venerdì 21 giugno 2013

“… è una storia la compassione un poco come la paura: se uno la lascia prender possesso, non è più uomo”, esclama il Nibbio


in “l'Unità” del 13 giugno 2013
«Compassione: storia di un sentimento»: un saggio tra filosofia, letteratura e arte. Anticipiamo
l'introduzione dal libro di Prete (edito da Bollati). Una disamina analitica e appassionata di un
sentire controverso.

Da qui la storica diffidenza dei filosofi
- di quasi tutti i filosofi -
per la compassione.
Esclusa dall’albo delle forti virtù e del forte sentire.
Non sempre catalogata tra le passioni.
Osservata piuttosto come un sentimento proprio dei deboli.
O risospinta nella terra nebbiosa delle religioni.
Rinviata alle indecifrabili increspature
di una sensibilità incline alla commozione
o, femminilmente,
al pianto
(c’è sempre qualcuno che associa la lacrima alla donna).
Oppure
- e qui, bisogna ammettere, non mancano le ragioni -
considerata come elusione,
non sempre innocente,
della domanda di giustizia e di eguaglianza.
Come elusione di un compito
che dovrebbe essere anzitutto politico:
in effetti, la giustizia, non la compassione,
può, o potrebbe, mettere ciascuno
nella condizione di sopportare da se stesso gli oltraggi dell’esistenza.
Ma anche questa posizione,
che oppone giustizia sociale a compassione,
si arresta dinanzi alle ferite che non hanno un’origine per dir così materiale,
che non appartengono all’ordine dei bisogni e dei diritti:
il dolore, del resto, ha un tale ventaglio di forme, visibili e nascoste,
che ogni suo regesto appare provvisorio, parzialissimo.
E, infine, la compassione può essere vista
come una perdita del proprio stesso coraggio
(o della propria spavalderia?) :
“… è una storia la compassione un poco come la paura:
se uno la lascia prender possesso, non è più uomo”,
esclama il Nibbio, nei Promessi Sposi,
quando, consegnando Lucia all’innominato,
confessa d’aver quasi provato,
lungo il trasporto,
compassione per la povera ragazza rapita.

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