sabato 8 marzo 2014

4° giorno Non sono infatti le vie dell’uomo quelle che possono giovare alla nostra esistenza, bensì quelle che Dio indica all’uomo come vie sicure da percorrersi.


L’insegnamento della liturgia odierna, tanto nella prima lettura, dove Dio indica all’uomo la via dell’amore, quanto nel vangelo, dove Cristo indica la via del discepolato, è incentrato sul tema dell’invito che Dio rivolge all’uomo perché lo segua. Non sono infatti le vie dell’uomo quelle che possono giovare alla nostra esistenza, bensì quelle che Dio indica all’uomo come vie sicure da percorrersi. L’invito a camminare con Dio risuona in Isaia sotto un duplice aspetto. Il primo è quello orizzontale: le piste indicate da Dio si possono ricondurre, per un verso, alla radice dell’amore del prossimo: “Se offrirai il pane all’affamato, se sazierai chi è digiuno” (v. 9). In questo ambito si tratta di piste che si muovono sul registro del primato della persona umana. All’uomo che si prende cura del suo prossimo, dimenticandosi di se stesso, Dio promette di prendersi cura Egli stesso di lui: “Allora brillerà fra le tenebre la tua luce” (v. 9). L’amore che mette l’uomo in movimento per rendere gli altri più felici non può essere frenato dalla domanda: chi si occuperà di me? Una domanda che appare meschina dinanzi alla Parola di Dio, che promette l’infallibile assistenza divina a tutti coloro che sanno dimenticarsi per rendere felici gli altri. Coloro che restano ostinatamente concentrati su se stessi, non possono sperimentare la consolazione interiore, dal momento che aspirano a ricevere la consolazione umana. Anche in questo senso: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà” (Lc 9,24).
Il secondo è quello verticale: ossia, l’ambito del primato di Dio, con un amore rivolto verso di Lui e realizzato prevalentemente nell’osservanza del sabato, vale a dire, nel ritagliare solo per Dio il tempo sacro, destinandolo all’ascolto della sua Parola: “Se tratterrai il piede dal violare il sabato, dallo sbrigare affari nel giorno a me sacro…” (v. 13). L’amore dovuto a Dio si manifesta innanzitutto nella distinzione del tempo sacro da quello quotidiano e, più in generale, nella capacità di saper ricavare il tempo per Dio, pur nell’assillo dei doveri della vita. Il tempo consacrato a Dio è sacro ed è custodito gelosamente da tutti coloro che Lo amano.  
 Don Vincenzo Cuffaro

venerdì 7 marzo 2014

3° giorno La privazione del cibo in se stessa non è sufficiente, se non è accompagnata da un legame profondo con la Passione di Cristo.


 Nella liturgia odierna abbiamo due letture collegate dal tema quaresimale del digiuno: in entrambe si sottolinea che non è tanto il digiuno in sé che è gradito a Dio, quanto piuttosto il modo in cui si digiuna.
Il vangelo si apre e si chiude con una domanda che i discepoli di Giovanni rivolgono a Cristo sul tema del digiuno: “Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?” (cfr v. 14). Gesù risponde che i discepoli sono gli amici dello Sposo e che non possono digiunare finché lo Sposo è presente; ma ci sarà un momento in cui lo Sposo sarà tolto. Quello sarà il tempo del digiuno. Questo particolare distingue nettamente il digiuno dei farisei e dei discepoli di Giovanni da quello dei discepoli di Gesù; quelli digiunano in senso puramente penitenziale, questi digiunano in senso cristologico. I discepoli di Cristo, cioè, digiunano in relazione dello Sposo che viene tolto, e per questo un tale digiuno ha un valore più pregnante. La privazione del cibo in se stessa non è sufficiente, se non è accompagnata da un legame profondo con la Passione di Cristo. Solo a questa condizione il digiuno è veramente cristiano. Digiunare in relazione alla perdita dello Sposo significa dare il primato alla meditazione sull’esito del ministero terreno di Gesù. Vale a dire: è incompleto quel digiuno di cibo che non è capace di cibarsi di Cristo. Rischia di essere soltanto l’osservanza sterile di un precetto. Infatti, solo quando lo Sposo viene tolto, Egli si muta in Cibo e Bevanda, e ciò si verifica nella notte dell’Ultima Cena. Il digiuno del discepolo coincide a sua volta con l’accoglienza di Cristo come Cibo.
Don Vincenzo Cuffaro

giovedì 6 marzo 2014

2° giorno L’uomo si trova al centro, libero di imboccare una delle due direzioni. Nel tempo di Quaresima, la Chiesa viene a ricordarci questa verità, chiedendoci la fatica di scegliere quella via che conduce alla vita e che senza alcun dubbio risulta più difficile e meno praticabile dell’altra.


 Il brano odierno intende descrivere quale sia la nostra condizione perenne come uomini che devono assumersi il peso dell’esercizio della nostra libertà: ci troviamo infatti davanti al bivio dove si biforcano due strade che conducono ciascuna ad un esito diverso e opposto: la via della vita e della benedizione e la via della morte e della maledizione. L’uomo si trova al centro, libero di imboccare una delle due direzioni.
Nel tempo di Quaresima, la Chiesa viene a ricordarci questa verità, chiedendoci la fatica di scegliere quella via che conduce alla vita e che senza alcun dubbio risulta più difficile e meno praticabile dell’altra. Nel vangelo di oggi si parla della croce e del rinnegamento di se stessi come la traduzione concreta di questa via della vita che Dio pone dinanzi all’uomo, senza tuttavia obbligarlo a percorrerla; non ci viene nascosto, però, che, per imboccarla, bisogna prepararsi accuratamente come un atleta si prepara alle prove agonistiche. Il tempo di Quaresima è la rappresentazione liturgica dell’addestramento dell’atleta a sostenere l’impegno della gara. Ma la consapevolezza di noi stessi come atleti e il fatto di trovarci perennemente davanti ad un bivio, ci permettono di intravedere anche un’altra verità che invece riguarda Dio: la sua volontà determinata di entrare in relazione con l’uomo, mantenendo intatta la sua libertà. Il Signore non vuole essere amato per forza o per obbligo. La Parola di Dio si limita a suggerirci che cosa scegliere. Ci invita a scegliere la via della vita (cfr vv. 19-20), lasciando aperta l’ipotesi di una scelta diversa; in questo modo soltanto noi siamo i responsabili dell’esito finale della nostra esistenza, per avere scelto la via della vita o della morte.  
Don Vincenzo Cuffaro

mercoledì 5 marzo 2014

Mercoledì delle ceneri “Ecco il momento favorevole..”. Noi siamo, dunque, nell’eterno presente della liturgia, contemporanei di quella generazione di discepoli che ha celebrato la Pasqua con Cristo...


 Con il mercoledì delle ceneri entriamo nel tempo liturgico della Quaresima. Si apre per noi un periodo in cui non soltanto si fa memoria del Cristo, che ha accettato la morte di croce per ottenere all’umanità il perdono di Dio, ma è anche l’annuncio dell’offerta attuale della grazia, la proclamazione a voce alta del fatto che il tempo favorevole per ritornare a Dio è adesso, proprio in questo momento liturgico, scandito dal numero simbolico di quaranta. Quella benedizione e quella misericordia ottenuta da Cristo, stanno ora davanti a noi e noi possiamo attingere a piene mani alla sorgente della salvezza e della guarigione, una sorgente inesauribile sgorgata dal costato del Messia crocifisso: “Ecco il momento favorevole..”. Noi siamo, dunque, nell’eterno presente della liturgia, contemporanei di quella generazione di discepoli che ha celebrato la Pasqua con Cristo, siamo contemporanei di coloro che sul Golgota hanno visto sgorgare acqua e sangue dal suo costato, e possiamo attingervi ora per rinascere, per guarire, per essere liberati, nutriti, dissetati.
Don Vincenzo Cuffaro

martedì 4 marzo 2014

buone ragioni per sostenere che una buona lectio potrebbe e dovrebbe essere in qualche modo scritta

E' un po' che non scrivo sui miei blog.
Vi sono spazi vuoti che si sono accumulati.
Sento però il bisogno di recuperarli,
a volte questi deserti grafici hanno bloccato il mio impegno quotidiano
dello scrivere adesso,
ogni giorno, per chiarire e schiarire le ispirazioni del testo che riporto nel preciso momento che lo pubblico.
Nei giorni prossimi riporterò in questo blog  alcune riflessioni di Amedeo Cencini  che espongono  "buone ragioni per sostenere che una buona lectio potrebbe e dovrebbe essere in qualche modo scritta, così come vi sono diversi modi concreti d'intendere questa scrittura."

lunedì 3 marzo 2014

senza un impegno coraggioso per la giustizia, anche il culto e la lode a Dio finiscono nell'alienazione


Sul piano istituzionale la differenza peculiare della fede si traduce
in una solidale partecipazione dei cristiani,
e insieme in una eccedenza di ideali di vita rispetto alla giustizia puramente legale,
che è indizio e anticipazione di rapporti umani eticamente più densi e aperti a un orizzonte trascendente.
Negli anni della furia nazista Dietrich Bonhoeffer, pastore evangelico incarcerato e ucciso per la sua opposizione al regime, scriveva:
 "Solo chi grida per gli Ebrei ha il diritto di cantare il gregoriano".
Come a dire che, senza un impegno coraggioso per la giustizia, anche il culto e la lode a Dio finiscono nell'alienazione.
La parola provocatoria di Bonhoeffer vale pure in senso inverso:
proprio perché il credente canta la sua lode a Dio, è libero ed è capace di gridare in difesa dei più deboli.
Questa è la sfida della vigilanza cristiana:
una comunità in attesa del Signore, a lui rivolta notte e giorno come sentinella, è una comunità così libera e povera da farsi voce dei piccoli e dei poveri, voce della loro fame di pane e di giustizia, del loro bisogno di una Parola che non passa.

domenica 2 marzo 2014

Quanto più la comunità cristiana sarà in grado di esibire scelte e stili di vita coerenti con il Vangelo, quindi carichi di forza aggregante e persuasiva sui problemi della vita umana, tanto più sarà efficace la sua offerta di un servizio alla ricostruzione della comunità sui temi etici.


b. La promozione delle evidenze etiche a partire dalla fede
Lo stile di laicità si esprime mediante la promozione delle evidenze etiche, di valori di fondo su cui basare un consenso di popolo per le grandi scelte di vita, di solidarietà, di fraternità.
Quanto più la comunità cristiana sarà in grado di esibire scelte e stili di vita coerenti con il Vangelo, quindi carichi di forza aggregante e persuasiva sui problemi della vita umana, tanto più sarà efficace la sua offerta di un servizio alla ricostruzione della comunità sui temi etici. Senza di essi non disporremo di riferimenti utili a impedire che i processi economici e le nuove forme di potere, messe a disposizione del progresso scientifico, conducano a esiti deleteri. In altri termini la centralità dell'etica comporta che il cuore sia il luogo decisivo della libertà e del senso. Il cuore nuovo chiama in causa valori universali presenti in tutti gli uomini: la coscienza, la libertà, la ricerca, il dialogo, la responsabilità, ecc. La fede cristiana non annulla né snatura tale patrimonio nativo, anzi lo nobilita e lo svela più pienamente; diventa allora possibile uno scambio di riflessioni e di impegni con ogni persona sinceramente desiderosa di verità, di giustizia, di fraternità.
c. La coscienza del "di più" della carità
[41] Il discepolo del Vangelo è pure chiamato a custodire la "differenza", ovvero a saper manifestare l'eccedenza della carità evangelica, la sua forza escatologica e non solo la sua dimensione storico-sociale.
Ricordo di aver detto, per esempio, ai lavoratori di un'industria preoccupati per la grave crisi occupazionale che il mio essere tra loro era in nome del Vangelo; non dunque per offrire una soluzione immediata di problemi tecnici la cui impostazione corretta spetta alle diverse realtà sociali implicate, bensì per essere voce del Vangelo. Ci chiediamo: in quale modo si articola l'essere "voce del Vangelo"?
Ho prima indicato la valenza laica della carità cristiana, ma dobbiamo custodirne la forza e l'originalità. Proprio perché viene dal mistero, la carità della Chiesa è in grado di conferire ai programmi umani la direzione, l'orizzonte, la riserva di energie, la contestazione critica quando sia necessaria. Affinché questo contributo non appaia superficiale o astratto si richiede l'intelligente mediazione di competenze e di abilità, tecniche e politiche, ordinate a plasmare le strutture della società complessa, con la consapevolezza delle sue molteplici interdipendenze.