lunedì 13 dicembre 2010

La cura delle parole, lo ricordava di recente Gustavo Zagrebelsky, è pilastro dell' etica democratica.

...restituire senso alle parole, ridare dignità ed esattezza a una lingua che appare sempre più mortificata, prendersi cura di ciò che abbiamo di più prezioso, oggi svilito da una sistematica manomissione perpetrata dal potere dominante, amplificata dalla grancassa mediatica e non sufficientemente osteggiata dalle opposizioni...
...il parlare scorretto fa male all'anima...
le parole - qui Carofiglio ricorre a Victor Klemperer, studioso del linguaggio totalitario nazista - «possono essere come minime dosi di arsenico: ingerite senza saperlo sembrano non avere alcun effetto, ma dopo qualche tempo ecco rivelarsi l' effetto tossico»
...dare un senso alle parole, anche difendendone la funzione civile e sociale...
«Le nostre parole», legge sul risvolto, «sono spesso prive di significati. Ciò accade perché le abbiamo consumate, estenuate, svuotate con un uso eccessivo e soprattutto inconsapevole. Per raccontare dobbiamo rigenerare le nostre parole. Dobbiamo restituire loro senso, consistenza, colore, suono, odore». 
Quel che occorre è un atto politico - e qui la riflessione di Carofiglio acquista un' intonazione da manifesto programmatico - uno scatto di ribellione che può cominciare dalla "più semplice delle parole" (copyright George Steiner), dalla "più urgente ed essenziale" (José Saramago), dalla "più selvaggia del vocabolario" (Emily Dickinson). Lo dice anche Bartleby lo scrivano, i bambini ne fanno una bandiera, gli adulti lo dimenticano per acquiescenza. "È un' arte difficile e perduta" quella di dire no, ma oggi appare quanto mai necessaria. Si può cominciare chiamando le cose con il loro nome. Basta questo - sembra dirci Carofiglio - per compiere un gesto rivoluzionario. - SIMONETTA FIORI

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