sabato 15 febbraio 2014

Nessun programma pastorale sulla vigilanza avrà efficacia se non sarà macerato nell'esperienza di preghiera che costituisce il banco quotidiano di prova e il forno infuocato di purificazione della speranza

Jacques Maritain, in una conversazione tenuta a Tolosa ai Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld nel 1962, ha descritto con semplicità e profondità la misteriosa e tenera relazione che unisce ciascuno di noi con i membri della Chiesa che ci hanno preceduto nel regno eterno. Egli ricorda come coloro che stanno presso Dio non cessano di interessarsi delle realtà per le quali si sono spesi nella vita terrena e che ora contemplano nella luce di Dio. Con loro (genitori, parenti amici santi protettori sacerdoti che ci hanno preceduto nel ministero) noi possiamo entrare in conversazione, confidando ciò che ci sta a cuore e che anch'essi ebbero a cuore, per cui lavorarono e soffrirono (8).
E la conversazione più tenera e incessante deve svolgersi con la Vergine Maria, Regina del mondo, Madre della Chiesa e di tutti gli uomini e soprattutto con Gesù Cristo, redentore dell'umanità.
La preghiera è perciò l'espressione prima e principale della vigilanza e della speranza cristiana. Nessun programma pastorale sulla vigilanza avrà efficacia se non sarà macerato nell'esperienza di preghiera che costituisce il banco quotidiano di prova e il forno infuocato di purificazione della speranza. Chi prega costantemente e intensamente, impara che cos'è la vigilanza e, anche nella prova, vede nascere in lui la speranza che non delude (cf Rm 5,2-5). Se vogliamo allora giungere a una percezione reale, non puramente nozionistica, di quanto ho spiegato nelle pagine precedenti, dobbiamo ascoltare le esortazioni pressanti di Gesù e degli Apostoli: "Bisogna pregare sempre senza mai stancarsi" (Lc 18,1); "Vegliate e pregate per non entrare in tentazione" (Mt 26,41); "Siate assidui nella preghiera: che essa vi mantenga vigilanti nel rendimento di grazie" (Col 4,2).
C M Martini

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