sabato 5 novembre 2011

La Chiesa non può sopportare

Cosa la Chiesa può sopportare e cosa non può sopportare
Chi capisce come dev'essere presente la Chiesa in questa svolta della storia capisce anche ciò che la sua carità può sopportare e ciò che non può sopportare proprio in nome della stessa carità. Ripeto: in nome della carità, poiché la rivoluzione cristiana, l'unica che può essere giustificata anche davanti alla storia, più che da diritti conculcati o offesi nasce da doveri suggeriti e imposti al nostro cuore dalla carità che ci lega al nostro prossimo. Chi più ama è potenzialmente l'unico e vero rivoluzionario.
La Chiesa sopporta:
* il male che le fanno i suoi nemici, che, per quanto si allontanino e la rinneghino, portano sempre l'incancellabile volto di figli, e di figli tanto più cari quanto più cresce il loro perdimento;
* di essere spogliata di ogni bene materiale e di ogni privilegio concessole più o meno disinteressatamente dagli uomini;
* di vedere le sue basiliche e le sue chiese distrutte, chiusi i suoi conventi e le sue scuole, poiché è già "l'ora che né in Gerusalemme né su questo monte i veri ad6ratori adorano il Padre in spirito e in verità";
* le persecuzioni aperte e subdole, le calunnie e le blandizie, i vituperi e i panegirici menzogneri;
* gli erranti e in un certo senso perfino l'errore quando esso non può venire colpito senza offesa mortale all' anima dell'errante;
* di essere misconosciuta nella sua carità, colmata di obbrobrio per colpe non sue;
* il disonore che le viene dalla vita indegna dei suoi figlioli stessi, i loro rinnegamenti e i loro tradimenti;
* d'essere baciata da un Giuda, rinnegata da un Pietro.
La Chiesa non può sopportare:
* che vengano negate o diminuite o falsate le verità che essa ha il dovere di custodire e che costituiscono il patrimonio dell'umanità redenta;
* che sia cancellato dalla storia e dal cuore il senso della giustizia che è il patrimonio di tutti, ma in modo particolare dei poveri;
* la libertà e la dignità della persona e della coscienza, che sono il nostro divino respiro. Mentre sopporta senza aprir bocca di essere spogliata e tiranneggiata in qualsiasi modo, non può sopportare che vengano spogliati, conculcati, manomessi i diritti dei poveri e dei deboli, individui, città, nazioni e popoli, cristiani e non cristiani. E nella sua difesa materna e invitta è tanto più grande quanto più la sua tutela si estende alla plebs infedele, egualmente santa. Alcuni gesti di munifica protezione di Pio XII, in favore di ebrei perseguitati, hanno commosso e sollevato l'ammirazione del mondo;
* il potente che abusa della propria forza per opprimere i deboli;
* il sapiente che abusa della propria intelligenza per circuire e trarre in inganno l'ignorante;
* il ricco che abusa delle proprie ricchezze per angariare e affamare il popolo.
Vi sono quindi dei limiti nella sopportazione della Chiesa, e questi limiti vengono non dai raffreddamenti ma dai colmi della sua carità. Ciò che è abominevole per il Signore lo è pure per la sua Chiesa; la quale, senza parteggiare, non può trattare alla stessa stregua la vittima e il carnefice, l'oppressore e l'oppresso. Chi fermerebbe la mano del malvagio, chi solleverebbe il cuore abbandonato dell'oppresso se un'egual voce raccogliesse il grido dell'uno e il gemito dell'altro? Sarebbe un delitto il pensare, per il fatto che la Chiesa predica la pazienza ed esalta l'infinito valore del dolore, specialmente del dolore innocente, ch'essa accettasse le tristezze dei prepotenti come un mezzo provvidenziale per moltiplicare i meriti sovrannaturali dei buoni. Purtroppo il nostro linguaggio ascetico, sprovveduto di ampiezza e d'audacia mistica, può indurre un profano in apprezzamenti non solo sproporzionati ma contrari al buon senso. La sofferenza ben sopportata mi redime e redime, ma non fa diventar buona l'ingiustizia di chi ha pesato su di me. E una bontà conseguente, che non ha nulla da spartire con la causa ingiusta che ha generato la mia sofferenza. Soffrendo bene l'ingiustizia, creo una corrente di bontà: ma non per questo gli uomini sono dispensati dal fermare con tutte le forze la sorgente di male che continua a generare l'errore. Perché c'è uno che espia in modo edificante, io non sono scusato di lasciar fare e di lasciar passare. Il soffrire non è un bene in sé e se il Signore ci aiuta a cavare il bene dal male non vuole che noi chiamiamo bene il male, il quale va tolto di mezzo nei limiti della nostra responsabilità e della nostra carità. Il perdono stesso delle offese va all'uomo, non all'azione di lui, la quale rimane giudicata anche dopo il perdono, anzi giudicata veramente e irrevocabilmente solo dopo il perdono.
don Primo Mazzolari, Risposta ad un aviatore [1941], in La chiesa, il fascismo, la guerra, Vallecchi, Firenze 1966.

venerdì 4 novembre 2011

È successo qualcosa di strano

Rispondendo alle lettere di Silvano Agosti, Fabio Volo scrive: "Caro Silvano, ho pochissimo tempo per scriverti, devo andare di corsa a fare un lavoro importante. Da quando però ho condiviso un po' di Kirghisia con te, mi chiedo molte cose. Primo: perché sono sempre di fretta? Secondo, i miei appuntamenti sono veramente importanti? È successo qualcosa di strano con le tue lettere. Ho capito che, senza accorgermene, mi sono abituato a non vivere. I miei impegni sono così lontani dalla vita e dalle cose che realmente vorrei fare, e spesso faccio fatica a trovare stimoli per andare avanti. Vivo nella speranza che arrivi presto il fine settimana per avere un po' di tempo libero per me ma poi quando ce l'ho, spesso mi capita di non sapere come spenderlo. Non sono più abituato a stare con me stesso e ad ascoltarmi. Come sono potuto arrivare a questo? Come ho potuto permetterlo? I pensieri che ho fatto in questo periodo grazie a te mi stanno dando la forza per concepire una nuova vita. Sto progettando una serie di cambiamenti e questi pensieri diverranno azioni. Sto già meglio..."

giovedì 3 novembre 2011

come lanciava gli Apostoli


da: Pino Pellegrino, “Il gigante invisibile” ed. Elledici

Spirito Santo vieni!
Ho bisogno di uno che mi metta in piedi
e mi “lanci” come lanciava gli Apostoli:
ho bisogno di Forza, ho bisogno di te!
Spirito Santo vieni!
Ho bisogno di distinguere
ciò che è dovere e ciò che è capriccio,
ciò che risana e ciò che ammala:
ho bisogno di Luce, ho bisogno di te!
Spirito Santo vieni!
Ho bisogno di un supplemento di Fuoco
che mi accenda il cuore e gli dia calore:
ho bisogno d’Amore, ho bisogno di te!
Spirito Santo vieni!
Ho bisogno di dilatare il paese dell’anima,
di ampliare lo spazio interiore:
ho bisogno di spirito, di Spirito Santo: vieni!

mercoledì 2 novembre 2011

anzi a vivere con questa speranza


Aula Paolo VI, nella giornata della Commemorazione dei defunti, il Papa ha toccato oggi il tema della morte,così come viene vissuto nella società.
 «Nel recarci ai cimiteri a pregare con affetto e con amore per i nostri defunti,
siamo invitati, ancora una volta, a rinnovare con coraggio e con forza la nostra fede nella vita eterna, anzi a vivere con questa speranza e testimoniarla al mondo: dietro il presente non c’è il nulla».
  «Nonostante la morte sia spesso un tema quasi proibito nella nostra società, e vi sia il tentativo continuo di levare dalla nostra mente il solo pensiero della morte, essa riguarda ciascuno di noi, riguarda l’uomo di ogni tempo e di ogni
spazio», ha avvertito Benedetto XVI, secondo cui «davanti a questo mistero tutti, anche inconsciamente, cerchiamo qualcosa che ci inviti a sperare, un segnale che ci dia consolazione, che si apra qualche orizzonte, che offra ancora un futuro».
 In tale visione, «la strada della morte è una via della speranza e percorrere i nostri cimiteri, come pure leggere le scritte sulle tombe è compiere un cammino segnato dalla speranza di eternità».
 «Proprio la fede nella vita eterna - ha aggiunto il Pontefice - dà al cristiano il coraggio di amare ancora più intensamente questa nostra terra e di lavorare per costruirle un futuro, per darle una vera e sicura speranza».
 Nella nostra epoca si  tende ad affrontare la morte secondo una concezione razionale, il che  porta ad immaginare una qualche forma di realtà ultraterrena simile a quella in cui viviamo. «Oggi il mondo - ha affermato il Pontefice - è diventato molto più razionale, o meglio, si è diffusa la tendenza a pensare che ogni realtà debba essere affrontata con i criteri della scienza  sperimentale, e che anche alla grande questione della morte si debba  rispondere non tanto con la fede, ma partendo da conoscenze  sperimentabili, empiriche».

martedì 1 novembre 2011

Salvami


Signore, ti ringrazio perché mi hai messo al mondo:
aiutami perché la mia vita
possa impegnarla per dare gloria a te e ai miei fratelli.
Ti ringrazio per avermi concesso questo privilegio:
perché tra gli operai scelti, tu hai preso proprio me.
Mi hai chiamato per nome
perché io collabori con la tua opera di salvezza.
Grazie perché il mio letto di dolore è fontana di carità,
è sorgente di amore.
Di amore per te, anche di amore per tutti i fratelli.
Signore, io seguo te più da vicino, in modo più stretto.
Voglio vivere in un legame più forte
per poter essere più pronto a darti una mano,
più agile perché i miei piedi che annunciano la pace sui monti
possano essere salutati da chi sta a valle.
Concedimi il gaudio di lavorare in comunione
e inondami di tristezza ogni volta che, isolandomi dagli altri,
pretendo di fare la mia corsa da solo.
Salvami, Signore, dalla presunzione di sapere tutto.
Dall’arroganza di chi non ammette dubbi.
Dalla durezza di chi non tollera i ritardi.
Dal rigore di chi non perdona le debolezze.
Dall’ipocrisia di chi salva i principi e uccide le persone.
Toccami il cuore e rendimi trasparente la vita,
perché le parole, quando veicolano la tua,
non suonino false sulle mie labbra.
(Don Tonino Bello)

lunedì 31 ottobre 2011

l'oppressione generazionale

La prova matematica che Galileo Galilei presentò nel 1613 per convalidare la tesi copernicana, secondo cui era la Terra a ruotare intorno al Sole e non viceversa, venne definita "falsa e assurda" dalla Chiesa.
Galilei fu costretto all'abiura, e finì cieco i suoi giorni. Solo trecento anni dopo, finalmente, la Chiesa si decise a rimediare al suo errore e a cancellare dall'indice gli scritti di Galilei, lasciando loro libero corso.
Oggigiorno ci troviamo in una situazione analoga a quella in cui si trovava la Chiesa ai tempi di Galilei; con la differenza, però, che la posta in gioco è assai più alta, in quanto il nostro decidere a favore della verità o dell'errore avrà conseguenze più pesanti per la sopravvivenza dell'umanità, rispetto a quelle che poteva avere nel diciassettesimo secolo. Da alcuni anni, infatti, è stato scientificamente provato (anche se resta tuttora proibito prenderne atto) che le conseguenze perniciose dei traumi subiti da bambini si ripercuotono inevitabilmente sull'intera società. Questa scoperta riguarda ogni singolo individuo e, se opportunamente divulgata, dovrà portare ad un mutamento sostanziale della nostra società e soprattutto dovrà liberarci dalla cieca spirale della violenza. Nei punti che seguono cercherò di chiarire meglio il mio pensiero:
1) Ogni bambino viene al mondo per crescere, svilupparsi, vivere, amare ed esprimere1 propri bisogni e sentimenti, allo scopo di meglio tutelare la propria persona,
2) Per potersi sviluppare armoniosamente, il bambino ha bisogno di ricevere attenzione e protezione da pane di adulti che lo prendano sul sedo, gli vogliano bene e lo aiuùno onestamente a orientarsi nella vita.
3) Nel caso in cui questi bisogni vitali del bambino vengano frustrati, egli viene allora sfruttato per soddisfare i bisogni degli adulti, cintato, punito, maltrattato, manipolato, trascurato, ingannato, senza che in suo aiuto intervenga alcun testimone di tali violenze. In tal modo j'integrità del bambino viene lesa in maniera irreparabile.
4) La normale reazione a tali lesioni della propria integrità sarebbe di ira e dolore, ma poiché in un ambiente simile l'ira rimane un sentimento proibito per il bambino e poiché l'esperienza del dolore sarebbe insopportabile nella solitudine, egli deve reprimere tali sentimenti, rimuovere il ricordo del trauma e idealizzare i suoi aggressori. In seguito non sarà più consapevole di ciò che gli è stato fatto.
5) I sentimenti di ira, impotenza, disperazione, desiderio struggente, paura e dolore - ormai scissi dallo sfondo che li aveva motivati - continuano tuttavia a esprimersi in atti distruttivi rivolti contro gli altri (criminalità e stermini) o contro sé stessi (tossicomanie, alcolismo, prostituzione, disturbi psichici, suicidio).
6) Vittime di tali atti vendicativi sono assai spesso i propri figli, che hanno la funzione di capri espiatori e la cui persecuzione è ancor sempre pienamente legittimata nella nostra società, anzi gode persino di alta considerazione, non appena si autodefinisca ''educazione''. Il tragico è che si picchiano i propri figli per non prendere atto di ciò che ci hanno fatto i nostri genitori.
7) Perché un bambino maltrattato non divenga un delinquente o un malato mentale, è necessario che egli, perlomeno una volta nella vita, incontri una persona la quale sappia per ceno che ''deviante'' non è il bambino picchiato e smarrito, bensì l'ambiente che lo circonda. La consapevolezza o l'ignoranza della società aiutano, in tal senso, a salvare una vita o contribuiscono a distruggerla. Di qui la grande opportunità che viene ofserta a parenti, avvocati, giudici, medici e assistenti sociali di stare, senza mezzi termini, dalla pane del bambino e di dargli la loro fiducia.
8) Finora la società proteggeva gli adulti e colpevolizzava le vittime. Nel suo accecamento, essa si appoggiava a teorie che, corrispondendo ancora interamente al modello educativo dei nostri nonni, vedevano nel bambino una creatura astuta, un essere dominato da impulsi malvagi, che racconta storie non vere e critica1 poveri genitori innocenti, oppure li desidera sessualmente. In realtà, invece, non v'è bambino che non sia pronto ad addossarsi lui stesso la colpa della crudeltà dei genitori, al fine di scaricare da loro, che egli continua pur sempre ad amare, ogni responsabilità.
9) Solo da alcuni anni, grazie all'impiego di nuovi metodi terapeutici, si può dimostrare che le esperienze traumatiche rimosse nell'infanzia vengono immagazzinate nella memoria corporea e che esse, rimaste a livello inconscio, continuano a esercitare la loro influenza sulla vita dell'individuo ormai adulto. I rilevamenti elettronici compiuti sul feto hanno inoltre rivelato una realtà che finora non era stata percepita dalla maggior parte degli adulti: e cioè che sin dai primi attimi di vita il bambino è in grado di recepire e di apprendere atteggiamenti sia di tenerezza che di crudeltà.
10) Grazie a queste nuove conoscenze, ogni comportamento assurdo rivela la sua logica sino a quel momento nascosta, non appena le esperienze traumatiche subite nell'infanzia non debbano più rimanere nell'ombra.
11) L'aver acquisito sensibilità per le crudeltà commesse verso i bambini, che sinora venivano generalmente negate, e per le loro conseguenze arresterà il riprodursi della violenza di generazione in generazione.
12) Gli individui che nell'infanzia non hanno dovuto subire violazioni alla loro integrità, e a cui è stato consentito di sperimentare protezione, rispetto e lealtà da pane dei loro genitori, da giovani e anche in seguito saranno intelligenti, ricettivi, capaci di immedesimarsi negli altri e molto sensibili. Godranno della gioia di vivere e non avranno affatto bisogno di far del male agli altri o a sé stessi, né addirittura di uccidere. Useranno il proprio potere per difendersi, e non per aggredire gli altri. Non potranno fare a meno ci rispettare e proteggere i più deboli, ossia anche i propri figli, dal momento che essi stessi, un tempo, hanno compiuto tale esperienza, e dal momento che fin dall'inizio in loro è stato memorizzato proprio questo sapere (e non la crudeltà). Questi individui non saranno mai nella condizione di capire come mai i loro avi nel passato abbiano dovuto impiantare una mastodontica industria bellica per sentirsi a loro agio e sicuri nel mondo. Dal momento che il compito inconscio della loro vita non starà più nel difendersi dalle minacce subite nell'infanzia, essi saranno in grado di affrontare in maniera più razionale e creativa le minacce presenti nella realtà.
I Dodici Punti di Alice Miller
Come nasce e si trasmette l'oppressione generazionale. Tratto da: A. Miller, La persecuzione del bambino, Bollati Boringhieri, Torino, 1987.