mercoledì 4 agosto 2010

PREGHIERA DEL MATTINO
Mio amato Signore, ti ringrazio di aver vegliato su di me questa notte e di avermi fatto giungere all'inizio di questo nuovo giorno.
Mi appresto a scoprire con gioia quello che tu hai preparato per me quest'oggi: saranno i fatti di sempre oppure mi aspetterà qualche nuovo compito, forse mi aprirò a nuove vedute. Accetto tutto con fiducia e gioia, convinto che tu hai predisposto tutto per il mio bene, per il tuo onore e per la tua gloria.
Riflessione
Il battesimo ci ha costituito figli di Dio; questo non ci autorizza a vivere di rendita e di privilegi, come intendevano fare gli israeliti. Accettiamo la lezione evangelica: meglio essere un «cagnolino» pieno di fede, che un «figlio» senza di essa, giacché questa virtù è la condizione essenziale per ottenere la salvezza. Se Cristo avesse concesso subito quanto la donna cananea gli chiedeva, lei si sarebbe allontanata con una grazia secondaria: la guarigione della figlia. Gesù la prova e la tratta duramente, al fine di poterle concedere anche un altro incommensurabile dono: la fede, che permetterà a questa creatura di entrare nel regno di Dio. Il Signore, molte volte, si comporta con noi nel medesimo modo, per lo stesso fine. Anziché lamentarci per il silenzio apparente di Dio alle nostre suppliche, gioiamo giacché, al posto del relativo e del momentaneo, Dio ci riempie di assoluto e di eterno.
PREGHIERA DELLA SERA
Mio amato Signore, ora che è terminata ogni mia attività del giorno, mi devo preparare al riposo necessario perché possa di nuovo servirti domani, assumendomi la sfida del mio impegno cristiano. Imploro umilmente il tuo perdono per tutto il tempo che oggi ho perso, dimenticando quali fossero le priorità e, soprattutto, pensando così poco a te e così tanto a me. Aiutami perché domani possa comportarmi meglio.

martedì 3 agosto 2010

Al ritmo dei passi

Padre Nostro del pellegrino
Padre nostro che stai sui cammini
venga a noi il tuo respiro e veglia per noi pellegrini;
sia fatta la tua volontà così nel caldo come nel freddo.
La nostra strada di ogni giorno illuminala oggi.
Soccorri le nostre debolezze, così come noi soccorriamo quelli che cedono.
Non lasciarci cadere nel dolore e liberaci da ogni male.
Amen
 
I comandamenti del pellegrino
1. Seguirai le frecce sopra ogni altra cosa
2. Non percorrerai chilometri inutili
3. Non ti riposerai, neppure i giorni di festa
4. Chiamerai tuo padre e tua madre
5. Non ti fermerai
6. Non indosserai calze sporche
7. Non ti lamenterai
8. Non dichiarerai falsi chilometraggi
9. Non avrai pensieri né desideri di abbandonare
10. Non desidererai le vesciche altrui

lunedì 2 agosto 2010

Potrebbe essere, invece, l'ultima possibilità di allenarsi alla verità.

Legge il bambino e il ragazzo, l'adulto e il nonno, la massaia e la donna manager: perchè leggere è un po' come ripetere il mestiere del minatore: si scende nelle profondità di un testo, si battaglia con la difficoltà del lessico e del pensiero, si rimane accecati da una semplice frase - o magari solo da un verbo, da una parola colorata - e la si porta alla superficie per farsela compagna lungo la giornata. Alla fine del viaggio il libro potrà anche essere stato pesante e astruso il suo concetto, ma la leggerezza di quella scoperta ne avrà giustificato il tempo investito nella lettura.
               Chissà quante volte ci capita, nel mentre siamo a contatto con qualche testo, d'avere la netta percezione che quelle righe stiano parlando di noi, che quella parola traduca un nostro stato d'animo, che quella frase sintetica sia la perfetta rappresentazione di ciò che noi avremmo spiegato con un poema intero.
               E' questa la grandezza di un testo di letteratura: che nel breve tempo di un'immagine o di un solo passaggio riesce a scatenare nella nostra anima un turbine di sensazioni, emozioni e intuizioni che non basterebbe una vita intera per sperimentare. Perchè ciò che cerchiamo quando leggiamo non è la realtà, ma una manifestazione della Verità. La nostra attenzione non cerca idee o pensieri nuovi, ma cerca quelle parole che fanno risuonare dentro di noi vecchi ricordi, desideri assopiti o semplici frammenti di un passato che ritorna a galla. E' commovente il potere che trattiene una parola.
               E' come il sasso che un bambino getta in uno stagno: il sasso accende delle onde concentriche che, piano piano, si allargano sulla superficie coinvolgendo - con distanze e tempi diversi - prima il fiore dentro l'acqua, poi la canna di bambù, l'amo del pescatore fino a raggiungere il filo d'erba sul limitare dello stagno e svegliare qualche ranocchio nascosto. La parola "forno", per esempio, a me può anche non dire nulla, ma se la legge un bambino orfano il cui padre di professione faceva il fornaio, è come se questa parola avesse acceso una catena di ricordi, di nostalgie, di fantasia che invade la sua mente e i suoi ricordi. E una parola urta un'altra parola fino ad accendere un fuoco: la potenza nascosta di un testo.
               Leggere, dunque, per sfidare la superficialità dell'epoca come le talpe a primavera che, ogni tanto, mettono la testa fuori dalla terra e poi se ne ritornano sotto: lasciando traccia del loro passaggio. E la lettura come segreto per non farsi intruppare dalla dittatura del pensiero. La storia insegna che le dittature hanno sempre cercato di vietare la lettura di certi libri: perchè ne temevano la veicolazione di pensieri e immagini che sarebbero stati capaci di smascherare la folle atrocità di imbavagliare il pensiero e l'immaginazione della gente. Anche la Chiesa lungo i secoli ha adottato tale tecnica, il più delle volte con la premura del custode: s'accorse tardi che vietare qualcosa significava offrire la curiosità migliore e decretarne il successo immediato.
               In un'estate in cui la politica s'ostina a parlare di democrazia mentre il clima della gente annuncia non più improbabili colpi di stato, leggere rimane l'occasione unica per preservare il proprio pensiero e alimentare la propria immaginazione. Perchè laddove il pensiero ristagna ed è incapace di mantenersi vivace e provocatorio, l'uomo perde pure la possibilità di decifrare il mondo in cui vive. Con buona pace di coloro che ancora s'ostinano a pensare che leggere un libro sia una semplice perdita di tempo.
Potrebbe essere, invece, l'ultima possibilità di allenarsi alla verità.
(Quaderni Cannibali) Luglio 2010 - autore: don Marco Pozza

domenica 1 agosto 2010

Gesù Cristo ricercato

Poiché
lo aspettavano ricco
e abitava con il povero.
Lo aspettavano potente
ed il suo potere è l’amore.
aspettavano un guerriero
ed è la pace la sua legge.
Lo aspettavano re dei re
e servire è il suo regnare.
Lo aspettavano sottomesso
e piega ogni orgoglio,
denunciando l’oppressione,
predicando libertà.
Lo aspettavano silenzioso
e la sua parola è la porta
dalla quale entrano
quelli che gridano
con la propria vita
la verità.
Ricompensa:
Se lo trovi, segui le sue orme

E se non puoi la vita che desideri ...non sciuparla

E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole e in un viavai frenetico.
Non sciuparla portandola in giro
in balía del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea. 
Kavafis 

BENE-DIRE
"Ti benedico" è l’antico segreto che sospende l’esperienza del dolore quanto basta, per rimpiazzarla con un altro sentimento. Quando benediciamo le persone o le cose che ci hanno feriti, interrompiamo momentaneamente il ciclo del dolore. Non fa alcuna differenza che la sospensione duri un nanosecondo o una giornata intera. Qualunque ne sia la durata, l’atto di benedire ci spalanca una porta per cominciare a star meglio e voltare pagina. La chiave di tutto sta nel sollevarsi dal dolore per il tempo necessario a riempire il cuore e la mente con qualcos’altro. Quel qualcosa è il potere della "bellezza".
da 'la scienza perduta della preghiera' di gregg braden (macroedizioni)

esercitare il controllo più severo su noi stessi affinché non abbandoniamo mai questo impegno

La stoltezza di svendersi alle cose
mons. Antonio Riboldi  
XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (01/08/2010)
Vangelo: Lc 12,13-21   Clicca per vedere le Letture (Vangelo: Lc 12,13-21)
Se c'è un grande inganno, che il demonio ha sempre cercato di proporre all'uomo, è quello di svendere la propria dignità e felicità vera a ciò che non può assolutamente soddisfare le nostre esigenze più profonde, ossia il possesso delle cose.
Dovremmo sapere tutti ormai, per esperienza, che ciò che è materiale, senza anima, non può mai colmare il nostro cuore. Sono 'cose', che possono donare soddisfazione, gratificazione, ma possono anche, purtroppo, rubarci l'anima.
Ciò che Dio ha creato - ed 'è cosa buona' - ci è però dato solo per un servizio alla vita, mai come oggetto 'assoluto' di felicità.
Ricordiamoci come la Sacra Scrittura ben evidenzia l'inganno, presentandoci - sotto forma di mito - ciò che il serpente seppe escogitare nel momento della prova, nel paradiso terrestre.
Dio aveva donato ad Adamo ed Eva tutto il creato, perché lo coltivassero, ma Lui, e solo Lui, era la gioia: l'uomo 'passeggiava con il suo Dio'.
Satana seppe intrecciare una menzogna fatale: far credere che il possesso del frutto proibito avrebbe fatto felici i nostri primogenitori, 'rendendoli come Dio'...
Giunge ancora oggi, come monito e sofferenza, il grido del Padre: 'Uomo dove sei?'...
Basta guardarci attorno, per rendersi conto di come tutti siamo continuamente tentati di 'riempire la vità di cose materiali, di 'ricchezze', causa di lotte tra noi, differenze e diffidenze sociali, ma alla fine lasciando inevitabilmente un grande vuoto nel cuore.
Nulla può sostituire il Bene dell'Amore del Padre!...
"Vanità delle vanità - dice Quoelet - vanità delle vanità e tutto è vanità...(Quoelet 2, 21-23)
Ma come è facile farsi prendere il cuore da queste vanità!...
Dopo il terremoto nel Belice,...La baracca, in cui si viveva, era la testimonianza della povertà totale, ma nello stesso tempo era la gioia di condividere una sofferenza con chi soffriva, con la povertà della nostra gente. 

Ci ammonisce l'apostolo Paolo, scrivendo ai Colossesi...(Col. 3, 1-5)...
È davvero grande miopia svendere la grande potenza e bellezza del cuore a cose che 'passano; possono solo dare qualche passeggera soddisfazione, ma non sono felicità e libertà.
Eppure ci cascano in tanti.
Ascoltiamo il Vangelo di Luca, che la Chiesa ci propone oggi:
"In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: ...Così è di chi accumula tesori per sé e non arricchisce davanti a Dio". (Lc. 12, 13-21)
Davvero una seria lezione per tutti noi, anche oggi: una lezione che deve aiutarci a prendere le distanze dall'aver l'animo 'soddisfatto' dalle cose, cioè sentirsi ricchi - quando poi si può veder svanire tutto nel breve spazio di Luna notte - per fare spazio alla povertà di spirito, che davvero fa conoscere la gioia di amare e il vero senso della libertà interiore.
Diceva Paolo VI, che cito sempre come grande maestro di fede:
"Il possesso e la ricerca della ricchezza, come fine a se stessa, come unica garanzia di benessere presente e di pienezza umana, è la paralisi dell'amore. I drammi della sociologia contemporanea lo dimostrano, e con quali prove tragiche e oscure! E dimostrano che l'educazione cristiana alla povertà sa distinguere innanzitutto l'uso del possesso delle cose materiali, e sa distinguere poi la libera e meritoria rinuncia ai beni temporali, in quanto impedimento allo spirito umano nella ricerca e nel conseguimento del suo ottimo fine supremo che è Dio e del suo ottimo fine prossimo, che è il fratello da amare e servire, dalla carenza di quei beni che sono indispensabili alla vita presente, cioè dalla miseria, dalla fame, a cui è dovere, è carità, provvedere....
Il discepolo di Cristo, alla sua severa scuola di povertà, scorge un rapporto meraviglioso fra povertà e carità, si direbbe complementare, e non solo perché la prima, cioè la povertà, ha bisogno di quel gratuito, spontaneo e gentile soccorso, ma perché chi ama è alla ricerca di chi possa ricevere i segni e i doni del suo amore, cioè la carità ha bisogno della povertà per esplicare l'energia di bene che le è propria". (novembre 1964)
Può mai il nostro tempo fregiarsi del titolo meraviglioso di 'solidale', quando non ve ne sono i segni? E tanta la speranza, che sorge - a volte - quando si ha notizia che i cosiddetti 'grandi della terra si riuniscono per cercare soluzioni e vie che colmino le sacche immense di miserie che non sono solo in Africa, ma in troppe parti del nostro mondo.
Ma ogni volta si ha l'impressione che da questi convegni esca solo un balbettio, che approda a poco. I Paesi cosiddetti 'ricchi' non sanno, non hanno saputo - o non vogliono? - farsi speranza per tanti nel mondo che muoiono di fame. E turba la coscienza anche solo sapere e vedere che ogni giorno tanti sono condannati ad una morte così atroce ed ingiusta, quando tutti potremmo vivere dignitosamente, se solo si mettesse fine alla corsa del benessere di pochi e nascesse quella solidarietà o amore alla povertà, che si traduce nello spezzare il pane con tutti.... a cominciare da noi, da dove siamo, dove certamente c'è chi stenta a vivere.
Dovremmo ricordare sempre, carissimi, quanto Gesù dice a proposito del giudizio finale:
"Avevo fame e non mi avete dato da mangiare... andate via da Me, maledetti!'
'Avevo fame e mi avete dato da mangiare... venite benedetti dal Padre mio!: Facciamo nostra la preghiera di Madre Teresa di Calcutta:
"O Signore, affinché possiamo seguire il tuo esempio,
donaci la grazia di abbracciare la tua povertà
come il più grande di tutti gli impegni umani.
Rendici capaci di imitare nella nostra vita la povertà del nostro Altissimo Signore Gesù Cristo e della Sua amatissima Madre.
Aiutaci ad esercitare il controllo più severo su noi stessi
affinché non abbandoniamo mai questo impegno
a causa della nostra debolezza
o dei consigli e degli insegnamenti altrui."


C'è gente che mi osserva sotto sotto
Come se l'appestato fossi io,
sarà il mio vestito spiegazzato,
la mia cravatta squinternata
o qualche chiazza di vino rosso negli occhi.
Mi guardano sotto sotto,
cos'hanno da guardare?
Forse intuiscono che so leggere la loro pestilenza,
la loro anima, il loro fiato che sa di cipolle preistoriche,
di aglio ammuffito,
di coscia di pollo bollita più ore.
Seguitano le bestie ad osservarmi come se l'appestato fossi io.

(Tratto dalla raccolta "La parte fredda dei rimpianti" di Ferdinando Giannone
Foto: When Faces On Platforms by denschliker)

pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra- "Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni"

O Dio, vieni a salvarmi.
Signore, vieni presto in mio aiuto.
Sei tu il mio soccorso, la mia salvezza:
Signore, non tardare. (Sal 70,2.6)
PRIMA LETTURA (Qo 1,2; 2,21-23)
Che profitto c'è per l'uomo in tutta la sua fatica?
Dal libro del Qoelet
Vanità delle vanità - dice Qoelet - vanità delle vanità, tutto è vanità.
Perché chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare i suoi beni a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e grande sventura.
Allora quale profitto c'è per l'uomo in tutta la sua fatica e in tutto l'affanno del suo cuore con cui si affatica sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e preoccupazioni penose; il suo cuore non riposa neppure di notte. Anche questo è vanità!
Parola di Dio.
Ascoltate oggi la sua voce:
"Non indurite il cuore,
come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova,
pur avendo visto le mie opere".(Dal Salmo 94)
R. Fa' che ascoltiamo, Signore, la tua voce.
Parola - Seconda lettura Col 3,1-5.9-11

Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assisa alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra... Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e quella avarizia insaziabile che è idolatria.

Riflessione
Quando ci prepariamo a traslocare da un'abitazione a un'altra, eliminiamo una quantità di cianfrusaglie che, fino il giorno prima, ci è sembrato opportuno conservare; non ci preoccupiamo nemmeno di screpolature eventuali dell'intonaco o di qualche mattonella rotta. Ci accontentiamo che l'appartamento sia in grado di ospitarci alla meglio ancora per una notte. Noi siamo in permanente attesa di traslocare, con Cristo, nella casa del Padre; per questo non dovremmo preoccuparci eccessivamente delle cose della terra, poiché, allo spuntare del nuovo giorno, la lasceremo per sempre. Eppure non è così: siamo attaccati a una quantità di ninnoli e di vizi tipici di questa terra, e pensiamo poco o niente alla dimora eterna, che ci attende. La colpa di questo comportamento squilibrato è certamente da ricercarsi nelle pesanti conseguenze del peccato originale; Cristo, però, è in grado di riequilibrarci, solo che glielo permettiamo. Coraggio, allora, e diamogli la possibilità di farlo.


Parola - Vangelo Lc 12, 13-21
In quel tempo... Gesù... disse poi una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: ...riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?».

Riflessione
Se un giocatore di scacchi, nel condurre una partita importantissima, si intestardisse a realizzare il piano premeditato, senza tenere in considerazione le mosse del suo avversario, sarebbe decisamente stolto e certamente perderebbe la sfida. Noi dobbiamo, in un certo senso, giocare la partita della vita contro Satana, campione abile e astuto. Dio, però, è al nostro fianco, e non solo ci svela le mosse dell'avversario, ma addirittura ci indica le contro mosse azzeccate. Se andiamo avanti per la nostra strada, senza tenere in alcun conto i suggerimenti divini, non lamentiamoci se, prima o poi, il diavolo ci darà scacco matto. Se, invece, prima di ogni mossa importante consultiamo Dio, saremo sicuri di terminare vittoriosamente la partita della vita.
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