martedì 13 marzo 2012

lo Spirito di Dio, cioè il senso della vita

“Beati coloro che piangono perché saranno consolati”. Il greco in realtà non dice “coloro che piangono”, ma “che sono in lutto”. Fare il lutto vuol dire accettare che qualcosa o qualcuno mi manchi, abituarmi poco a poco alla mancanza. Non è poco. Siamo un vuoto, abbiamo sempre bisogno di essere riempiti per cui tutte le nostre relazioni sono orientate a riempirci, a renderci importanti per l’altro. Questa seconda beatitudine ci dice che, se sappiamo fare a meno di ciò che ci sembra indispensabile, saremo consolati. Consolato vuol dire non essere più solo, essere con colui che è solo. Ti manca una persona anche molto cara, se sai rinunciare, sarai consolato, perché la vita ti riempirà per fluire; la vita, infatti, non tradisce mai. Sono io a tradire la vita quando la voglio per me e allora non ci sarà mai nessuno a consolarmi. Il lutto è molto importante nella nostra società dei consumi. San Tommaso dice che questa beatitudine è il piangere sulle cose che passano, sulla vanità di ciò che passa. È tenero quando dice questo, perché riconosce che quando non abbiamo le cose che ci offre il mondo – oggi il consumo – piangiamo. E lui dice che sono lacrime benedette perché è lo Spirito di Dio, cioè il senso della vita, che ci fa rinunciare a queste cose per un di più. Vedete come appare il consumo sotto questa luce: abbiamo bisogno di molte cose per stare bene, però se mi viene tolto o se penso che sia meglio farne a meno, forse una parte di me piangerà, ma debbo credere che la vita mi attraversa e mi arricchisce in un altro modo e mi consola. La beatitudine del pianto è veramente un’immagine della tenerezza, accettare di piangere, essere teneri con noi stessi. (Emmanuelle Marie, Pensare e sentire tra violenza e tenerezza).

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