domenica 2 ottobre 2011

un Dio appassionato


È un canto d'amore appassionato questo che nel libro di Isaia passa come il canto alla vigna.
"Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna, che io non abbia fatto?"
... vangata, sgombrata dai sassi... piantata di scelte viti, costruito una torre di difesa, scavato un torchio.
C'è una passione in questo canto d'amore. Così come c'è una passione nel padrone della vigna del Vangelo: manda i servi, e poi manda altri servi più numerosi dei primi, e poi... e poi manda il figlio... Che cosa poteva fare di più?
E l'immagine è trasparente: per questa vigna che è Israele, che siamo noi, che cosa Dio doveva fare di più?
E quando Dio dice queste parole sente dentro una passione, una passione che vibra, che lo fa fremere.
Come è bella -mi dicevo leggendo- questa immagine di Dio: un Dio appassionato! Non è un Dio asettico - la sovrumana indifferenza, l'impassibilità- ma un Dio innamorato della sua vigna, appassionato. Così appassionato che poi sembra di minacciare, farla finita, ma è perché vuole svegliare la vigna, vuole smuoverla: vuole svegliare noi, vuole smuovere noi.
Tant'è vero che anche quando minaccia, o sembra minacciare, gli sfugge quel possessivo "mio", che dice il persistere -nonostante tutto- di un legame, di un attaccamento, di un'alleanza, che non riesce a spezzare: "Ora voglio farvi conoscere" -dice- "che cosa sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo".
Don Angelo Casati

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