domenica 14 ottobre 2012

Pia è solo quella parola che si riconosce sempre lontana dal Vero


Nella preghiera si mostra con dolore, nel dolore, che l’unione dello spirito con la carne è imperfetta, incompiuta. Nel passaggio dal tempo all’eterno, il tempo. resiste, fa peso. E la preghiera è il superamento del tempo nel tempo. Gesù, il Figlio divino che s’è fatto uomo, è la testimonianza più alta che non si prega in Dio. Per questo la sua sofferenza è reale. Si prega fuori di Dio, nel tempo. Ma tendendo a ciò che è oltre il tempo. Questa tensione non è già l’oltre, anche se anticipa il fuori. Nella preghiera cristiana l’umano, l’umanissimo pianto del dolore per la morte è totalmente accolto e compreso.
Un’indissolubile unione di gioia e dolore, di dolore e gioia, caratterizza la preghiera cristiana. Che è e resta parola umana che trascende il tempo nel tempo. Perciò sempre distante dalla Verità. Infinitamente lontana. Mai parola di Verità, O meglio: parola di Verità solo in quanto si riconosce differente dalla Verità. La Verità è meta, scopo, termine della parola.
Pia è solo quella parola che si riconosce sempre lontana dal Vero, pur nella prossimità estrema ad esso; empia quella che presume di essere la parola della Verità.
Il Dio possibile non concede riposo, non concede certezze, identità. La presenza di Dio, del Dio possibile, è la presenza non di un’assenza, ma di una mancanza - e di una sofferenza. Di un’infinita nostalgia. Ma è questa nostalgia che ci «salva». Che salva la nostra «finitezza»: che serba, custodisce questa finitezza e la riscatta.
Vincenzo Vitiello

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