sabato 3 dicembre 2011


Chi non prega?
Un contadino, durante un giorno di mercato, si fermò a mangiare in un affollato ristorante dove pranzava di solito anche il fior fiore della città. Il contadino trovò un posto in un tavolo a cui sedevano già altri avventori e fece la sua ordinazione al cameriere.
Quando l’ebbe fatta, congiunse le mani e recitò una preghiera. I suoi vicini lo osservarono con curiosità piena di ironia; un giovane gli chiese: “A casa vostra fate sempre così? Pregate veramente tutti?”.
Il contadino, che aveva incominciato tranquillamente a mangiare rispose: “No, anche da noi c’è qualcuno che non prega”.
Il giovane ghignò: “Ah, sì? Chi è che non prega?”. “Beh”, proseguì il contadino “per esempio le mie mucche, il mio asino e i miei maiali…”.

Bruno Ferrero
(da “Il canto del grillo – Piccole storie per l’anima”)
Mi ricordo che una volta, dopo aver camminato tutta la notte ci addormentammo all’alba vicino a un boschetto. Un derviscio che era nostro compagno di viaggio lanciò un grido e si inoltrò nel deserto senza riposarsi un solo istante.
Quando fu giorno gli domandai: “Che ti è successo?”.
Rispose: “Vedevo gli usignoli che cominciavano a cinguettare sugli albrei, vedevo le pernici sui monti, le rane nell’acqua e gli animali nel bosco. Ho pensato allora che non era giusto che tutti fossero intenti a lodare il Signore, e che io solo dormissi senza pensare a Lui”.

Sa’di
(da “Il canto del grillo – Piccole storie per l’anima”

venerdì 2 dicembre 2011

mistero di Betlemme come la «nuova era del potere nel mondo


Bisognerebbe approfondire il mistero di Betlemme come la «nuova era del potere nel mondo.
Erode è il potere e opera l’ingiustizia. Cristo è debolezza e porta la giustizia e l’amore. Erode per difendere il suo impero, usa il suo potere assassinando degli innocenti.
Cristo per difendersi dalla morte si affida al Padre e rispetta Erode
Cristo andrà poi alla morte per dare la vita al mondo.
Pilato crocifiggerà la Vita per salvare se stesso.

Il potere del mondo usa la forza per difesa personale. Il potere di Dio usa l’amore per la salvezza degli altri.
Ma solo il potere che si umilia, la ricchezza che si fa povera, la libertà che si fa volontariamente schiava sono capaci di esercitare autorità morale sulle coscienze. L’unica autorità che può dire: 
«impara da me». L’unica autorità che può affermare: «io sono la via». L’unica capace di gridare: «non vi è lecito». L’unica che può arrivare a dire: «vieni e seguimi».
E se la Chiesa è il prolungamento vivo di Betlemme, la continuazione del mistero totale di Cristo, allora l’esercizio del suo potere, quel potere che Cristo le ha affidato, non può essere diverso. La Chiesa ha anzi un motivo in più per presentarsi al mondo sotto questa immagine di Cristo che comanda solo «servendo: è fatta della stessa carne del mondo, peccatrice come lui, sebbene sia un popolo prediletto. Una Chiesa che nasca e si presenti al mondo non nella debolezza e nell’abbandono di Betlemme ma in una culla d’oro di fronte alla quale si inginocchino gli erodi della terra, e che eserciti il suo potere non dal patibolo, dall’umiltà, dalla semplicità, dal rispetto per la libertà, dalla autenticità, dalla santità di vita, dall’amore appassionato per l’uomo; ma dal trono, dalla forza, dalla politica, dal potere temporale, dall’inquisizione, è una Chiesa che rinnega il suo carisma e che finirà per essere allontanata e temuta come i grandi del mondo, quando non misconosciuta o ridicolizzata.
Solo se saprà rispondere alla potenza del mondo e alla sua ingiustizia con l’impegno della propria vita e della sua fiducia nel Padre; alla forza con lo spirito di libertà e con l’accettazione umile del suo rischio; al timore per la perdita del potere e del prestigio col rinunciare alle sue corone e col mettersi a lavare i piedi degli uomini, di tutti, dei suoi stessi nemici, di quelli che la tradiscono, la perseguitano e perfino la negano, come fece Cristo con Giuda, soltanto così la Chiesa parlerà al mondo in nome di Dio. Con la parola di Dio potrà ottenere udienza nel santuario delle coscienze e gli uomini «riconosceranno la sua voce», una voce che essi già hanno dentro di sé. Allora si sentirà dire: «parla come chi ha autorità». Allora le si obbedirà come Dio vuole: con amore e per amore.

giovedì 1 dicembre 2011

la tristezza e la stanchezza

Le due grazie che il Signore dona sono:
la tristezza e la stanchezza.
La tristezza perchè mi obbliga alla memoria
e la stanchezza perchè mi obbliga alle ragioni per cui faccio le cose.

Fà, o Dio
che una positività totale guidi il mio animo,
in qualsiasi condizione mi trovi,
qualunque rimorso abbia,
qualunque ingiustizia senta pesare su di me,
qualunque oscurità mi circondi,
qualunque inimicizia, qualunque morte mi assalga,
perché Tu, che hai fatto tutti gli esseri,
sei per il bene.
Tu sei l'ipotesi positiva su tutto ciò che io vivo.

Luigi Giussani

mercoledì 30 novembre 2011

passare per dove non sai


Per giungere a gustare il tutto,
non cercare il gusto in niente.
Per giungere al possesso del tutto,
non voler possedere niente.
Per giungere ad essere tutto,
non voler essere niente.
Per giungere alla conoscenza del tutto,
non cercare di sapere qualche cosa in niente.
Per venire a cio’ che ora non godi,
devi passare per dove non godi.
Per giungere a cio’ che non sai,
devi passare per dove non sai.
Per giungere al possesso di cio’ che non hai,
devi passare per dove non hai.
Per giungere a cio’ che non sei,
devi passare per dove ora non sei.
(San Giovanni della Croce)

martedì 29 novembre 2011

La mano e la sabbia
Giorgio, un ragazzo di tredici anni, passeggiava sulla spiaggia insieme alla madre.
Ad un tratto le chiese: "Mamma, come si fa a conservare un amico quando finalmente si è riusciti a trovarlo?".
La madre meditò qualche secondo, poi si chinò e prese due manciate di sabbia. Tenendo le palme rivolte verso l'alto, strinse forte una mano: la sabbia le sfuggì tra le dita, e quanto più stringeva il pugno, tanto più la sabbia sfuggiva.
Tenne invece ben aperta l'altra mano: la sabbia vi restò tutta.
Giorgio osservò stupito, poi esclamò: "Capisco".

lunedì 28 novembre 2011

sta salda la fede, perdura la devozione, resta la virtù


 La preghiera bussa, il digiuno ottiene, la misericordia riceve
dai «Discorsi» di san Pietro Crisologo, vescovo.

Tre sono le cose, tre, o fratelli, per cui
sta salda la fede,
perdura la devozione,
resta la virtù:
la preghiera,
il digiuno,
la misericordia.
Ciò per cui la preghiera bussa,
lo ottiene il digiuno,
lo riceve la misericordia.
Queste tre cose, preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola, e ricevono vita l’una dall’altra.
Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno.
Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate.
Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente.
Perciò chi prega, digiuni.
Chi digiuna abbia misericordia.
Chi nel domandare desidera di essere esaudito, esaudisca chi gli rivolge domanda. Chi vuol trovare aperto verso di sé il cuore di Dio non chiuda il suo a chi lo supplica.
Chi digiuna comprenda bene cosa significhi per gli altri non aver da mangiare. Ascolti chi ha fame, se vuole che Dio gradisca il suo digiuno.
Abbia compassione, chi spera compassione.
Chi domanda pietà, la eserciti.
Chi vuole che sia concesso un dono, apra la sua mano agli altri.
E’ un cattivo richiedente colui che nega agli altri quello che domanda per se.
O uomo, sii tu stesso per te la regola della misericordia. Il modo con cui vuoi che si usi misericordia a te, usalo tu con gli altri. La larghezza di misericordia che vuoi per te, abbila per gli altri. Offri agli altri quella stessa pronta misericordia, che desideri per te.
Perciò preghiera, digiuno, misericordia siano per noi un’unica forza mediatrice presso Dio, siano per noi un’unica difesa, un’unica preghiera sotto tre aspetti. Quanto col disprezzo abbiamo perduto, conquistiamolo con il digiuno. Immoliamo le nostre anime col digiuno perché non c’è nulla di più gradito che possiamo offrire a Dio, come dimostra il profeta quando dice: «Sacrificio a Dio è uno spirito contrito; un cuore contrito e umiliato tu, o Dio, non disprezzi» (Sal 50,19). O uomo, offri a Dio la tua anima e offri l’oblazione del digiuno, perché sia pura l’ostia, santo il sacrificio, vivente la vittima, che a te rimanga e a Dio sia data. Chi non dà questo a Dio non sarà scusato, perché non può non avere se stesso da offrire. Ma perché tutto ciò sia accetto, sia accompagnato dalla misericordia. Il digiuno non germoglia se non è innaffiato dalla misericordia. Ciò che è la pioggia per la terra, è la misericordia per il digiuno. Quantunque ingentilisca il cuore, purifichi la carne, sradichi i vizi, semini le virtù, il digiunatore non coglie frutti se non farà scorrere fiumi di misericordia, O tu che digiuni, sappi che il tuo campo resterà digiuno se resterà digiuna la misericordia. Quello invece che tu avrai donato nella misericordia, ritornerà abbondantemente nel tuo granaio. Pertanto, o uomo, perché tu non abbia a perdere col voler tenere per te, elargisci agli altri e allora raccoglierai. Dà a te stesso, dando al povero, perché ciò che avrai lasciato in eredità a un altro, tu non lo avrai.

domenica 27 novembre 2011

Ecco l'Avvento è fissare lo sguardo su Dio, sulla sua fedeltà che è più grande di ogni nostro smarrimento, sul suo amore di padre


la parola della domenica

Anno liturgico Bomelia di don Angelo per la 1ª domenica di Avvento B
secondo il rito romano


Is 63,16-17.19b; 64,1.3-8
Sal 79,2ac-3b.15-19
1Cor 1,3-9
Mc 13,33-37
Potrebbe essere la nostra preghiera dell'Avvento questa preghiera struggente, ma anche fiduciosa custodita nel libro Terzo di Isaia e se qualcuno di noi la sente come sua può anche ricercarla nella Bibbia al capitolo 63 e 64 del libro di Isaia. E pregarla.
"Siamo diventati tutti come cosa impura" -è scritto - "e come panno immondo sono i nostri atti di giustizia".
Che cosa c'è oggi, -ce lo chiediamo, ce lo chiediamo tutti - che cosa c'è oggi di incontaminato? E dove i panni puliti? dove le azioni senza un'ambiguità nascosta, senza secondi pensieri? Il panno immondo!
E continua la preghiera: "Tutti siamo avvizziti come foglie e le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento".
E anche questa è la sensazione diffusa di un invecchiamento della nostra società quasi generalizzato, un avvizzimento, foglie stanche, foglie avvizzite. Al punto che si ha quasi paura di generare, di portare alla luce un germoglio nuovo per il futuro. è morta, - se non è morta - è agonizzante la speranza.
Oggi ascoltando la preghiera del Terzo Isaia mi ritornava in mente, per un accostamento impressionante, alcuni passaggi di un articolo di Fra Betto, un domenicano teologo e giornalista brasiliano: come è vero che tutto il mondo è paese!
Scrive:
"Non speriamo più di cambiare, retrocediamo dal sociale al privato e, stracciate le antiche bandiere dei nostri ideali, le trasformiamo in cravatte. Non vi sono più utopie di un futuro che diventi diverso dall'oggi. Per questo siamo malinconici, sorridiamo con scetticismo. Oggi predominano l'effimero, l'individuale, il soggettivo, l'estetico.
La delusione della Ragione ci spinge verso l'esoterico, verso uno spiritualismo di pronto consumo, verso l'edonismo consumista. Siamo in pieno naufragio o, come ha predetto Heidegger, stiamo camminando su sentieri smarriti".
E ritorna la preghiera del profeta: "Perché, Signore, ci lasci vagare lontani dalle tue vie, lasci indurire il nostro cuore così che non ti tema?" Perché?
"Camminiamo su sentieri smarriti" dice il filosofo.
E forse Avvento è anche questo ridestarci, stropicciare gli occhi, fermarci prima di finire in esiti di morte, su vie senza ritorno.
Avvento è anche questo aprire gli occhi e non fermarci alla lamentazione generale, per questo avvizzimento, e capire da dove viene questa crisi: dall'aver abbandonato le vie del Signore, dall'aver cancellato dai nostri ricordi il Suo nome: "Nessuno invocava il Tuo nome, nessuno si riscuoteva per stringersi a Te".
Ci siamo addormentati, e del nostro assopimento porta traccia la casa comune, quella che il padrone, andandosene, ha affidato alle nostre mani.
Avvento è questo diventare lucidi, lucidi sulle cause che hanno partorito questo avvizzimento, questo degrado.
E qual è il passo successivo?
Verrebbe spontaneo dire che il passo successivo, il primo da compiere -una volta presa coscienza della realtà - sia il convertirci. E spesso l'abbiamo anche predicato come il primo passo da compiere.
Ma la preghiera del libro di Isaia, ancora una volta, ci sorprende perché ci dice che la prima cosa non è la nostra conversione, ma è la conversione di Dio, la prima cosa non è il nostro ritornare dei passi smarriti, ma è il ritornare di Dio. è scritto :Ritorna -cioè convertiti - Signore, per amore dei tuoi servi, per amore della tribù tua eredità.
Non siamo noi che con le nostre forze, con i nostri meriti ritorniamo a Lui, è Lui che ci raggiunge altrove e cioè là dove ci siamo dispersi, smarriti.
I verbi più importanti della preghiera custodita nel libro di Isaia non sono i verbi del nostro smarrimento; sì è vero, i nostri passi ci hanno portato lontano, ma sono i verbi che ci parlano dei passi di Dio che ci viene a cercare là dove ci siamo smarriti e ci viene incontro, che ritorna per noi.
Noi siamo soliti fissare lo sguardo sulle nostre foglie avvizzite, sui nostri panni immondi, sui nostri insuccessi; e così intristiamo.
Ecco l'Avvento è fissare lo sguardo su Dio, sulla sua fedeltà che è più grande di ogni nostro smarrimento, sul suo amore di padre; -è quasi un ritornello in questa preghiera!- Tu Signore sei nostro Padre, ricordati Signore, e ritorna a noi ; noi siamo argilla e Tu colui che ci dà forma. Tutti noi siamo opera delle Tue mani.

Non è il molto sapere che sazia e soddisfa l’anima, ma il sentire e gustare le cose internamente

UN METODO PER “CERCARE E TROVARE”
«L’uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore e per salvare, in questo modo, la propria anima; e le altre cose sulla faccia della terra sono create per l’uomo affinché lo aiutino al raggiungimento del fine per cui è stato creato. Da qui segue che l’uomo deve servirsene tanto quanto lo aiutino a conseguire il fine per cui è stato creato e tanto deve liberarsene quanto glielo impediscano. Per questa ragione è necessario renderci indifferenti verso tutte le cose create (in tutto quello che è permesso alla libertà del nostro libero arbitrio e non le è proibito), in modo da non desiderare da parte nostra più la salute che la malattia, più la ricchezza che la povertà, più l’onore che il disonore, più la vita luunga che quella breve, e con ciò tutto il resto, desiderando e scegliendo solo ciò che più ci porta al fine per cui siamo stati creati».
«Con il nome di esercizi spirituali si intende ogni modo di esaminare la coscienza, di meditare, di contemplare, di pregare oralmente e mentalmente e di altre attività spirituali come più avanti si dirà. Infatti, come sono esercizi corporali il passeggiare, il camminare, il correre, così si chiamano esercizi spirituali tutti i modi di preparare e disporre l’anima a togliere da sé tutti i legami disordinati e, dopo averli tolti, di cercare e trovare la volontà divina nell’organizzazione della propria vita per la salvezza dell’anima».
«Non è il molto sapere che sazia e soddisfa l’anima, ma il sentire e gustare le cose internamente».
Ignazio di Loyola, dagli «Esercizi Spirituali»

si è sempre certi di trovare


“... se noi acconsentiamo, Dio depone in noi un piccolo seme e se ne va. Da quel momento, a Dio non resta altro da fare, e a noi nemmeno, se non attendere"
 (da "Attesa di Dio” si Simone Weil)


Dietro un 'immaginetta della Madonna, dimenticata in un santuarietto di montagna, ho trovato la "Preghiera dell 'accoglienza". Eccola:
Signore, aiutami ad essere per tutti un amico,
che attende senza stancarsi,
che accoglie con bontà,
che dà con amore,
che ascolta senza fatica,
che ringrazia con gioia,
Un amico che si è sempre certi di trovare
quando se ne ha bisogno.
Aiutami ad essere una presenza sicura,
a cui ci si può rivolgere
quando lo si desidera,
ad offrire un'amicizia riposante,
ad irradiare una pace gioiosa,
la tua pace, o Signore.
Fa' che sia disponibile e accogliente
soprattutto verso i più deboli e indifesi.
Così senza compiere opere straordinarie,
io potrò aiutare gli altri a sentirti più vicino,
Signore della tenerezza. (Bruno Ferrero, L'importante è la rosa)