lunedì 2 agosto 2010

Potrebbe essere, invece, l'ultima possibilità di allenarsi alla verità.

Legge il bambino e il ragazzo, l'adulto e il nonno, la massaia e la donna manager: perchè leggere è un po' come ripetere il mestiere del minatore: si scende nelle profondità di un testo, si battaglia con la difficoltà del lessico e del pensiero, si rimane accecati da una semplice frase - o magari solo da un verbo, da una parola colorata - e la si porta alla superficie per farsela compagna lungo la giornata. Alla fine del viaggio il libro potrà anche essere stato pesante e astruso il suo concetto, ma la leggerezza di quella scoperta ne avrà giustificato il tempo investito nella lettura.
               Chissà quante volte ci capita, nel mentre siamo a contatto con qualche testo, d'avere la netta percezione che quelle righe stiano parlando di noi, che quella parola traduca un nostro stato d'animo, che quella frase sintetica sia la perfetta rappresentazione di ciò che noi avremmo spiegato con un poema intero.
               E' questa la grandezza di un testo di letteratura: che nel breve tempo di un'immagine o di un solo passaggio riesce a scatenare nella nostra anima un turbine di sensazioni, emozioni e intuizioni che non basterebbe una vita intera per sperimentare. Perchè ciò che cerchiamo quando leggiamo non è la realtà, ma una manifestazione della Verità. La nostra attenzione non cerca idee o pensieri nuovi, ma cerca quelle parole che fanno risuonare dentro di noi vecchi ricordi, desideri assopiti o semplici frammenti di un passato che ritorna a galla. E' commovente il potere che trattiene una parola.
               E' come il sasso che un bambino getta in uno stagno: il sasso accende delle onde concentriche che, piano piano, si allargano sulla superficie coinvolgendo - con distanze e tempi diversi - prima il fiore dentro l'acqua, poi la canna di bambù, l'amo del pescatore fino a raggiungere il filo d'erba sul limitare dello stagno e svegliare qualche ranocchio nascosto. La parola "forno", per esempio, a me può anche non dire nulla, ma se la legge un bambino orfano il cui padre di professione faceva il fornaio, è come se questa parola avesse acceso una catena di ricordi, di nostalgie, di fantasia che invade la sua mente e i suoi ricordi. E una parola urta un'altra parola fino ad accendere un fuoco: la potenza nascosta di un testo.
               Leggere, dunque, per sfidare la superficialità dell'epoca come le talpe a primavera che, ogni tanto, mettono la testa fuori dalla terra e poi se ne ritornano sotto: lasciando traccia del loro passaggio. E la lettura come segreto per non farsi intruppare dalla dittatura del pensiero. La storia insegna che le dittature hanno sempre cercato di vietare la lettura di certi libri: perchè ne temevano la veicolazione di pensieri e immagini che sarebbero stati capaci di smascherare la folle atrocità di imbavagliare il pensiero e l'immaginazione della gente. Anche la Chiesa lungo i secoli ha adottato tale tecnica, il più delle volte con la premura del custode: s'accorse tardi che vietare qualcosa significava offrire la curiosità migliore e decretarne il successo immediato.
               In un'estate in cui la politica s'ostina a parlare di democrazia mentre il clima della gente annuncia non più improbabili colpi di stato, leggere rimane l'occasione unica per preservare il proprio pensiero e alimentare la propria immaginazione. Perchè laddove il pensiero ristagna ed è incapace di mantenersi vivace e provocatorio, l'uomo perde pure la possibilità di decifrare il mondo in cui vive. Con buona pace di coloro che ancora s'ostinano a pensare che leggere un libro sia una semplice perdita di tempo.
Potrebbe essere, invece, l'ultima possibilità di allenarsi alla verità.
(Quaderni Cannibali) Luglio 2010 - autore: don Marco Pozza

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