venerdì 15 febbraio 2013

La volontà, l’immaginazione e le passioni dell’uomo sono l’unico ostacolo che si frappone tra l’uomo e Dio tanto da divenire – sempre e senza eccezioni – causa di preoccupazioni, di malattie e di rovina.

I giorni più felici dell’uomo sono quelli della penitenza. L’amore divino si inizia ad assaporarlo con la contrizione, l’umiltà e la povertà totale. L’ottenimento continuo dell’amore di Dio, invece – o se vuoi il possedere Dio – inizia con la tribolazione, nell’essere abbandonati dagli uomini e da Dio ed entrando nella sofferenza che smaschera e isola l’ego. Quando quest’ultima giunge al culmine e la tribolazione si fa insopportabile e “oltre le proprie forze” (1Cor 10,13), come dice l’apostolo Paolo (cf. 2Cor 1,8), questo è l’indice che l’ego è stato schiacciato al suolo ed è stata vanificata la sua attività. Quando, infine, l’ego viene come cancellato e sconfitto definitivamente, i dolori e la tribolazione smettono in maniera automatica – perché è solo l’ego a provar dolore per le tribolazioni, a subirne l’effetto e a lamentarsene -, l’amore di Dio si rivela all’uomo nella sua meravigliosa purezza e così gli appaiono tutte le cose. La volontà, l’immaginazione e le passioni dell’uomo sono l’unico ostacolo che si frappone tra l’uomo e Dio tanto da divenire – sempre e senza eccezioni – causa di preoccupazioni, di malattie e di rovina. Allorché l’uomo si spoglia della sua volontà – cioè quando si arrende alle punizioni che Dio gli fa giungere dai suoi amici e dai suoi nemici in ogni momento -, quando fa l’esperienza di sentirsi, prima di tutto, niente e nulla, e poi di provenire dalla polvere della terra, egli vede la sua origine e si rende conto che varrebbe zero assoluto se Dio non gli avesse soffiato nelle narici. Allora eccolo “dare a Dio ciò che è di Dio”: egli offre, infatti, se stesso e vive solo per lui con to- tale dedizione e sincerità facendosi servo di tutti e meno che servo. Allora scompaiono i paraocchi che lo separano da Dio e l’uomo gioisce del suo Dio creatore di una gioia sincera ed eterna. (Matta el-Meskin, La gioia della preghiera”).

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