lunedì 1 luglio 2013

Quale origine del sogno, se non il tuo orecchiare al suo cuore, o bontà onnipotente, che ti prendi cura di ciascuno di noi come se avessi solo lui da curare, e di tutti come di ciascuno?

Ma tu stendesti la tua mano dall’alto
e traesti la mia anima da un tale abisso di tenebre,
mentre per amor mio piangeva innanzi a te mia madre, tua fedele,
versando più lacrime di quante ne versino mai le madri alla morte fisica dei figli.
Grazie alla fede e allo spirito ricevuto da te essa vedeva la mia morte;
e tu l’esaudisti, Signore.
L’esaudisti, non spregiasti le sue lacrime,
che rigavano a fiotti la terra sotto i suoi occhi dovunque pregava.
Tu l’esaudisti:
perché, da chi le venne il sogno consolatore,
per il quale accettò di vivere con me e avere con me in casa la medesima mensa,
che da principio aveva rifiutata per avversione e disgusto del mio traviamento blasfemo?
Le sembrò, dunque, di essere ritta sopra un regolo di legno,
ove un giovane radioso e ilare le andava incontro sorridendole,
mentre era afflitta, accasciata dall’afflizione.
Il giovane le chiedeva i motivi della sua mestizia e delle lacrime che versava ogni giorno,
più con l’intento di ammaestrarla, come suole accadere,
che d’imparare;
ed ella rispondeva di piangere sulla mia perdizione.
Allora l’altro la invitava, per tranquillizzarla,
e la esortava a guardarsi attorno:
non vedeva che là dov’era lei ero anch’io?
Ella guardò e mi vide ritto al suo fianco sul medesimo regolo.
Quale origine del sogno, se non il tuo orecchiare al suo cuore, o bontà onnipotente,
che ti prendi cura di ciascuno di noi come se avessi solo lui da curare,
e di tutti come di ciascuno? [...]
Così proprio in quel sogno e molto tempo prima del vero fu predetto alla pia il gaudio
che avrebbe provato in un futuro lontano,
per consolarla dell’ansia che la struggeva al presente.
Passarono in seguito nove anni,
durante i quali io mi avvoltolai in quel fango d’abisso e tenebre d’errore
ove ad ognuno dei molti tentativi che feci per risollevarmi,
più pesantemente mi abbattevo;
eppure quella vedova casta, pia e sobria,
quali tu le ami, dalla speranza, certo, resa ormai più alacre,
ma al pianto e ai gemiti non meno pronta,
persisteva a far lamento per me davanti a te in tutte le ore delle sue orazioni.
Le sue preghiere penetravano sino al tuo sguardo. (Agostino, Confessioni).

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