sabato 31 marzo 2012

Io vivo di Lui nell’anima e nel corpo


Dio ci è più vicino di qualsiasi persona, in ogni momento; più vicino del mio stesso vestito, più vicino dell’aria, più vicino di mia moglie, di mio padre, mia madre, mia figlia, mio figlio, o amico che sia. Io vivo di Lui nell’anima e nel corpo. Attraverso di Lui respiro, penso, sento, immagino, programmo, parlo, intraprendo e agisco, perché in Lui noi viviamo, ci muoviamo e esistiamo (cf. At 17, 28). Come nell’oceano, ogni goccia d’acqua è unita con altre gocce d’acqua e circondata da esse, similmente noi abitanti della terra siamo circondati da Dio, da ogni lato, e chi tra noi è puro di cuore o quanti sono stati purificati, sono uniti a Lui, e sono ovunque con Lui. L’Onnipresenza di Dio è spaziale e mentale, cioè, Dio è ovunque. Ovunque io vada, con il mio corpo o con il mio pensiero, ovunque incontro Dio, e ovunque Dio ci incontra.
(Ioann di Kronstadtdal “Diario Spirituale”)

venerdì 30 marzo 2012

il coraggio di essere nel tempo


“Non mi piacciono i beati.
Quelli che credono di essere della grazia
perché non hanno la forza per essere della natura.
Quelli che credono di essere nell’eterno
perché non hanno il coraggio di essere nel tempo.
Quelli che credono di essere con Dio
perché non stanno con le persone.
Quelli che credono di amare Dio
perché non amano nessuno”.

giovedì 29 marzo 2012

nessuno più debba aver “paura della soglia”


Sogno una Chiesa che dica in maniera chiara e aperta di esistere per il Vangelo e per la fede degli uomini.
Sogno una Chiesa che né nella teoria né nella prassi ritenga di dover aiutare la potenza del Vangelo sui cuori con dei “provvedimenti”.
Sono una Chiesa che nella sua propria autoconsapevolezza e nella sua immagine tenga insieme, in una feconda tensione, gli elementi migliori della concezione di Chiesa cattolica, luterana, riformata e ortodossa.
Sogno una Chiesa che reagisce alla burocratizzazione nella misura in cui le circostanze oggettive lo consentono, e che si rapporta con le persone in maniera diversa da come suol fare l’amministrazione statale.
Sogno una Chiesa in cui nessuno più debba aver “paura della soglia” quando entra in un ufficio parrocchiale.
Sogno una Chiesa in cui non si può “diventare qualcuno” se non un testimone del Vangelo.
Sogno una Chiesa che nella sua vita comunitaria riesce a proporre in maniera credibile alla società moderna, con le sue tensioni, l’immagine alternativa di un convivere affatto diverso.
Sogno una Chiesa che è in grado anche di sostenere i conflitti e di risolverli in maniera diversa da come fa “il mondo” e nella quale nessuno sfrutti la questione della retta interpretazione del Vangelo per affermare la propria persona.
Sogno una Chiesa nella quale nessuno abbia più timori per il Vangelo e per la fede, se in tutto il mondo le cose non vanno esattamente come in un determinato luogo.
Sogno una Chiesa che intenda la propria “sacramentalità”, la vittoriosa presenza in essa della grazia divina, come la libertà liberante di poter pregare ogni giorno con fiducia, con riguardo a persone e a strutture: “Rimetti a noi i nostri debiti”.
Sogno una Chiesa cosciente del proprio reale ruolo vicario, ovvero nella dottrina e nella vita chiarisca che essa stessa non è la Gerusalemme celeste, bensì è destinata a scomparire quando verrà il regno di Dio, ovvero quando rimarrà solo ciò per cui la Chiesa terrena sta preparando la strada e a cui deve rimandare, ovvero la comunione con Dio e tra gli uomini.
Risvegliarsi dopo un simile sogno è sempre duro, anche a una certa distanza temporale dal Concilio. Senza sogni non vi sono però visioni guida. E senza visioni guida non c’è alcuna via che conduca nella terza epoca della storia della Chiesa.
(O. H. Pesch, ne “Il Regno”, 20/2005)

mercoledì 28 marzo 2012

la Notte mi dona un nuovo nome


QUANDO NEL BUIO GLI OROLOGI BATTONO…
Quando nel buio gli orologi battono
prossimi sì che par di averli in cuore,
e con tremule voci
van le cose chiedendosi: « Sei tu? »,
più non sono colui che si destava
allo spuntar dell’alba:
ma la Notte mi dona un nuovo nome,
e con un fondo brivido
l’apprenderebbe chi nel chiaro giorno
meco scambiò parola.
Ogni porta dell’anima, sospinta,
dentro di me si schiude.
E allora io so che non dilegua nulla
nell’universo mondo:
non la preghiera e il gesto
(troppo grevi a svanir sono le cose!)
e sento attorno a me sempre persistere
- viva - l’infanzia mia,
e non avverto più d’essere solo.
L’immensa moltitudine
che fu prima di me, che l’aspra lotta
lungi da me sostenne,
ordiva lenta, infaticabilmente,
la trama ond’io son vivo.
E se m’inclino a te, per dirti piano:
« Tanto ho sofferto… » , ascolta:
non so qual voce ignota
rimormora con me le mie le parole.
Rilke

martedì 27 marzo 2012

onorami con il dolore


PREGHIERA
“Dammi il supremo coraggio dell’amore,
questa è la mia preghiera,
coraggio di parlare,
di agire, di soffrire,
di lasciare tutte le cose,
o di essere lasciato solo.
Temperami con incarichi rischiosi,
onorami con il dolore,
e aiutami ad alzarmi ogni volta che cadrò.
Dammi la suprema certezza nell’amore,
e dell’amore,
questa è la mia preghiera,
la certezza che appartiene alla vita nella morte,
alla vittoria nella sconfitta,
alla potenza nascosta nella più fragile bellezza,
a quella dignità nel dolore,
che accetta l’offesa,
ma disdegna di ripagarla con l’offesa.
Dammi la forza di Amare sempre
e ad ogni costo.”
K. Gibran

lunedì 26 marzo 2012

La prepotenza del modello ha la meglio sulla tenerezza del volto

“Abbiamo costruito, forse senza avvedercene, modelli prepotenti, spesso impraticabili e li abbiamo caricati incautamente sulle spalle della gente, fino a far sentire fallito chiunque non avesse resistito a portarli. Così i nostri modelli culturali ed ecclesiali finiscono per essere spietati e ci fanno spietati. Non tengono conto della povera tenera misura altrui, giudicano dall’alto di una gelida verità. […] La prepotenza del modello ha la meglio sulla tenerezza del volto. Non per niente viviamo in una società che grida, che urla sulle piazze, che esibisce l’onnipotenza dei progetti. È un inseguirsi sconcertante di maschere.” 
(da A. Casati, Diario di un curato di città, Milano 1998).

domenica 25 marzo 2012

Non dobbiamo avere paura di accogliere la sorpresa di ogni giorno

Ogni giorno porta con sé una sorpresa, ma possiamo vederla, udirla o sentirla quando essa giunge solamente se l’aspettiamo. Non dobbiamo avere paura di accogliere la sorpresa di ogni giorno, sia che essa ci venga come un dolore o come una gioia. Essa aprirà un nuovo spazio nel nostro cuore, un luogo in cui possiamo accogliere nuovi amici e celebrare in modo più pieno la nostra umanità condivisa.

(H. Nouwen, da 
Pane per il viaggio, Brescia 1997)