mercoledì 11 gennaio 2017

Le emozioni fragili, come le virtú deboli, hanno in sé le stimmate lucenti e dolorose dell’umanità ferita


Ci sono emozioni fragili, certo, ma ci sono anche virtú fragili, virtú deboli, 
come la gentilezza e la mansuetudine, 
l’innocenza e la modestia, 
la mitezza e la tenerezza; 
e come non richiamarmi, a questo riguardo, alle considerazioni di Norberto Bobbio 
in un suo bellissimo libro dedicato all’elogio della mitezza? 
«Chiamo “deboli” queste virtú 
non perché le consideri inferiori o meno utili e nobili, e quindi meno apprezzabili, 
ma perché caratterizzano quell’altra parte della società 
dove stanno 
gli umiliati e gli offesi, i poveri, i sudditi che non saranno mai sovrani, 
coloro che muoiono senza lasciare altro segno del loro passaggio su questa terra che una croce con nome e data in un cimitero, coloro di cui gli storici non si occupano perché non fanno storia, 
sono una storia diversa, con la s minuscola, 
la storia sommersa o meglio ancora la non-storia 
(ma da qualche anno si comincia a parlare di una microstoria contrapposta alla macrostoria, e chi sa che nella microstoria ci sia un posto anche per loro)».

Le emozioni fragili, come le virtú deboli, 
hanno in sé le stimmate lucenti e dolorose dell’umanità ferita, 
ed è questa a renderle cosí umane e cosí arcane.
Eugenio Borgna

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