venerdì 2 agosto 2013

La perdita della libertà consiste nell’assoggettarsi alla tirannia dell’automatismo, sia nel capriccio della nostra ostinazione o nei ciechi dettami del despotismo, del convenzionalismo, dell’abitudine o della semplice inerzia collettiva.



Thomas Merton

Semi di contemplazione

26. Libertà nell’obbedienza

Per capire il pieno valore dell’obbedienza spirituale dobbiamo fare un’attenta distinzione tra
caparbietà
e libertà genuina.
Questa distinzione è della massima importanza,
perché siamo chiamati alla libertà nell’obbedienza
e non al mero sacrificio di ogni indipendenza
per sottostare all’autorità come macchine.
La libertà più alta si trova nell’obbedire Dio.
La perdita della libertà
consiste nell’assoggettarsi alla tirannia dell’automatismo,
sia nel capriccio della nostra ostinazione
o nei ciechi dettami del despotismo, del convenzionalismo, dell’abitudine o della semplice inerzia collettiva.
Una delle illusioni più comuni è che, con l’opporre i miei capricci ai dettami dell’autorità,
io manifesto la mia libertà.
Agisco «spontaneamente». Ma questa non è vera spontaneità e non conduce all’autentica libertà. È licenza invece che libertà.
Certamente, anche questa spontaneità imperfetta può essere in sé preferibile alla morta routine di un convenzionalismo passivo,
ma ciò non dovrebbe impedirci di vederne i limiti evidenti.
Eppure oggi molti trovano assai difficile capire l’obbedienza religiosa,
proprio perché avvertono
che è troppo esigere il sacrificio della propria «personalità» e della propria «spontaneità».
In verità, il problema è spesso molto confuso.
Da una parte il soggetto può voler sfuggire alla responsabilità.
Dall’altra, il superiore può essere mosso da capriccio o immaturità,
non essendo egli stesso all’altezza di assumersi tutte le responsabilità del suo ufficio.
Solo chi ha personalmente imparato a obbedire intelligentemente
sa comandare intelligentemente.
Così facendo, egli conosce il vero valore dell’obbedienza per il soggetto e lo stretto limite dei propri poteri.
Una volta ammesso francamente che la prudenza del superiore e la sua capacità di assumersi le responsabilità del suo ufficio sono di grande importanza,
bisogna anche ricordare che il soggetto deve sapere obbedire al suo superiore attuale, anche se non è all’altezza della situazione.
Il soggetto può essere conscio o meno che la propria condizione non è l’ideale; ma ciò non deve influire sulla sua volontà di obbedire.
La carità esige che egli ignori le eventuali debolezze di chi sta sopra di lui e il buon senso gli impone una certa prudenza nel giudicare e criticare le decisioni del suo superiore.
Dopo tutto, nessuno è buon giudice della propria causa,
e siamo tutti inclini a lasciarci influenzare dal pregiudizio e dalla caparbietà
nello scorgere deficienze inesistenti.
Quindi, anche senza voler restare deliberatamente ciechi di fronte alla verità,
dobbiamo convincerci che ci sarà di gran profitto esercitare l’obbedienza anche di fronte a ordini non sempre ragionevoli e prudenti.
Nell’agire così non chiudiamo gli occhi all’evidenza dei fatti né vogliamo ingannarci; ma accettiamo semplicemente la situazione per quella che è, con tutti i suoi difetti, e obbediamo per amore di Dio.
Per fare questo dobbiamo giungere a una decisione molto ragionata e libera,
che in alcuni casi può essere molto difficile.
Nessuno può diventare santo o contemplativo abbandonandosi stupidamente a un concetto troppo semplicistico dell’obbedienza.
Sia in chi obbedisce che in chi comanda,
l’obbedienza presuppone una consistente dose di prudenza;
e prudenza significa responsabilità.
Obbedire non è abdicare alla libertà,
ma fare uso prudente di questa a condizioni ben definite.
Ciò non facilita in nessun modo l’obbedienza
né può essere considerato un mezzo per evitare di assoggettarsi all’autorità.
Al contrario un’obbedienza di questo genere fa pensare a una mente matura,
capace di prendere risoluzioni difficili e di ben comprendere ordini difficili,
eseguendoli con precisione e fedeltà alle volte veramente eroiche.
Una simile obbedienza non è possibile senza un’ampia riserva di perfetto amore spirituale.

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