mercoledì 20 febbraio 2013

Bisogna amare il prossimo come qualcun altro che non è te stesso, come una realtà destinata a realizzarsi in maniera originale.

Se è vero che l'educazione non può che essere un atto d’amore, dobbiamo però definire di quale amore si tratti. Solo un amore che libera sarà veramente educatore. Amare il prossimo come se stessi può diventare un principio ambiguo. Bisogna amare il prossimo come qualcun altro che non è te stesso, come una realtà destinata a realizzarsi in maniera originale. Bisogna amare con stupore. Maturi sono solo i genitori e gli educatori che promuovono la crescita come il dispiegarsi di una nuova realtà, destinata a divenire intimamente autonoma rispetto a loro, che accettano con gioia il fatto che i figli siano diversi , che prendano il futuro nelle loro mani, disposti ad assumerne i rischi. Perché i figli vivano bisogna che i genitori muoiano. Il futuro sarà bello non perché somiglierà al passato, ma perché porterà con sé un’altra bellezza. Una relazione liberatrice non può restare una relazione da persona a persona. Nessuno è davvero libero se si consegna allo sfruttamento degli altri: di un popolo, di una razza, di un sesso, di un uomo. L’amore liberante per qualcuno è autentico solo se fa corpo con un amore liberante per tutta l’umanità; diversamente diventa discriminatorio, classista e militante. È questo l’amore capace, nel contempo,  di raggiungere tutte le persone nella loro intimità unica e di progettare la sua storia sulla storia del mondo, di darsi senza limiti e di lottare senza concessioni; è, in definitiva, la fonte dell’educazione liberatrice. (Giulio Girardi, Educar para qual sociedade?).

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