mercoledì 5 giugno 2013

Varcare la soglia di una chiesa dovrebbe essere come uscire dal tempo e immergersi nell'eterno

Ascoltare in silenzio, 
meditare in silenzio; 
e allargare il cuore sul mondo, 
in silenzio; 
e sentirsi in comunione con tutti i poveri della terra, 
con tutte le vittime che cadono sotto i colpi dell'ingiustizia e del male: 
tutte le vittime uccise ogni giorno 
dal potere sempre impaurito e scontento. 
In silenzio. 
E dire a voce alta solo le preghiere stabilite, 
ma dirle con la voce di tutti i giusti del mondo; 
e cantare ciò che si deve cantare; 
cantare con i santi, con i fanciulli, con gli angeli, 
con tutta la Chiesa pellegrina e beata: 
perché è così, è solo così che si devono celebrare i misteri di Dio e dell’uomo. 
E cessiamo di fare chiasso, 
di disturbare lo Spirito Santo; 
cessiamo di sciupare e di rovinare la grazia, 
il tempo in cui Dio tenta di salvarci e di salvare il mondo. 
Cessiamo di avere fretta e di fare il verso dei burattini dagli altari. 
Chi ha fretta non ci venga: 
non vada in chiesa! 
Perché chi non ha tempo per Iddio, 
non ha tempo neppure per l'uomo. 
Varcare la soglia di una chiesa dovrebbe essere 
come uscire dal tempo e immergersi nell'eterno: 
ma non per evadere, e fuggire, e alienarsi, 
ma per caricarsi di Dio, 
appunto della sua parola, 
per poi ritornare e magari esplodere. 
E ruminare dentro il cuore ogni evento, 
tutto questo rutilare di misteri, 
che poi sono i misteri che intrecciano tutta la nostra esistenza. 
Ruminarli nel silenzio: 
pregare la parola, 
mangiare la parola. 
Come faceva la Vergine 
che “serbava ogni cosa nel suo cuore”. 
Ed è lei appunto l’immagine della Chiesa, 
di come dev’essere e di ciò che deve fare la Chiesa; 
cioè come accogliere la parola e comprenderla. 
Perché solo così può sperare di comporre il suo magnificat, 
di arrivare a cantare l’alleluia della vita nuova. 
Così facciamo almeno per la settimana santa. 
(David Maria Turoldo, Omelia per la Domenica delle Palme).

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