venerdì 9 marzo 2012

tormentarmi all’idea di non impegnarmi abbastanza, come se la salvezza fosse stata determinata dai miei sforzi


recensione, pubblicata su "Oreundici" di febbraio 2009.  ISTANTI D'ETERNITA' edizioni Messaggero Padova EMMANUELLE-MARIE

"La volontà di Dio mi terrificava perché sembrava opporsi alla mia esistenza di diciassettenne, ai miei desideri più legittimi. Avevo ben altro in testa. Volevo vivere, punto e basta. Fuggire lontano dal Dio tragico, soffocante, che non mi parlava di interiorità, bensì di rigidità, di tristezza, di castighi. Sono forse stata la sola a esperire la paura di entrare in contatto con il mio profondo per evitare d’incontrare Dio?”. Odile Van Deth, ancora conosciuta come Emmanuelle Marie, il nome che ha “indossato” per gli oltre quaranta anni di vita religiosa, scrive queste parole nell’introduzione al suo ultimo libro Istanti d’eternità, edito da Messaggero Padova, che si presenta come riedizione del precedente La pazienza dell’istante. Non un semplice aggiornamento, non la pura aggiunta di qualche pagina introduttiva e di una lettera aperta dell’amica giornalista e scrittrice Mariapia Bonanate. Istanti d’eternità è un impasto nuovo, lavorato con sudore e fatica, tempo e pazienza. Di seguito riportiamo alcuni brani tratti dalla Introduzione.
"Anche se, da adulta, credevo che Dio è vita, bene, gioia, libertà, rimaneva per me un dato mentale, senza incidenza concreta. Ho continuato per anni a tormentarmi all’idea di non impegnarmi abbastanza, come se la salvezza fosse stata determinata dai miei sforzi. Ora so che, anche se fossi andata a vivere nei barrios o nei paesi in guerra a soccorrere mille miserie, anche se avessi speso tutte le mie energie in attività politiche o sindacali, anche se fossi stata una suora fedelissima alla regola, senza interiorità non avrei fatto nulla” scrive ancora Odile Van Deth. “Anziana, ho fatto una breve esperienza del dolore fisico. Mezza paralizzata su un letto d’ospedale, senza poter né mangiare né bere, ho capito che non potevo sopportare la sofferenza atroce se non la pativo istante dopo istante, senza pensare all’istante seguente. Mi sono sentita allora accompagnata da un Padre attento e provvido, sostenuta da uno Spirito più intimo a me di me stessa, immersa in una fiducia che eliminava ogni angoscia. Ero una bambina totalmente consegnata alle mani degli altri, anzi alla tenerezza del Tutt’Altro. (...) Ho scoperto che la vita interiore è quell’accoglienza incondizionata di sé, l’incontro con il sé profondo dove non ci sono né menzogne né l’alibi di attività che mirano a sentirsi buoni o potenti; il consenso muto e fiducioso all’evento, nella certezza che un bene più grande si offre ad ogni istante. Ho cominciato a percepire l’interiorità come una collaborazione serena e tenera con la Vita”.
La vita mi insegna che le cose più belle si affievoliscono, le iniziative più generose si irrigidiscono, i carismi dei fondatori si istituzionalizzano e perdono il passo, che nulla perdura della genuinità degli inizi. Presto o tardi, tutto si rivela ‘paglia’ come diceva Tommaso d’Aquino, alludendo alla sua monumentale opera teologica, sei mesi prima di morire. Questo avviene perché si spegne l’amore, fiamma dell’interiorità. Una realtà nasce nel cuore di un uomo, di una donna, che è la risposta dello Spirito d’amore ai bisogni del tempo. Poi questa novità si argina spesso nella superficialità di chi si è entusiasmato per quell’idea, ma non aveva le radici necessarie per immergere la sua esistenza nella linfa dell’interiorità. (...) Intanto lo Spirito aspetta dentro ogni essere umano che costui lo raggiunga nel profondo di sé, per vivere della sua vita”. 

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