venerdì 21 febbraio 2014

E' necessario creare una cultura della vigilanza, capace di contrastare la cultura della protesta, del mugugno, dell'impotenza, della disillusione, della depressione, della rivalsa, dell'autoconsolazione, della chiusura in se stessi a doppia mandata.


Oggi si prospetta una grande sfida da cui dipendono le sorti prossime venture del nostro Paese. E' necessario creare una cultura della vigilanza, capace di contrastare la cultura della protesta, del mugugno, dell'impotenza, della disillusione, della depressione, della rivalsa, dell'autoconsolazione, della chiusura in se stessi a doppia mandata.
L'interrogativo che ci deve in qualche modo mobilitare può essere formulato così: come recuperare una pedagogia della vigilanza diffusa? E' stato detto negli anni scorsi che bisognava passare da una stagione dei diritti a una dei doveri; ora è il momento delle responsabilità. Ciò significa, per esempio, sotto l'aspetto civile che ci interessa, rendersi attivi, non aspettando che lo Stato o gli altri si muovano, informandosi e facendo valere ragionevolmente le proprie istanze.
Due anni fa, per esempio, è stata promulgata una Legge (n. 241/1990) che forse pochi conoscono e ancor meno mettono in pratica. Eppure si tratta, dopo tante parole, di una vera, pur se piccola, rivoluzione: essa stabilisce le "nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi". Gli uffici pubblici non dovrebbero essere più luoghi verso cui nutrire riverenza o paura, oppure centri di potere da cui ottenere favori. Ovviamente la libertà costa fatica e va quotidianamente conquistata.
La stagione delle responsabilità coinvolge ancor più direttamente le cosiddette nuove soggettualità sociali (cf Centesimus annus, n. 49); accanto alla citata Legge sul procedimento amministrativo, abbiamo la normativa sulle autonomie locali (Legge 142/1990), che offre ampie possibilità, con Statuti e Regolamenti, di partecipazione della gente di un territorio alla vita e al bene comune; pure il volontariato (con la Legge 266/1991) e le cooperative sociali (con la Legge 381/1991) sono oggi riconosciuti quali nuovi soggetti sociali, dotati di autonomia statutaria e funzionale, di specificità e originalità nell'intervento. Le leggi riconoscono e valorizzano il ruolo fondativo e insostituibile di promozione, di attuazione e di gestione del bene comune. E' compito della vigilanza il sollecito impulso perché questi spazi (oltre quelli tradizionali dello Stato e del mercato) non restino deserti; essi più che altri possono descrivere e ridescrivere una convivenza fraterna, non condominiale, fondata non solo e non tanto sull'essere soci quanto e soprattutto sull'essere "prossimi".

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