martedì 11 giugno 2013

non venir meno alla religione dell’amore, affinché non sia condannato proprio in ciò che ritiene giusto

 L’ecumenismo, prima ancora che nei dibattiti teologici, si gioca sui comportamenti pratici. Come il rispetto, l’amicizia, la tenerezza.

Nel nome e con l’aiuto di Dio,
risolviamo in primo luogo,
di non offenderci reciprocamente;
di non fare nulla di scortese o di poco amichevole l’uno nei confronti dell’altro,
nulla di ciò che noi vorremmo fosse fatto a noi stessi.
Procuriamo piuttosto in ogni caso di adottare vicendevolmente un atteggiamento
gentile, amichevole e cristiano.
In secondo luogo, con l’aiuto di Dio,
decidiamo di non dirci mai nulla di duro o di sgarbato.
La strada sicura per evitare ciò è
di dire entrambi l’uno all’altro, tutto il bene che possiamo;
in tutte le nostre conversazioni,
sia con l’altro o riguardo all’altro,
usare soltanto il linguaggio dell’amore,
per parlare con tutta la dolcezza e la tenerezza,
con le espressioni più affettuose,
in accordo con la verità e la sincerità.
In terzo luogo,
decidiamo di non dare spazio ad alcun pensiero scortese o a disposizioni poco amichevoli.
Depositiamo l’ascia alle radici dell’albero;
esaminiamo tutto ciò che ci sorge in cuore
e non tolleriamo nessuna disposizione contraria al tenero affetto.
Allora ci asterremo facilmente da parole e azioni scortesi,
dato che la radice stessa dell’acredine sarà stata eliminata.
In quarto luogo, cerchiamo di aiutarci vicendevolmente in tutto ciò
che entrambi riteniamo ci conduca al Regno.
Nella misura del possibile,
rallegriamoci sempre di contribuire
a rafforzarci l’un l’altro in Dio.
Soprattutto ciascuno abbia cura
(dato che ognuno dovrà rendere conto di sé a Dio)
di non venir meno alla religione dell’amore,
affinché non sia condannato proprio in ciò che ritiene giusto.
Oh, lasciate che voi ed io (qualunque cosa gli altri facciano),
proseguiamo fino al premio della nostra alta vocazione!
Che, essendo giustificati dalla fede,
possiamo avere pace con Dio attraverso il nostro Signore Gesù Cristo;
che possiamo rallegrarci in Dio attraverso Gesù Cristo,
da cui abbiamo ricevuto la redenzione;
che l’amore di Dio possa essere versato nei nostri cuori
dallo Spirito Santo che ci è stato dato.
Consideriamo tutte le cose solo una perdita
di fronte alla sublime conoscenza di Gesù Cristo nostro Signore;
stando pronti per causa sua a perderle tutte,
e considerandole niente più che letame,
che noi possiamo agevolmente vincere in Cristo.
(John Wesley’s Letters, To a Roman Catholic, Dublin July 18, 1749).

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