giovedì 21 febbraio 2013

non cedete alla tentazione della ritorsione, di colpire mentre siete colpiti, di entrare nel solo luogo nel quale il male vi permette di muovervi: la sua arena

“Non resistete all’uomo malvagio”. Una volta dichiarata guerra al male, vi ritrovate non solo immersi in esso, ma anche dipendenti da esso. Non siete più liberi di vivere secondo i vostri termini. Siete impigliati nella rete del male ed è irrilevante se vincerete o sarete sconfitti. Il veleno è già in voi. Il male si può combattere ed anche negare solo sul suo stesso piano. Non potete più porvi al di sopra di esso. La “strategia” dovrebbe essere più sottile. “Non resistete all’uomo malvagio”, perché il male non è un assoluto. Superatelo, ma non ne siate attratti, non cedete alla tentazione della ritorsione, di colpire mentre siete colpiti, di entrare nel solo luogo nel quale il male vi permette di muovervi: la sua arena. Questo non significa minimizzare il potere del male. Dovete avere i piedi ben piantati per terra per resistere all’attrazione del male. Non è forse vero che, quando decidiamo di combattere il male, “pensiamo” che siamo sul punto di essere vincitori e di sconfiggerlo? Un male sconfitto permea l’intero corpo del vincitore, come sanno bene alcuni storici. Siamo difficili da convincere solo quando siamo intossicati dal pensiero della possibile vittoria: non siamo davvero così puri e incontaminati. O, in termini filosofici, spesso male interpretati: il male non è un’entità separata e positiva, ma solo una privazione. E non si combatte frontalmente un’assenza. D’altronde, l’autore delle parole appena citate come potrebbe aver detto nel momento più decisivo della sua vita: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34)? Solo il perdono cancella il male. Non sto affermando che dovremmo essere indifferenti al male o abolire tutti i giudizi di valore. Non sto difendendo la pura passività di fronte, diciamo, al nazismo (è sempre più comodo far riferimento a cose del passato - avrei potuto dire, invece, comunismo? capitalismo? regimi militari?). Sto dicendo che il modo di lottare contro ciò che ognuno considera come le forze del male non consiste nell’opporre dialetticamente al male ciò che riteniamo essere non-male, ma nel trasformare, nel convertire, nel convincere, nell’evolvere, nel contestare – e possibilmente dall’interno, come lievito, come testimone, come martire. (Raimon Panikkar, La torre di Babele. Pace e pluralismo).

Nessun commento:

Posta un commento