sabato 15 gennaio 2011

l’indignazione è una virtù se colpisce gli atti riprovevoli, ma rispetta le persone

Beati gli irascibili
una virtù ignorata: l'indignazione 

Tutti sappiamo che sono “beati i miti”, come leggiamo nel discorso della montagna. Ma dimentichiamo che Gesù più volte si è arrabbiato e ha fatto capire che certe collere sono sacrosante. E’ vero che ha insegnato la mitezza, ma non voleva dire : “Siate remissivi, concilianti, tolleranti: chiudete gli occhi e fante finta di niente”.
C’è una virtù da riscoprire e da praticare. Non figura tra le virtù più onorate. Si è arrivati a confinarla nel campo opposto, quello dei difetti se non delle colpe. E’ la virtù dell’indignazione.
Un cristiano che non dovesse mai patire arrabbiature nei confronti di ciò che vede nella società, non sarebbe un santo: sarebbe piuttosto un imbelle. Mancassero i motivi per arrabbiarsi, si potrebbe anche capire. Ma poiché i motivi, purtroppo, ci sono, come è possibile non sdegnarsi?
I motivi per indignarsi .
Ce ne sono alcuni concreti, quotidiani (e qui ognuno potrebbe elencare i suoi, quelli che ogni giorno lo colpiscono): per esempio, la vicenda dei maghi e fattucchiere e dei tanti che volentieri cascano nelle loro reti e ci rimettono denari e tranquillità; la nostra TV quotidiana, troppo spesso sbracata e superficiale, irrispettosa delle persone, veicolo di disvalori e di appiattimento culturale; l’assenza di ideali elevati e di figure significative nella vita culturale e politica, ecc.
Ma al di là di queste situazioni che oggi ci colpiscono e domani dimentichiamo, c’è una situazione generale che nella coscienza di ogni credente e, prima ancora, di ogni uomo che non abbia rinunciato a pensare, dovrebbe essere vissuta con un profondo senso di sofferenza e di rifiuto.
E’ quel clima sempre più dilagante che vede la massa raccogliersi e inneggiare a miti fatui, tutti a godere delle stesse banalità che banalità restano anche se la loro diffusione è enorme. E’ l’atmosfera culturale imperante, che non è certamente cristiana, e se ha qualche venatura di religiosità, lo è  in senso deviante.
il cristiano si accorge di non avere più interlocutori perché le cose che gli interessano non interessano agli altri. Che fare? Tirarsi in disparte? Chiudersi nel proprio guscio? Sarebbe anche comodo. Facciano pure, esaltino i loro idoli, si stordiscano di parole vuote, io me ne sto nel mio angolino quieto e accogliente. Ma dire semplicemente “io non ci sto” sa molto di disimpegno e di fuga.
Indignarsi a partire da noi stessi.
Non cadiamo nell’errore di indignarci solo con gli altri. L’indignazione può essere una virtù solo se è rivolta anzitutto contro se stessi per colpire gli idoli che ciascuno coltiva nel suo cuore.
E ancora: l’indignazione è una virtù se colpisce gli atti riprovevoli, ma rispetta le persone. Se condanna il male, ma propone riscatto e salvezza a quelli che lo commettono, e che non sono mai cattivi in senso assoluto. Così faceva Gesù. La pietà verso l’uomo, che era il suo abito, sia anche nostra, verso l’uomo del nostro tempo, che cammina a tentoni nell’esistenza, tra verità che si offuscano ai nostri occhi come fossero errori ed errori che brillano come fossero verità.

Graziano Basso

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