mercoledì 13 ottobre 2010

quel “non rompermi le balle…” non viene pronunciato da uno dei tanti...ma da me

Se una mendicante “rompe le balle” a un prete 
di Walter Verini
“Non rompermi le balle, vado di fretta”. La mendicante si lascia rimbalzare la frase addosso e, con una rassegnazione che le deve essere consueta, tende oltre la sua mano, sperando che il prossimo passante sia meno frettoloso e le allunghi una monetina. Sono le 8.12 di sabato 9 ottobre 2010, sedicesimo D.B.; Milano, Italia; Stazione di Porta Garibaldi. Fin qui, tutto normale. Se non fosse che quel “non rompermi le balle…” non viene pronunciato da uno dei tanti in ritardo sull’orario di partenza del proprio treno, ma da un religioso, un frate che in effetti va di fretta, attaccato a un trolley con piglio più simile a quello di un business man che a quello di un pronipote di Fra Galdino con la sua caritatevole bisaccia. “Alleluia” , è la spiritosa, immediata battuta che un cittadino in attesa del treno per Roma delle 8.34 fa seguire a quella bruttissima espressione , suscitando una amara ilarità tra gli astanti. “Non c'è più religione”, aggiunge un altro... A voler contestualizzare ci sarebbe anche poco di che stupirsi: siamo o non siamo in un Paese nel quale un altissimo esponente delle gerarchie vaticane ha recentemente “contestualizzato” perfino una bestemmia del presidente del Consiglio, assolvendolo senza neppure i tre canonici pater, ave, gloria? In questo quadro - si può pensare - ci può anche stare una sgradevole espressione proto-leghista nei confronti di una mendicante che tende la mano. Chissà, magari quel frate si è subito pentito. L'amarezza prevale presto sull'ilarità. Chissà che storia c'è, dietro quella mano che si tende. Una storia di emarginazione, di sfruttamento. Del resto il treno delle 8.34 sta per arrivare al binario 14 e non c'è tempo per stare lì a chiederselo. Tuttavia una domanda rimane sospesa : se quella reazione viene perfino da un religioso, allora forse vuol dire che qualche punto di non ritorno rischia davvero di essere troppo vicino. Sì, certo, non è possibile, non si deve generalizzare. Possono esistere anche singoli casi di religiosi, per così dire, “atipici” in una marea di preti, suore, frati, laici che vivono e testimoniano ogni giorno la loro fede a contatto con gli ultimi, con gli orrori del mondo. Così come sappiamo quanto la parole “solidarietà”, “inclusione”, “coesione” vivano diffusamente, ogni giorno, in questo Paese. E sappiamo che anche nel nostro campo, questi valori sono dominanti e, anzi, irrobustiti se coniugati ad altri temi quali il rispetto delle regole, delle leggi. Eppure quell'episodio ha colpito lì per lì le decine di persone in attesa di leggere il numero del binario sul display e interroga tutti noi. Ci sono parole, espressioni, tic quotidiani che spesso raccontano molto del tempo che stiamo vivendo. Quel “non rompermi le balle” ci lancia qualche segnale e qualche avvertimento. Chi ha avuto modo di ascoltarlo e di rifletterci un po' su l'altra mattina a Milano, stazione Porta Garibaldi, chi ha modo di ascoltare o vedere i mille episodi di microegoismo che certamente accadono ogni giorno davanti a noi o dentro di noi, però, non può dire di non aver sentito.

in “il Fatto Quotidiano” del 12 ottobre 2010

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