venga fraintesa. Certo, succede.
Può anche capitare che, in base a quella tesi fraintesa, tu venga attaccato. Anche pesantemente. Magari insultato. O persino minacciato.

Può capitare che tu, dopo un po', ti renda conto che in realtà ai tuoi accusatori non importa molto quello che dici, della giustezza delle tue affermazioni, delle prove che porti. Neanche le considerano, anzi.

Sembra importare molto di più quello che sei; quello che rappresenti. E quindi cercano di intimorirti per costringerti a ritirarti. In maniera da averla vinta. Screditarti. Eliminarti. Toglierti dai piedi. Definitivamente.

E ciò è più importante della verità. Secondaria, la verità. Ininfluente. Se fosse vera verità, sarebbe dalla nostra parte, questo è il ragionamento. Se pure v'è un ragionamento.

Se non c'è violenza fisica, non ancora, è perchè manca l'opportunità.

Ma non ci si può ritirare. Perchè c'è una verità, e l'obbligo verso di essa; e se non andiamo noi, chi lo farà al posto nostro?

Il libro essenziale, il solo libro vero, un grande scrittore non deve, nel senso corrente, inventarlo, poiché esiste già in ciascuno di noi, ma tradurlo. Il dovere e il compito di uno scrittore sono quelli di un traduttore.

Marcel Proust, Il tempo ritrovato

aspettare e ricordare



Mi ha detto che secondo lui la gente vive per anni e anni, ma in realtà è solo una piccola parte di quegli anni che vive davvero, e cioè negli anni in cui riesce a fare ciò per cui è nata. Allora, lì, è felice. Il resto del tempo è tempo che passa ad aspettare o a ricordare. Quando aspetti o ricordi, mi ha detto, non sei né triste né felice. Sembri triste, ma è solo che stai aspettando, o ricordando. Non è triste la gente che aspetta, e nemmeno quella che ricorda. Semplicemente è lontana.

Alessandro Baricco, da “Questa Storia”
Scrivere è come una forma di preghiera.

Franz Kafka, Diari

A coloro che soffrono nel corpo

Carissimi,
non scrivo per consolarvi. Anche perché so bene quanto fastidio vi diano le declamazioni di coloro che, sentendosi sempre in dovere di spendere qualche buona parola con voi, ricorrono ai prontuari dei più indisponenti fraseggi...
Davanti a chi soffre come voi, l’atteggiamento più giusto sembrerebbe quello del silenzio.
Però, anche il silenzio può essere frainteso o come segno di imbarazzo, o come tentativo di rimozione del problema.
E allora, tanto vale parlarne. Semmai, con pudore. Chiedendovi scusa per ogni parola di troppo. Come, per esempio, una parola di troppo potrà sembrare il segreto che vi confido sulla mia consuetudine con questa preghiera che recito ogni mattina:
“Padre mio, io mi abbandono a te. Fa’ di me ciò che ti piace. Qualsiasi cosa tu faccia di me, io ti ringrazio. Sono pronto a tutto. Accetto tutto. Purché la tua volontà sia fatta in me e in tutte le tue creature. Non desidero altro, mio Dio. Rimetto la mia anima nelle tue mani. Te la dono, mio Dio, con tutto l’amore del mio cuore, perché ti amo. Ed è per me una necessità di amore donarmi e rimettermi nelle tue mani. Senza misura, con infinita fiducia. Perché tu mi sei padre”.
E’ una preghiera difficile, lo ammetto. Forse è stata difficile anche per Charles de Foucauld che l’ha composta. Questo brillante ufficiale di cavalleria, amante della vita eppure spinto a fare un cammino di conversione nelle aridità del deserto, non poteva mai immaginare che un giorno sarebbe caduto assassinato da un beduino mentre era assorto in adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Ebbene, ciò che l’ha reso celebre non è stato il suo martirio, quanto quella preghiera di abbandono.
È una preghiera difficile, lo ammetto.
Forse è difficile pure per voi, piagati nei corpo, che tremate a pronunciarla anche dopo che la prova vi è già caduta addosso...

Ed eccomi allora chiamato dal mio dovere di vescovo ad additarvi con fermezza lo scandalo della Croce...Aggiungere che un giorno sarete schiodati pure voi dalla croce, può apparire uno scampolo di quell’eloquenza mistificatoria che non convince nessuno.
Ma dirvi che sulla croce un giorno ci è salito un uomo innocente, e che sul retro della croce c’è un posto vuoto dove un altro innocente è chiamato a far compagnia ai rantoli di Cristo, appartiene al messaggio inquietante, eppur dolcissimo, che un ministro della Parola non può nè accorciare nè mettere tra parentesi...
Forse un giorno quel posto sarà mio. O lo è già da adesso, ed è solo l’esemplarità del vostro martirio più grande che me ne rende agevole il tormento. Non fosse altro che per questo, vorrei dirvi: grazie!
...Sapete che vi dico?
Il mattino di Pasqua, nella corsa verso il sepolcro, voi sarete più veloci di tutti, e ci precederete come Giovanni. E forse vi fermerete sulla soglia, per farci vedere «le bende per terra e il sudano piegato in disparte».
E l’ultima carità che ci aspettiamo da voi.
Un abbraccio.
Tonino Bello

giovedì 22 aprile 2010

Diventare ciò che si è...quello che era sempre stato, il Re Leone.

E’ anche la dinamica dell’amore: Nala, Rafiki amano e quindi non dimenticano, vivono non nella rassegnazione e nel rimpianto del passato ma nel sempre vivo presente dell’amore riuscendo a rimanere fedeli a se stessi e alla propria vocazione. Questo vuol dire “realizzarsi”, diventare reali, far diventare reale quel progetto di vita che sentiamo vivere dentro il nostro cuore. Con la forza di questo amore Nala e Rafiki vanno incontro a Simba e lo risvegliano, chiamandolo. Ed ora Simba, chiamato perché amato, può rispondere e dire ad alta voce il suo nome e sente, ricorda, che egli è chiamato a grandi cose: egli è “molto più di quello che è diventato”, egli può finalmente affrontare il suo passato e diventare quello che è (sempre stato).

Prendere con le proprie mani la propria vita e la propria storia non è facile e fa sempre male, come spiega a Simba Rafiki dando all’improvviso una sonora bastonata sulla sua bella testa leonina, ma il passato, se pur fa male, è anche utile, fecondo: nel momento in cui Rafiki prova a dare una seconda bastonata Simba ha appreso la lezione e schiva il colpo. “Ecco vedi?” dice Rafiki: “Dal passato puoi scappare oppure puoi imparare qualcosa”. Simba capisce: basta fughe da se stesso, basta scappare, meglio è apprendere le lezioni, anche quando sono dolorose, che la vita porta con sé. L’importante è rimanere fedeli a se stessi, realizzare quel progetto che è già inscritto in noi al momento della nascita. “Il vento sta cambiando” osserva il giovane leone e si volge pure lui, col viso determinato e indurito (un po’ come Gesù quando decide di dirigersi verso Gerusalemme), e comincia a correre. “Dove stai andando?” gli chiede Rafiki. “Sto tornando a casa!”.

Il finale del film è scontato: Simba, come Ulisse, ritorna nella sua terra e farà giustizia ridiventando quello che era sempre stato, il Re Leone.

Che bella sintesi grazie a http://lacapannainparadiso.blogspot.com/search/label/iconografia

Ciclo Cristologico, seconda metà del XII secolo.

Annuciazione, Natività, Presentazione al Tempio
Battesimo di Cristo, Trasfigurazione, Resurrezione di Lazzaro
Entrata in Gerusalemme, Crocifissione, Discesa agli Inferi (Ressurezione)
Ascensione, Pentecoste, Dormizione di Maria

Il contrario della bellezza non è la bruttezza, ma la stupidità


Tutti crediamo di sapere che cosa è il bello, ma se indaghiamo più attentamente ci accorgiamo che esso dipende da una serie di fattori non assoluti e non personali, ma secondo le condizioni sociali o della singola psicologia. Per Theodor Adorno (Aesthetische Theorie, 1970) l’anelito al bello è che variano una ricerca disperata che non si realizzerà mai, il cammino verso una promessa che resta sempre esclusa (si avvertono le radici ebraiche dell’autore e della millenaria cultura che rappresenta); per Kierkegaard (Enten-Eller, 1843) il bello si può raggiungere, ma senza riflettere: appena si coglie esso sfuma (l’angosciato danese pensava al don Giovanni mozartiano come simbolo di una condizione umana); Hans Gadamer (Die Aktualitàt des Schònen, 1977), il bello è tale per condivisione, non per scelta del singolo. Insomma la bellezza non corrisponde a qualcosa di reale ma ad una immaginazione, a un disegno della mente che si proietta sulle cose, come in vario modo hanno affermato l’americano Nelson Goodman (Languages of Alt, 1968) e il prete russo Pavel Florenskij (Ikonostàs, 1922). ... nonostante lo scorrere del tempo avrebbe continuato ancora in quella indagine del pensiero sui temi che distinguono l’homo sapiens. «La bellezza - per il prof. Esposito - è la realizzazione del Mistero, quello spazio della visione in cui ciò che è si mostra nella sua gloria». E ha così concluso: «Il contrario della bellezza non è la bruttezza, ma la stupidità».
(Quaderni Cannibali) Dicembre 2006 - autore: SERGIO SCIACCA

mercoledì 21 aprile 2010

Stringi i pugni...lotta


NON TI ARRENDERE MAI,
neanche quando la fatica si fa sentire,
neanche quando il tuo piede inciampa,
neanche quando i tuoi occhi bruciano,
neanche quando i tuoi sforzi sono ignorati,
neanche quando la delusione ti avvilisce,
neanche quando l'errore ti scoraggia,
neanche quando il tradimento ti ferisce,

neanche quando il successo ti abbandona,
neanche quando l'ingratitudine ti sgomenta,
neanche quando l'incomprensione ti circonda,

neanche quando la noia ti atterra,
neanche quando tutto ha l'aria del niente,

neanche quando il peso del peccato ti schiaccia...
Invoca il tuo Dio, stringi i pugni, sorridi... e ricomincia!

(S. Leone Magno)

Non dire PADRE se


Non dire PADRE se ogni giorno non ti comporti da figlio.
Non dire NOSTRO se vivi isolato nel tuo egoismo.
Non dire CHE SEI NEI CIELI se pensi solo alle cose terrene.
Non dire SIA SANTIFICATO IL TUO NOME se non lo onori.
Non dire VENGA IL TUO REGNO se lo confondi con il tuo successo materiale.
Non dire SIA FATTA LA TUA VOLONTA' se non l'accetti quando è dolorosa.
Non dire DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO se non ti preoccupi della gente che ha fame, che è senza cultura e mezzi per vivere.
Non dire RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI se conservi rancore contro tuo fratello.
Non dire NON LASCIARCI CADERE IN TENTAZIONE se hai intenzione di continuare a peccare.
Non dire LIBERACI DAL MALE se non prendi posizione contro il male.
Non dire AMEN se non prendi sul serio le parole del Padre Nostro!

martedì 20 aprile 2010

c’è un Uomo che aspetta inchiodato sulla croce

Ero uscito di casa per saziarmi di sole.

Trovai un uomo che si dibatteva

nel dolore della crocefissione.

Mi fermai e gli dissi:

permetti che io ti aiuti

a staccarti dalla croce.

Lui rispose:lasciami dove sono,

i chiodi nelle mani e nei piedi,

le spine intorno al capo,

la lancia nel cuore.

Io dalla croce da solo non scendo.Non scendo dalla croce fino a quando sopra vi spasimano i miei fratelli.Io dalla croce non scendo Fino a quando per distaccarmi Non si uniranno tutti gli uomini.Gli dissi:cosa vuoi che faccia per te?Mi rispose:va’ per il mondo e dì a coloro che incontreraiche c’è un Uomo che aspetta inchiodato sulla croce.
(Fulton J. Sheen)

Permettere all'altro di prendersi cura di noi

Un amico è tale quando – nella dinamica dei rapporti interpersonali – è capace di vivere con fedeltà e verità, quando il suo consiglio è orientato verso il bene, quando nonostante gli inevitabili momenti di incomprensione è in grado di ristabilire un dialogo con te.«Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13).

Quando la vita ti mette davanti il fardello della sofferenza hai due possibilità: DISPERARTI, mandando “a quel paese” tutto e tutti, vivendo ogni attimo della tua vita senza il conforto della speranza, nella solitudine angosciante del “tutto è perduto”, oppure OFFRIRE quel tutto (apparentemente privo di significato) a Colui che ci ha creato e ci ama più di ogni altra cosa al mondo; mettere ogni cosa nelle mani di Dio e lasciare che sia Lui a prendersi cura di te.

lunedì 19 aprile 2010

Questa sera il tabernacolo è vuoto, la croce è nuda, chiuso il sepolcro...

...gli altari desolati,
ma la Messa continua sugli ignoti calvari di una terra
ove ogni picco, ogni greco, ogni preda
è un tabernacolo, un altare, una croce.

Crocifissi come te...
Questa nudità m'agghiaccia.
Ho l'impressione di trovarmi per la prima volta
in faccia alla morte, all'ingiustizia, al dolore, alla guerra...
Come siano arrivate queste nostre tristezze fin sull'altare,
non so:
come si siano legate a quel tronco, fatte una sola cosa col crocifisso,
non so...
Ma tu, dall'alto della tua croce, invochi perdono:
noi, dalla nostra croce, odiamo;
tu doni il Paradiso a un ladrone,
noi togliamo il pane anche all'orfano.
Tu sulla croce, sei nudo, sei l'uomo.
Noi siamo obbligati a portare
la maschera dell'uomo forte, dell'uomo grande, dell'uomo implacabile...
fin sulla croce.

Signore, toglimi questa maschera,
fammi vedere come sono,
come siamo per avere almeno pietà gli uni degli altri.
Tu ci hai comandato di amarci gli uni gli altri come tu ci ami.
Ho paura che quel giorno sia ancora molto lontano, troppo lontano.
Almeno potessimo arrivare ad aver pietà gli uni degli altri!
A vivere e a morire da uomini, da poveri uomini come siamo,
in pace con noi stessi!

Primo Mazzolari, Tempo di passione, Paoline 2005

Questa sera è anche per me tempo di passione. Abbraccio la croce tremante per la paura. Mi sembra di non vedere più la luce. Davvero ho sepolto Cristo col macigno che mi chiude il cuore. Ho bisogno di vederti sulla spiaggia della storia mentre accendi il fuoco per il pesce che io ho pescato obbedendo alla tua volontà. Tu mi interroghi. Vedi lo stato confusionale e balbettante delle mie risposte anche se sincere. "Tu sai che in fondo io ti voglio bene". Dirada la nebbia con la luce del tuo cammino.

domenica 18 aprile 2010

accettando l'offesa, disdegni di renderla

Dammi il supremo conforto dell'Amore, questa è la mia preghiera.

Il conforto che mi permetterà di parlare, agire, soffrire secondo la tua volontà,

e di abbandonare ogni cosa per non essere lasciato a me stesso.

Fortificami nei pericoli, onorami con la tua sofferenza aiutami a percorrere i cammini difficili del sacrificio quotidiano.

Dammi la suprema confidenza dell'Amore, questa è la mia preghiera.

La confidenza nella vita che sfida la morte, che cambia la debolezza in forza, la sconfitta in vittoria.

Innalzami, perchè la mia dignità, accettando l'offesa, disdegni di renderla.

Rabindranath Tagore

Ama la vita così com'è


E' questa forse la risposta a quanto scrivevo poco fa?
E' brutto quando non riesci ad allontanare i piensieri che ti paralizzano e così devi vivere con la vita:
ama la vita così com'è.

Amala pienamente,senza pretese;
amala quando ti amano o quando ti odiano,
amala quando nessuno ti capisce,
o quando tutti ti comprendono.

Amala quando tutti ti abbandonano,
o quando ti esaltano come un re.
Amala quando ti rubano tutto,
o quando te lo regalano.
Amala quando ha senso
o quando sembra non averlo nemmeno un pò.

Amala nella piena felicità,
o nella solitudine assoluta.
Amala quando sei forte,
o quando ti senti debole.

Amala quando hai paura,
o quando hai una montagna di coraggio.
Amala non soltanto per i grandi piaceri
e le enormi soddisfazioni;
amala anche per le piccolissime gioie.

Amala seppure non ti dà ciò che potrebbe,
amala anche se non è come la vorresti.
Amala ogni volta che nasci
ed ogni volta che stai per morire.
Ma non amare mai senza amore.
Non vivere mai senza vita!


Madre Teresa di Calcutta

Pare che le decisioni cruciali e le grandi esperienze di vita esigano una guida

E' uno di quei momenti di vuoto che sfida il mio io inquieto a non perdere neanche un minuto. Non voglio più barricarmi dietro il tanto da fare indispensabile, prigioniero delle aspettative altrui. La scelta che dovrò fare è paralizzata dalla paura di perdere quelle cose che voglio abbandonare. So che non potrò farlo da solo, ho bisogno di una guida che non nasconda la sua opinione sulle mie decisioni migliori. Ho bisogno di tutto questo per me, per mia moglie e per la mia famiglia.
"Insegnavo...dell'importanza della solitudine, della liberta interiore e della pace spirituale, ma continuavo ad incespicare nelle mie stesse costrizioni, nelle mie stesse illusioni.
...domande seguitavano ad affacciarsi nei pochi momenti di vuoto, sfidandomi a fronteggiare il mio io inquieto...parlavo troppo "di Dio" invece che "con Dio"... mi preoccupavo più degli elogi del prossimo che dell'amor di Dio... prigioniero di ciò che gli altri si aspettavano da me, invece di farmi liberare dalle promesse di Dio...barricarmi dietro tanto da fare... credevo di essere divenuto quasi indispensabile...invischiato in una rete di strani paradossi...mi pesava scrivere lettere, ma mi rattristava quando la cassetta della posta era vuota...In breve , desideravo la solitudine ma avevo paura di essere lasciato solo...
sentivo questo bisogno crescente di tornare indietro, sapevo anche che non avrei potuto farlo da solo. Pare che le decisioni cruciali e le grandi esperienze di vita esigano una guida...sperando di trovare qualcuno a cui poter parlare...una persona non comune e molto persuasiva...
John Eudes mi ascoltò con attento interesse...mi concesse molto tempo e molta attenzione, però non mi permise di sprecare un minuto; mi lasciò pienamente libero di esprimere sentimenti e pensieri, tuttavia non esitò ad esporre i suoi; mi offrì spazio per le scelte e le decisioni ma non nascose la sua opinione sul fatto che alcune scelte e alcune decisioni erano migliori delle altre ; lasciò che trovassi la mia strada senza però nascondere la mappa che indicava la direzione giusta." (H. Nouwen- Ho ascoltato il silenzio)

Signore, mio Dio, ti loderò per sempre...al mattino ecco la gioia

Signore Dio mio,
a te ho gridato e mi hai guarito...
la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera sopraggiunge il pianto
e al mattino, ecco la gioia...
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti loderò per sempre.

SALMO RESPONSORIALE (Dal Salmo 29)
R. Ti esalto, Signore, perché mi hai liberato.

Signore, è come se aprissi gli occhi in questo mattino, dopo una lunga notte passata, come i tuoi discepoli sulla barca, senza prendere nulla. Ma questo non mi scoraggia, anzi. Perché so che, se tu mi chiederai di gettare ancora le reti in mare, ci sarà una pesca abbondante.
Eccomi, dunque, pronto ad affrontare un'altra giornata di attesa, di lotta, di fatica.
Ma oggi non ti chiedo il successo, la pesca miracolosa, l'abbondanza dei doni; ti chiedo l'ascolto della tua parola e la forza di ricominciare sempre.

http://www.laparola.it/laparoladioggi.php

“Il pericolo peggiore che possa temere l’umanità oggi non è una catastrofe stellare, non è né la fame, né la peste; è invece quella malattia spirituale, la più terribile perché il più direttamente umano dei flagelli, che è la perdita del gusto della vita” (Teilhard de Chardin).

Dovunque mi condurrai, io ti seguirò.

Ti alzi la mattina, ti vesti, fai colazione al volo, porti i bimbi a scuola e poi vai a lavorare. Se ti va bene fai mezz'ora di coda, se ti va male, c'è da porconare soprattutto se bisogna timbrare il cartellino in orario.
Al lavoro sembra una giungla: ci sono pericoli dappertutto... Vorresti cambiare lavoro, ma andrai in meglio?
Poi si torna a casa: tutti..vorrebbero la loro attenzione... Così quando arrivi a casa riparte un'altra giornata...è proprio un disastro.
Così non vedi di l'ora di dormire: finalmente pausa! Ma come metti la testa sul cuscino già un altro incubo si profila: oddio, domani è un altro giorno!
Allora se ti è rimasto un po' di cervello non puoi che chiedertelo: ma devo vivere per tutta la vita così? Ma bisogna adattarsi a tutto questo?
Ma che gusto c'è nella vita?.. Quanti di noi sono contenti della propria vita? Molti si adattano… ma contenti, contenti?
Eccoci qua, siamo come gli apostoli. C'è da andare a pescare: nessuno ha voglia. Ma lavorare bisogna; vivere bisogna;... Si va avanti perché "bisogna": ma che vita è? Dov'è il gusto della vita? Non c'è entusiasmo fra gli apostoli in quella mattina; non c'è entusiasmo a volte in nessuna delle nostre mattine.
...
Che tristezza: uno fa una cosa e tutti lo seguono. "Vado a pescare", dice Pietro (21,3) e tutti che dicono: "Veniamo anche noi" (21,3)...Una volta c'erano altre possibilità, oggi sembra che ci sia un'unica strada che tutti devono percorrere e percorrerla alla stessa maniera.
E' questo che ci fa tristi: facciamo tutti le stesse cose. E' come avere un unico vestito, taglia 38, e lo produci per tutti. Tu hai 2 anni: taglia 38! Ma è troppo grande! Non importa! Pesi 95 chili: taglia 38! Ma non ci sto dentro! Non importa, sforzati.
La gente si sente tranquilla perché "è come tutti",...
In quella notte non presero nulla (21,3). Sentite il vuoto, il nulla, l'assurdo di quelle vite...
Fate questa domanda alle persone: "Perché vivi?"...
Poche persone possono dire di sé: vivo per realizzare il potenziale che Dio ha messo dentro di me;... vivo per disseppellire l'anima dalle persone; vivo perché le persone possano credere che possono essere liberi; sono un balsamo per molti cuori sofferenti (Etty Hillesum); sono una matita nelle mani di Dio (Madre Teresa); voglio essere per gli uomini l'amore (Teresa di Lisieux).
La gente non crede che si possa essere felici. Crede che "bisogna tirare avanti"
...
Nel vangelo arriva Gesù ma loro non lo vedono (21,4). E' sempre così: Dio c'è già, ma tu non lo vedi, quindi non c'è.
Lui chiede: "Hai qualcosa da mangiare?" (21,5). C'è qualcosa che nutra la tua vita? Se tu sei onesto devi rispondere: "No" (21,5)...
Non si può risolvere il problema che non esiste:...
Ci illudiamo, fingiamo di stare bene: "Ho il lavoro, ho la casa, ho i figli, non mi manca niente" e ci attacchiamo all'illusione di stare bene...
Dio non ci cambia la vita come pensiamo noi. Ce la cambia, ma non come pensiamo noi...
Gesù li manda nel mare: ma c'erano già stati. Solo che adesso li manda con un comando ben preciso: "Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete" (21,6).
Gesù ti ri-manda nella tua vita e non ti dice di cambiare lavoro, vita, di andare...
La destra, per gli antichi, era la parte consapevole, mentre la sinistra quella inconsapevole (tutto ciò che era sinistro una volta lo si equiparava al male o come pericoloso). "Fai le cose di prima, le stesse, ma adesso in maniera consapevole"...
)..., ciò che ci rende così vivi da tessere lodi e inni per la nostra vita, ciò che plasma l'energia enorme che abbiamo dentro, non è fuori ma dentro...
Fu questo il miracolo degli apostoli. Trovarono Dio nella loro vita ordinaria, di tutti i giorni. E la loro vita non fu la stessa, perché tutto cambiò...
Dio c'è se lo vedi. Altrimenti è un'idea che hai in testa: forse sì, forse no. Se lo "vedi" non c'è più alcun dubbio. Se "non lo vedi" credi a qualcosa che non conosci...
Solo Giovanni vede il Signore. Era già successo (20,1-8): le idee, la struttura, senza l'amore, senza il cuore, senza la vita, "non vedono" il Signore... Pietro deve vestirsi, deve cioè far fare alla propria autorità (vestito), al proprio ruolo, alla propria funzione, un bagno di umiltà, un bagno di morbidezza... Pietro deve immergersi nel suo mare, deve affrontare le sue paure, deve riconoscere le proprie rigidità: solo così può essere capo di una barca (chiesa) che porta frutto e che rimane viva nel suo spirito...
Dio infatti non può far niente senza l'uomo... (21,10: "Portate un po' del pesce che avete preso or ora")...
Ma la chiesa non può mai dimenticare che il suo compito non è di giudicare, di stabilire, ma di amare. E il Signore la interroga più volte su come "sta con l'amore". Se non è "più degli altri", nel senso che lei c'è per questo, non è chiesa, non è comunità di Cristo...
Come c'è un tempo (gioventù) dove tu decidi dove andare e cosa fare e un tempo (vecchiaia) dove non sei più tu a decidere dove andare e cosa fare, così tu Pietro, tu chiesa, devi decidere la direzione della tua strada, ma anche lasciarti condurre dove Dio e il corso della storia ti portano.
"Seguimi!" (21,19) su questa via...
Ciascuno di noi vorrebbe decidere per la propria vita, tenerla in pugno e stabilire lui dove andare.
Ma fede è lasciare spazio a Dio: lasciati condurre, lasciati portare, lascia che sia Lui a dirigere la tua vita.
E chi lo dice che Dio non voglia rovesciare la tua vita? E chi lo dice che Dio non voglia qualcosa di grande da te? E chi lo dice che Dio non ti faccia lasciare il lavoro, le amicizie, le tue idee, perfino la tua religione, per seguirlo? E chi lo dice che Dio non ti faccia guarire? E chi lo dice che Dio non cambi radicalmente il tuo carattere e ti faccia una persona completamente diversa? E chi lo dice che Dio non scombinerà la tua vita e le tue idee? tu pensi a te come sposato, moglie, figli… e magari la tua vita sarà del tutto diversa!
Dovunque mi condurrai, io ti seguirò...

don Marco Pedron
III Domenica di Pasqua (Anno C) (18/04/2010)
Vangelo: Gv 21,1-19(forma breve Gv 21,1-14)
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E detto questo disse: 'Seguimi'." (Gv. 21, 1-19)...con la fiducia in Gesù possiamo andare oltre.

Sembra siano passati centinaia di secoli dal momento della paura e della fuga degli Apostoli alla vista della cattura di Gesù nell'orto del Getsemani. Avevano accolto con grande prontezza l'invito di Gesù a seguirLo: erano stati con Lui per tre anni, il tempo per rinsaldare amicizia e fiducia, ma all'ora della prova erano fuggiti tutti, abbandonando Gesù al suo destino.
...
Solo dopo aver sentito cantare il gallo, Pietro si era reso conto del male fatto - aver negato di conoscere Chi amava tanto, ma proprio tanto - e aveva pianto amaramente.
Quanto sarà stato difficile ammettere e riconoscere la vigliaccheria cui aveva ricorso per non correre pericoli! Non è facile accettare una tale umana debolezza. Ma Dio lo aveva permesso proprio per preparare nell'umiltà e nel coraggio colui che poi designerà per grandi cose. E capita a tutti noi.
Quante volte ci sentiamo pronti ad affrontare chissà cosa - parlo nel campo della fede, dell'amicizia, della virtù, della dignità - e poi al momento del confronto con la mentalità del mondo, che chiede a volte 'martirio' nel confessare ciò che siamo e crediamo, si manifesta tutta la nostra debolezza. Quanta gente generosa, che avrebbe, a parole, data la vita per il Regno di Dio, di fronte alla virulenza della mentalità che vuole dominare le persone, annullando i grandi valori, si china per paura. Non c'è da spaventarsi: è ciò che siamo senza la Grazia di Dio che ci sostiene.
...
In verità in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo e andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi. Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo disse: 'Seguimi'." (Gv. 21, 1-19)
Incredibile quanto abbiamo letto nel Vangelo: la fragilità non sempre va insieme al non amore e soprattutto la fiducia illimitata di Gesù non viene meno, perché Lui 'conosce i nostri cuori', impastati di miseria e di slanci di generosità e continua a 'credere' in noi... come se nulla fosse accaduto.
...
La storia di Pietro è un poco la nostra vita cristiana: può essere grande la nostra fragilità, ma quando si ama, con la fiducia in Gesù possiamo andare oltre.
A volte possiamo essere vittime della nostra miseria, che ci porta quasi a negare Gesù, ma poi al giusto momento, diventiamo capaci di affermare un amore grande.
Forse l'amore ha bisogno, per trionfare, di questa nostra debolezza, che troppe volte si affida, per affermarsi, alla superbia, dimenticando le parole del Maestro: 'Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cielì".
...
È la storia di tutti noi, che tanto assomigliamo a Pietro: fatichiamo tanto, in tutte le direzioni, per poi vivere la sensazione di essere a mani vuote. Forse...no! senza nessun forse, occorre cambiare rotta: non affidarci unicamente alle nostre povere forze, ma alla Presenza di Gesù nella nostra vita.
Se Gesù ci domandasse oggi: 'Mi ami tu?', guardando alla quotidianità del nostro vivere, quale sarebbe la nostra risposta?
L'augurio e la preghiera è che sia sempre, nonostante tutto:
'Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bené.
Con Madre Teresa preghiamo:
"Signore, tu sei la vita che voglio vivere,

la luce che voglio riflettere,
il cammino che conduce al Padre,
l'amore che voglio condividere,
la gioia che voglio seminare attorno a me.
Gesù, tu sei tutto per me, senza di te non posso nulla.
Tu sei il Pane di vita, che la Chiesa mi dà.
per te, in te e con te, che posso vivere. Amen."

mons. Antonio Riboldi
III Domenica di Pasqua (Anno C) (18/04/2010)
Vangelo: Gv 21,1-19(forma breve Gv 21,1-14)

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