sabato 10 settembre 2011

raggiungere la propria ferita


Giussani lo richiama: “Questo è l’importante per il mondo: impedire all’uomo di raggiungere la propria ferita, cioè di raggiungere sé stesso.” È una frase stupefacente: come può essere che raggiungere sé stessi coincida con il raggiungere la propria ferita? È perché l’io avviene sempre in un incontro, nell’urto e nella felicità di una continua emorragia di sangue ricevuto e donato.
L’incontro è ferita, perché l’apparire di qualcosa che risveglia il mio desiderio e nello stesso tempo sfugge al mio potere, qualcosa che allo stesso tempo mi esalta e mi umilia.
Fabrice Hadjadj, 28 agosto 2010, Meeting di Rimini

Amare significa stare nella realtà


La vita, diceva Chesterton, ‘è la più bella delle avventure, ma solo l’avventuriero lo scopre’: questo significa che non bisogna avere paura di vivere la relazione, di mettersi in gioco, di mettere in discussione se stessi, il proprio carattere, i propri difetti. Amare significa stare nella realtà, con la sua bellezza, con le sue difficoltà, come l’avventuriero che non si ferma dinanzi al primo ostacolo, che non pretende di raggiungere la cima della montagna attraverso una strada pianeggiante, che sa che le cose più belle si raggiungono e si mantengono con l’impegno, la fatica. Una fatica santificante, che edifica, che costruisce, che dà gioia.
Francesco Agnoli, Il Foglio, 15 gennaio 2010

venerdì 9 settembre 2011

Fermati ancora


Trovare Dio in tutte le cose è una meta stupenda.
E' il frutto che matura in colui che si mette in cammino
e dirige i suoi passi verso il cuore.
E' lì che Dio si nasconde, nel cuore di tutto ciò che esiste.
Dio è il cuore della nostra vita. La sua dimora è il cuore.
Trovare Dio in tutte le cose è partire dalle cose per trovare Dio.
Fermati. Osserva.
Non vedi che le cose "parlano" ?
Non ti accorgi di nulla ?
Che cosa provi quando vedi il sole che tramonta ?
E quando osservi un fiore ?
E quando ti avvicini ad una sorgente ?
Una zolla di terra, un lembo di cielo,
il volto di una persona, un frammento di pane,
l'acqua che bolle nella pentola,
il cibo che prepari con le tue mani...
sono tutte cose che possono sorprenderti.
Fermati ancora.
Ascolta il respiro: da dove viene ? dove ti porta ?
Il respiro sei tu: da dove vieni ? dove vai ?
Non ti accorgi che stai pregando ?
La preghiera è dentro di te.
E' il tuo essere che prega.
Anche quando non ci pensi.
Anche quando non gli "corri" dietro.
Adesso sai dov'è Dio.
Hai ancora bisogno di cercarlo ?

(Oreb, Scuola di preghiera)

giovedì 8 settembre 2011

un pensiero gigantesco

Alda Merini:

Il pensiero di Dio fu un pensiero gigantesco, un pensiero talmente grande che sconvolse albe, tramonti, terre, tenebre, un pensiero che non potremmo mai capire perché di una vastità tanto bella quanto inutile, rispetto ai nostri desideri.


Maria vuol dire una cosa che vola
e si perde nel cielo.
La fede è una mano
che ti fa partorire.
E poiché mi hai redenta
posi vicino a Te
la pietra della Tua resurrezione.
L'ambascia degli angeli, il loro pianto, le loro premure, è ciò che proviamo noi quando perdiamo un amore.
L'angelo è la preghiera dell'universo.
I secoli e la storia non moriranno mai finché tu li attraverserai come una spada.

Ecco chi era mio figlio:

un duro grano di amore.

Ogni volta che Dio pensa
crea una angelo e lo deforma
a seconda del suo pensiero.
Le mie ginocchia
avide di molto cammino
sono state generate
dalla tua grazia.
Io e Gesù crocifissi, Signore,
siamo lo schianto di Dio.

senza riserva


Mia regina, mia madre,
dono a te tutta me stessa;
e per dimostrare la mia devozione
consacro a te questa giornata
e, per sempre,
i miei occhi, le orecchie,
la bocca, il cuore,
tutta me stessa senza riserva.
Perciò, madre buona,
siccome sono tua,
custodiscimi e difendimi
come possesso e proprietà tua.
(Madre Teresa di Calcutta)

mercoledì 7 settembre 2011

impedire che gli altri trasformino me


CONVINCERE GLI ALTRI
di Paulo Coelho
Un profeta giunse in una città per convertire i suoi abitanti. Al principio, le persone furono entusiasmate da ciò che udivano. Ma, a poco a poco, quella vita spirituale si dimostrò tanto difficile che gli uomini e le donne se ne allontanarono, finché non rimase neanche una sola anima ad ascoltare il profeta.
Un viandante, nel vedere il profeta che predicava da solo, gli domandò: "Perché continui a esaltare le virtù e a condannare i vizi? Non vedi che qui non ti ascolta nessuno?".
"All’inizio, speravo di trasformare gli altri", disse il profeta. "Ma se ancora oggi continuo a predicare, è solo per impedire che gli altri trasformino me". 

martedì 6 settembre 2011

E' che certe mani stringono senza trattenere.


Raoul Follerau, l'apostolo dei malati di lebbra, racconta che un giorno arrivò in un campo di lebbrosi senza niente da offrire loro: né soldi, né vestiti, né medicine. Un po' impacciato, disse: "Fratelli, non ho nulla da darvi, ma tornerò". Allora il capo del campo chiese a Follerau di stringere la mano ad uno ad uno e così lui fece. Una stretta di mano: era poca cosa, ma era tutto quello che in quel momento poteva donare. Se ne andò un po' avvilito per non aver potuto fare quasi nulla. Poi un giorno gli arrivò una lettera: "Caro Follerau, al campo nessuno s'è lavato le mani per una settimana, per non perdere il profumo delle mani".
E' che certe mani stringono senza trattenere. E la gente s'accorge che c'è Lui.

lunedì 5 settembre 2011

sempre più nel cuore del macigno


Vita e letteratura non sono la stessa cosa,
no: e nessuno soffre come uno
scrittore quando deve ammettersi questa sconsolante verità.
La scelta di come affrontare
una tale consapevolezza spetta
a ciascuno di noi, che viviamo
«sempre più addentro, sempre
più nel cuore del macigno», incastrati dalle parole, innamorati
delle parole, malati di parole.
Che di parole e per le parole viviamo. E che dalle parole speriamo di saper guarire.
Almeno un po’. Insegnaci, quiete! Insegnaci.
 Stefano Salis
rec.Tim Parks,«Insegnaci

la quiete», Mondadori, Milano,

siediti, mi disse, e respira

“Proprio nel momento in cui la professione medica si era lavata le mani di me, e io pure di loro, proprio quando mi sentivo condannato a un ergastolo di dolore cronico, ecco che qualcuno mi propose una soluzione alquanto originale: siediti, mi disse, e respira. Mi sono seduto. Ho respirato. Sulle prime mi è parso un esercizio noioso, anzi fastidioso, e senza risultati immediati. Col passar del tempo, però, si è rivelato così stimolante e rigenerante, sia sul piano fisico che mentale, da farmi pensare che il male che mi aveva colpito era stato addirittura un colpo di fortuna.”. Tim Parks dà una risposta intimamente personale al più temuto degli incubi: la scoperta di una condizione medica potenzialmente letale.

Questo "Aspettate" significa quasi sempre "Mai".


Amici miei, devo dirvi che noi non abbiamo ottenuto un solo progresso in materia di diritti civili senza una decisa pressione esercitata con mezzi legali e nonviolenti.
E' deplorevole, ma e' una realta' storica: e' raro che i gruppi privilegiati rinuncino volontariamente ai loro privilegi. I singoli individui possono ricevere una illuminazione morale e rinunciare per propria iniziativa a una posizione ingiusta: ma, come ci ricorda Reinhold Niebuhr, i gruppi hanno la tendenza a essere piu' immorali dei singoli.
Sappiamo per dolorosa esperienza che l'oppressore non concede mai la liberta' per decisione spontanea: sono gli oppressi che devono esigere di ottenerla. Francamente, non mi e' ancora accaduto di intraprendere una campagna di azione diretta che apparisse "tempestiva" agli occhi di quanti non hanno subito indebite sofferenze a causa del morbo segregazionista. Da anni sento dire la parola "Aspettate!", che risuona all'orecchio di ogni nero con stridente familiarita'. Questo "Aspettate" significa quasi sempre "Mai". Noi dobbiamo arrivare a comprendere, insieme a uno dei nostri massimi giuristi, che "la giustizia ottenuta troppo tardi e' giustizia negata".
MARTIN LUTHER KING: LETTERA DAL CARCERE DI BIRMINGHAM 1963

domenica 4 settembre 2011

non ho alcun dubbio che tu muovi le montagne


Giovanni Paolo II non passerà nel silenzio
“Quando ti guardo così fragile, indifeso e quasi rigido, non ho alcun dubbio del forte che sei stato.
Quando vedo che nel tuo gesto desideri mettere un sorriso ma ti
vince il dolore, non ho alcun dubbio che è gesto d’amore.
Quando sento che la tua vita sembra dipendere da un gemito e da
un sospiro, non ho alcun dubbio che è gesto immortale.
Quando vedo alla tua finestra che la tua mano si leva con deboli
sforzi per benedire coloro che aspettano, non ho alcun dubbio
che tu muovi le montagne.
Quando ti vedo incurvato e senza forza nelle gambe per continuare a camminare, non ho alcun dubbio su  dove stanno andando i tuoi passi.
Quando il tuo silenzio grida perché non esce più la tua voce, non
ho alcun dubbio: il mondo ascolta la tua parola.
Quando ricordo i tuoi viaggi nei quali hai toccato anche la mia
terra e hai  sollevato le folle, non ho alcun dubbio che il mondo ti ama.
Quando sento dentro di me che Dio ti sta chiamando, che la fine
sta arrivando, non ho alcun dubbio che ti sta glorificando”.
 P. Fernando Altamiranda

Rivelami tra le lacrime esitanti

Non nascondere
il segreto del tuo cuore,
amico mio!
Dillo a me, solo a me,
in confidenza.
Tu che sorridi così gentilmente,
dimmelo piano,
il mio cuore lo ascolterà,
non le mie orecchie.
La notte è profonda,
la casa silenziosa,
i nidi degli uccelli
tacciono nel sonno.
Rivelami tra le lacrime esitanti,
tra sorrisi tremanti,
tra dolore e dolce vergogna,
il segreto del tuo cuore.


Rabrindranath Tagore

deformato dall’ottica dell’avidità e della bramosia.

Scrive Eugen Drewermann: “Come potete voi vedere Dio con i vostri occhi? Tutto ciò che guardate è deformato dall’ottica dell’avidità e della bramosia. Non vi è cosa sulla terra che sappiate vedere rallegrandovene, dovete spalancare gli occhi come belve per appropriarvene. Non sapete contemplare un albero per lasciarlo al suo posto, dovete chiedervi quanto renderebbe se fosse abbattuto. Non potete vedere un fiume solo per gioirne, dovete chiedervi quanto si potrebbe guadagnare possedendolo, quanta energia darebbe arginandolo con una diga, che cosa potrete farne quando sarà di vostra proprietà. Così per le montagne, le steppe e i mari. Non potete vedere nemmeno le stelle senza imparare da esse con quali esplosioni nucleari ci si può distruggere. Non sapete guardare il cosmo senza pensare come trasformare la vastità dello spazio in un’area in cui schierare apparecchiature belliche, marchingegni di annientamento, potenziali distruttivi. Qualunque cosa vediate è marchiata dall’avidità, dalla distruzione, dalla presa di possesso. E perfino quando vi guardate tra voi uomini domina l’avidità: chi appartiene a chi? chi prende possesso di chi? chi si appropria di chi? chi violenta chi? Come volete vedere Dio con occhi simili? Come volete vedere gli uomini con questo genere di percezione?”