mercoledì 3 luglio 2013

prende a pietà la nostra debolezza, si china sulla nostra rovina e non può sopportare che la morte domini su di noi

Il Verbo di Dio ha compassione della nostra razza,
prende a pietà la nostra debolezza,
si china sulla nostra rovina e
non può sopportare che la morte domini su di noi.
Perché non vada perduta la sua creatura e
non diventi vana l’opera compiuta dal Padre suo nei riguardi degli uomini,
si assume un corpo e un corpo non diverso,
ma simile al nostro.
E poiché noi tutti siamo soggetti alla corruzione della morte,
Cristo abbandona il suo corpo alla morte al posto di noi tutti, e
nel suo amore per l’umanità, lo offre al Padre.
Così, poiché tutti muoiono in Lui,
la legge che assoggetta gli uomini alla distruzione è abrogata,
dato che essa ha esercitato ogni suo potere sul corpo del Signore e
non può più essere applicata agli uomini suoi simili.
Cristo riconduce dunque all’incorruttibilità gli uomini caduti nella corruzione e
li richiama alla vita.
Appropriandosi un corpo e
facendo loro dono della risurrezione,
distrugge in essi la morte come la paglia si dissolve nel fuoco.
Prende un corpo mortale, perché, divenuto partecipe della supremazia del Verbo,
esso possa esaurire la morte al posto di tutti.
Grazie all’inabitazione del Verbo,
tale corpo rimarrà incorruttibile e
porrà fine alla corruttibilità dando a tutti la resurrezione.
Infatti, l’immortale Figlio di Dio,
unito a tutti gli uomini per la sua somiglianza con essi,
può a buon diritto rivestirli tutti di immortalità
con la promessa della risurrezione.
(Sant’Atanasio, Sull’Incarnazione del Verbo, 8-9).

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