sabato 10 marzo 2012

un atto di fiducia nell’uomo

Ogni violento si picca di essere coraggioso, ma la maggior parte di loro sono solo vigliacchi. Combattono solo se la paura che hanno del nemico è minore di quella che nutrono per coloro che li mandano a combattere. Si affrettano ad abbattere il nemico, per timore di essere abbattuti. Esposti, fuggono, accerchiati, si arrendono. Ma il nonviolento è sempre accerchiato, esposto, e pronto a farsi battere, 
la sua nonviolenza consiste 
nel rifiutare di difendersi, 
nel rifiutare di indietreggiare, 
nel rifiutare di tacere, 
nel rifiutare di essere spinti da parte, 
nel rifiutare di farsi commiserare, 
di farsi dimenticare, 
di farsi perdonare. 
Se gli manca il coraggio, la sua nonviolenza si annulla. 
Il furbo che adula il tiranno per trarne profitto o protezione o per tendergli una trappola, non rifiuta la violenza, gioca anzi con essa al massimo grado. La furbizia è violenza rivestita di viltà e foderata di tradimento. 
La nonviolenza è l’esatto contrario della furbizia; 
è un atto di fiducia nell’uomo 
e di fede in Dio, 
è una testimonianza della verità 
fino alla conversione del nemico. 
Essa tende non a eliminare il nemico, 
ma a destarne la coscienza. 
Non a metterlo in fuga, 
ma a metterlo di fronte a se stesso. 
Non a ridurlo in balia, 
ma ad affidarlo al suo proprio giudizio. 
Non a soggiogarlo, 
ma a liberarlo dalla sua cecità e dalla catena di misfatti che ne sono derivati. 
Non a umiliarlo, 
ma a ricordargli che il suo onore lo obbliga a fare onore al diritto. 
Non a imporgli la pace e a dettargli la legge , 
ma a condurlo all’accordo. 
(Lanza del Vasto, Vinöbâ ou le nouveau pélerinage).

venerdì 9 marzo 2012

tormentarmi all’idea di non impegnarmi abbastanza, come se la salvezza fosse stata determinata dai miei sforzi


recensione, pubblicata su "Oreundici" di febbraio 2009.  ISTANTI D'ETERNITA' edizioni Messaggero Padova EMMANUELLE-MARIE

"La volontà di Dio mi terrificava perché sembrava opporsi alla mia esistenza di diciassettenne, ai miei desideri più legittimi. Avevo ben altro in testa. Volevo vivere, punto e basta. Fuggire lontano dal Dio tragico, soffocante, che non mi parlava di interiorità, bensì di rigidità, di tristezza, di castighi. Sono forse stata la sola a esperire la paura di entrare in contatto con il mio profondo per evitare d’incontrare Dio?”. Odile Van Deth, ancora conosciuta come Emmanuelle Marie, il nome che ha “indossato” per gli oltre quaranta anni di vita religiosa, scrive queste parole nell’introduzione al suo ultimo libro Istanti d’eternità, edito da Messaggero Padova, che si presenta come riedizione del precedente La pazienza dell’istante. Non un semplice aggiornamento, non la pura aggiunta di qualche pagina introduttiva e di una lettera aperta dell’amica giornalista e scrittrice Mariapia Bonanate. Istanti d’eternità è un impasto nuovo, lavorato con sudore e fatica, tempo e pazienza. Di seguito riportiamo alcuni brani tratti dalla Introduzione.
"Anche se, da adulta, credevo che Dio è vita, bene, gioia, libertà, rimaneva per me un dato mentale, senza incidenza concreta. Ho continuato per anni a tormentarmi all’idea di non impegnarmi abbastanza, come se la salvezza fosse stata determinata dai miei sforzi. Ora so che, anche se fossi andata a vivere nei barrios o nei paesi in guerra a soccorrere mille miserie, anche se avessi speso tutte le mie energie in attività politiche o sindacali, anche se fossi stata una suora fedelissima alla regola, senza interiorità non avrei fatto nulla” scrive ancora Odile Van Deth. “Anziana, ho fatto una breve esperienza del dolore fisico. Mezza paralizzata su un letto d’ospedale, senza poter né mangiare né bere, ho capito che non potevo sopportare la sofferenza atroce se non la pativo istante dopo istante, senza pensare all’istante seguente. Mi sono sentita allora accompagnata da un Padre attento e provvido, sostenuta da uno Spirito più intimo a me di me stessa, immersa in una fiducia che eliminava ogni angoscia. Ero una bambina totalmente consegnata alle mani degli altri, anzi alla tenerezza del Tutt’Altro. (...) Ho scoperto che la vita interiore è quell’accoglienza incondizionata di sé, l’incontro con il sé profondo dove non ci sono né menzogne né l’alibi di attività che mirano a sentirsi buoni o potenti; il consenso muto e fiducioso all’evento, nella certezza che un bene più grande si offre ad ogni istante. Ho cominciato a percepire l’interiorità come una collaborazione serena e tenera con la Vita”.
La vita mi insegna che le cose più belle si affievoliscono, le iniziative più generose si irrigidiscono, i carismi dei fondatori si istituzionalizzano e perdono il passo, che nulla perdura della genuinità degli inizi. Presto o tardi, tutto si rivela ‘paglia’ come diceva Tommaso d’Aquino, alludendo alla sua monumentale opera teologica, sei mesi prima di morire. Questo avviene perché si spegne l’amore, fiamma dell’interiorità. Una realtà nasce nel cuore di un uomo, di una donna, che è la risposta dello Spirito d’amore ai bisogni del tempo. Poi questa novità si argina spesso nella superficialità di chi si è entusiasmato per quell’idea, ma non aveva le radici necessarie per immergere la sua esistenza nella linfa dell’interiorità. (...) Intanto lo Spirito aspetta dentro ogni essere umano che costui lo raggiunga nel profondo di sé, per vivere della sua vita”. 

giovedì 8 marzo 2012

Ognuno faccia a gara per dimostrare alla luce del giorno la virtù della pietra nel suo anello

Anche oggi il post è decisamente lungo, ma si può leggere. 
Ieri ho incontrato dei commenti accesi ad un post.  
Il primo contestava la verità che era stata esposta. Giustamente l'autore replicava che il post non poteva essere stato letto perché il commento era rivolto ad una tesi supposta dal lettore, ma non espressa nel testo. Il commentatore colto in fallo, chiudeva il discorso, affermando che se il messaggio non gli era arrivato non poteva essere addebitato alla sua scarsa attenzione ma al blogger che sapeva usare efficacemente il medium. 
Non ho voluto saper al riguardo altro, ma viste le premesse, campando su tesi pretestuose come nella favola del lupo e l'agnello, i commenti avrebbero potuto continuare all'infinito o  almeno fino a quando l'uno non avesse mangiato l'altro o l'altro si fosse rassegnato a lasciarsi mangiare.


• G. E. LESSING, NATHAN il Saggio (1779
A Gerusalemme, durante le Crociate, il SALADINO (che è musulmano) chiede a NATHAN (ebreo) quale sia la vera fede: l'Islam, l'Ebraismo o il Cristianesimo. NATHAN risponde raccontandogli la storia dei tre anelli:
NATHAN
Molti anni or sono un uomo in Oriente possedeva un anello inestimabile, un caro dono. La sua pietra, un opale dai cento bei riflessi colorati, ha un potere segreto: rende grato a Dio e agli uomini chiunque la porti con fiducia. Può stupire se non lo toglieva mai dal dito, e se dispose in modo che restasse per sempre in casa sua? Egli lasciò l'anello al suo figlio più amato; e lasciò scritto che a sua volta quel figlio lo lasciasse al suo figlio più amato; e che ogni volta il più amato dei figli diventasse, senza tenere conto della nascita ma soltanto per forza dell'anello, il capo e il signore del casato. - Tu mi segui, sultano?
SALADINO Ti seguo. Vai avanti.
NATHAN
E l'anello così, di figlio in figlio, giunse alla fine a un padre di tre figli. Tutti e tre gli ubbidivano ugualmente ed egli, non poteva farne a meno, li amava tutti nello stesso modo. Solo di tanto in tanto l'uno o l'altro Gli sembrava il più degno dell'anello - Quando era con lui solo, e nessun altro Divideva l'affetto del suo cuore. Così, con affettuosa debolezza Egli promise l'anello a tutti e tre. Andò avanti così finché poté. - Ma, vicino alla morte, quel buon padre si trova in imbarazzo. Offendere così due figli, fiduciosi nella sua parola, lo rattrista. - Che cosa deve fare? - Egli chiama in segreto un gioielliere, e gli ordina due anelli in tutto uguali al suo; e con lui si raccomanda che non risparmi né soldi né fatica perché siano perfettamente uguali. L'artista ci riesce. Quando glieli porta, nemmeno il padre è in grado di distinguere l'anello vero. Felice, chiama i figli uno per uno, impartisce a tutti e tre la sua benedizione, a tutti e tre dona l'anello - e muore. - Tu mi ascolti, sultano?
SALADINO (il quale, colpito, aveva girato il viso)
Ascolto, ascolto. Ma finisci presto La tua favola. - Ci sei?

NATHAN
Ho già finito. Quel che segue si capisce da sé. - Morto il padre, ogni figlio si fa avanti Con il suo anello, ogni figlio vuol essere il signore del casato. Si litiga, si indaga, si accusa. Invano. Impossibile provare quale sia l'anello vero -
(dopo una pausa, durante la quale egli attende la risposta del sultano)
quasi come per noi provare quale sia - la vera fede.

SALADINO Come? Questa è la tua risposta alla mi domanda?…
NATHAN Valga Soltanto a scusarmi, se non oso Cercare di distinguere gli anelli Che il padre fece fare appunto al fine Che fosse impossibile distinguerli.
SALADINO
Gli anelli! - Non burlarti di me! - Le religioni che ti ho nominato Si possono distinguere persino nelle vesti, nei cibi, nelle bevande!
NATHAN
E tuttavia non nei fondamenti. - Non si fondano tutte sulla storia, scritta o tramandata? E la storia solo per fede e per fedeltà dev'essere accettata, non è vero? - E di quale fede e fedeltà dubiteremo Meno che di ogni altra? Quella dei nostri avi, sangue del nostro sangue, quella di coloro che dall'infanzia ci diedero prova del loro amore, e che mai ci ingannarono, se l'inganno per noi non era salutare? - Posso io credere ai miei padri Meno che tu ai tuoi? O viceversa? - Posso forse pretendere che tu, per non contraddire i miei padri, accusi i tuoi di menzogna? O viceversa? E la stessa cosa vale per i cristiani, non è vero? -
SALADINO
(Per il Dio vivente! Hai ragione. Io devo ammutolire).
NATHAN Ma torniamo ai nostri anelli. Come dicevo, i figli si accusarono in giudizio. E ciascuno giurò al giudice di avere ricevuto l'anello dalla mano del padre (ed era vero), e molto tempo prima la promessa dei privilegi concessi dall'anello (ed era vero anche questo). - Il padre, ognuno se ne diceva certo, non poteva averlo ingannato; prima di sospettare questo, diceva, di un padre tanto buono,
non poteva che accusare dell'inganno i suoi fratelli, di cui pure era sempre stato pronto a pensare tutto il bene; e si diceva sicuro di scoprire i traditori e pronto a vendicarsi.

SALADINO
E il giudice? - Sono ansioso di ascoltare Che cosa farai dire al giudice. Parla!
NATHAN
Il giudice disse: Portate subito qui vostro padre, o vi scaccerò Dal mio cospetto. Pensate che stia qui a risolvere enigmi? O volete restare Finché l'anello vero parlerà? - Ma… aspettate! Voi dite che l'anello vero Ha il magico potere di rendere amati, grati a Dio e agli uomini. Sia questo a decidere! Gli anelli falsi non potranno. Su, ditemi: chi di voi è il più amato Dagli altri due? - Avanti! Voi tacete? L'effetto degli anelli è solo riflessivo, non transitivo? Ciascuno di voi ama solo se stesso? Allora tutti e tre siete truffatori truffati! I vostri anelli sono falsi tutti e tre. Probabilmente l'anello vero si perse, e vostro padre ne fece fare tre per celarne la perdita e per sostituirlo.
SALADINO Magnifico! Magnifico!
NATHAN
Se non volete, proseguì il giudice, il mio consiglio e non una sentenza, andatevene! - Ma il mio consiglio è questo: accettate le cose come stanno. Ognuno ebbe l'anello da suo padre: ognuno sia sicuro che esso è autentico. - Vostro padre, forse, non era più disposto a tollerare ancora in casa sua La tirannia di un solo anello. E certo vi amò ugualmente tutti e tre. Non volle, infatti, umiliare due di voi per favorirne uno. - Orsù! Sforzatevi Di imitare il suo amore incorruttibile e senza pregiudizi. Ognuno faccia a gara Per dimostrare alla luce del giorno la virtù della pietra nel suo anello. E aiuti la sua virtù con la dolcezza, con indomita pazienza e carità, e con profonda devozione a Dio. Quando le virtù degli anelli appariranno Nei nipoti, e nei nipoti dei nipoti, io li invito a tornare in tribunale, fra mille e mille anni. Sul mio seggio siederà un uomo più saggio di me; e parlerà. Andate! - Così disse quel giudice modesto. 
(tr.it. A. Casalegno, Milano, Garzanti, 1992) 

mercoledì 7 marzo 2012

È come se / diventassero le nostre ali.


"L'invecchiare //
rivela /
la qualità dei rapporti /
che abbiamo avuto con le parole. //
Se le abbiamo stimate,
rispettate, /
amate soprattutto, //
Allora nel corso degli anni /
e sempre più /
questo ce lo restituiscono, //
ci mantengono /
al loro livello /
nel pieno della vita. //
È come se /
diventassero le nostre ali. //
Ci portano."
Niente meglio di questi versi di E. Guillevic (1907-1997), scritti quando il poeta bretone aveva 87 anni


Vorrei parole
che siano organicamente inserite
in un gran silenzio,
e non parole che esistono solo
per coprirlo e disperderlo.
Etty Hillesum

martedì 6 marzo 2012

La malattia piu grave

Un giorno, a un luminare della medicina venne chiesto quale fosse la più grave malattia del secolo.
I presenti si aspettavano che dicesse il cancro o l'infarto.
Grande fu lo stupore generale quando lo scienziato rispose: "L'indifferenza!"
Tutti allora si guardarono negli occhi e ognuno si accorse di essere gravemente ammalato.
Infine gli domandarono quale ne fosse la cura.
E lo scienziato disse: "Accorgersene! "

lunedì 5 marzo 2012

la Chiesa non sia la tomba di Dio


Io voglio sapere
se Cristo è mai stato creduto,
se è venuto e viene e verrà;
o sia appena un'invenzione
per un irreale gioco del Signore
di contro al cupo
giorno dell'uomo.

Io voglio sapere
se veramente qualcuno crede
e come è possibile credere:
se almeno i fanciulli
-avanti ogni cultura-
vedono ancora il Padre.

Io voglio sapere
se l'uomo è una fiera
ancora sulle soglie della foresta:
se la ragione è una rovina.

Io voglio sapere
se il nostro vivere è appena una difesa
contro la vita degli altri:
questo uomo bianco
il più feroce animale
sempre all'assalto
contro ogni altro uomo,
o maledetto occidente.

Io voglio sapere
se ci sono ancora gli assoluti,
o se io sono sacerdote
di colpevoli illusioni;
se è vero che saremo
finalmente liberi
se saremo ancora liberi
se saremo mai liberi.

io voglio sapere
qual è il potere di resistere,
se sopravvivrà ancora l'amore,
se pure è mai esistito.

Io voglio sapere
se resisterà ancora Cristo,
perché, se no, mi ammazzo.

Io voglio sapere
se l'uomo cresce
e quale sarà l'intelligenza
d'un abitante della metropoli:
se la scienza non sia la morte
e questa macchina
non sia la nostra bara d'acciaio. 

Io voglio sapere
se esiste una forza salvatrice
e se nasce a Natale;
che almeno la Chiesa non sia
la tomba di Dio,
l'ultima sconfitta dell'uomo.

Io voglio sapere
se la pace è possibile
se la giustizia è possibile
se lo spirito è più forte della forza.

Io voglio sapere
se qualcuno ha fede ancora
in un futuro.

Io voglio sapere
se Cristo è veramente risorto,
se la Chiesa ha mai creduto
che sia veramente risorto.

Io voglio sapere
perché allora è una potenza,
e perché non va per le strade
come una follia di sole
a dire: Cristo è nato! Cristo è risorto!
E perché non rinuncia alle ricchezze
per questa sola ricchezza di gioia.
Perché?

Mia chiesa amata e infedele,
mia amarezza di ogni domenica,
chiesa che vorrei impazzita di gioia.
Perché?

Io voglio sapere.
Davi Maria Turoldo

domenica 4 marzo 2012

Dio è un Dio del presente

Vivere nel presente - Senza rimpianti e senza "se".
È difficile vivere nel presente. 
Il passato e il futuro continuano a tormentarci. 
Il passato con la colpa
il futuro con le ansie. 
Tante cose sono accadute nella nostra vita per le quali ci sentiamo a disagio, 
pieni di rimpianti, 
di rabbia, 
di confusione 
o, per lo meno, ambivalenti. 
E tutti questi sentimenti sono spesso colorati di colpa
La colpa che dice: "Dovevi fare qualcosa di diverso da quello che hai fatto; dovevi dire qualcosa di diverso da quello che hai detto". Questi "dovevi" continuano a farci sentire in colpa rispetto al passato e ci impediscono di essere pienamente presenti nel momento attuale.
Peggiori della colpa sono però le nostre ansie. 
Le nostre ansie riempiono la nostra vita di "se": 
"se perdo il lavoro, se mio padre muore, se non ci sarà abbastanza denaro, se l'economia va male, se scoppia una guerra?". 
Tutti questi "se" possono talmente riempire la nostra mente che diventiamo ciechi ai fiori nel giardino e ai bambini nelle strade, o sordi alla voce grata di un amico.
I veri nemici della nostra vita sono questi "dovevi" e questi "se". 
Ci spingono indietro nell'inalterabile passato e in avanti verso un imprevedibile futuro. 
Ma la vera vita ha luogo qui ed ora. 
Dio è un Dio del presente. 
Dio è sempre nel momento presente, che quel momento sia facile o difficile, gioioso o doloroso. Quando Gesù parlava di Dio ne parlava sempre come di un Dio che è quando e dove noi siamo. 
"Chi ha visto me ha visto il Padre. Chi ascolta me ascolta il Padre." Dio non è qualcuno che era o che sarà, ma Colui che è, e che è per me in questo momento. Perciò Gesù è venuto a spazzar via il peso del passato e le ansie del futuro. Egli vuole che noi scopriamo Dio proprio là dove siamo, qui e ora. 
Henri J. M. Nouwen
Vivere nello Spirito