martedì 23 luglio 2013

La vita spirituale si svolge nel «cuore», nell’intimo dell’uomo, nella sede del volere e del decidere, nell’interiorità.


LA VITA SPIRITUALE

Alcuni elementi sono essenziali per l’autenticità del cammino spirituale.
Anzitutto la crisi dell’immagine che abbiamo di noi stessi:
questo è il doloroso,
ma necessario inizio della conversione,
il momento in cui si frantuma l’«io» non reale
ma ideale che ci siamo forgiati e
che volevamo perseguire come doverosa realizzazione di noi stessi.
Senza questa «crisi» non si accede alla vera vita secondo lo Spirito.
Se non c’è questa morte a se stessi
non ci sarà neppure la rinascita a vita nuova implicata nel battesimo (cir. Romani 6,4).
Occorrono poi l’onestà verso la realtà e la fedeltà alla realtà, 
cioè l’adesione alla realtà,
perché è nella storia e nel quotidiano,
con gli altri e non senza di essi,
che avviene la nostra conoscenza di Dio e
cresce la nostra relazione con Dio.
È a quel punto che la nostra vita spirituale può armonizzare obbedienza a Dio e
fedeltà alla terra in una vita di fede, di speranza e di carità.
È a quel punto che noi possiamo dire
il nostro «sì» al Dio che ci chiama con quei doni e con quei limiti
che caratterizzano la nostra creaturalità.
Si tratterà dunque di immettersi in un cammino di fede
che è sequela del Cristo per giungere all’esperienza dell’inabitazione del Cristo in noi.
Scrive Paolo ai cristiani di Corinto:
«Esaminate voi stessi se siete nella fede:
riconoscete che Gesù Cristo abita in voi?» (2 Corinti 13,5).
La vita spirituale si svolge nel «cuore», 
nell’intimo dell’uomo, nella sede del volere e del decidere, nell’interiorità.
È lì che va riconosciuta l’autenticità del nostro essere cristiani.
La vita cristiana infatti non è un «andare oltre»,
sempre alla ricerca di novità,
ma un «andare in profondità»,
uno scendere nel cuore per scoprire
che è il Santo dei Santi di quel tempio di Dio che è il nostro corpo!
Si tratta infatti di «adorare il Signore nel cuore» (cfr. I Pietro 3, I 5).
Quello è il luogo dove avviene la nostra santificazione,
cioè l’accoglienza in noi della vita divina trinitaria:
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Giovanni 14,23).
Fine della vita spirituale è la nostra partecipazione alla vita divina,
è quella che i Padri della chiesa chiamavano «divinizzazione».
«Dio, infatti, si è fatto uomo affinché l’uomo diventi Dio»,
scrive Gregorio di Nazianzo, e Massimo il Confessore
sintetizza in modo sublime:
«La divinizzazione si realizza per innesto in noi della carità divina,
fino al perdono dei nemici come Cristo in croce.
Quand’è che tu diventi Dio?
Quando sarai capace, come Cristo in croce, di dire:
“Padre, perdona loro”, anzi: “Padre, per loro io do la vita”».
A questo ci trascina la vita spirituale,
cioè la vita radicata nella fede del Dio Padre creatore,
mossa e orientata dallo Spirito santificatore,
innestata nel Figlio redentore che ci insegna ad amare come lui stesso ha amato noi.
Ed è lì che noi misuriamo la nostra crescita alla statura di Cristo.
 Enzo Bianchi, Le parole della spiritualità

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