sabato 19 giugno 2010

per esprimere la loro protesta fanno quadretti... bon ton apprezzare molto questo quadretto... ironia e destrezza, con calma orientale

Gente sul ponte

Hiroshige Utagawa, Acquazzone improvvisoStrano pianeta e strana la gente che lo abita.
Sottostanno al tempo, ma non vogliono accettarlo.
Hanno modi per esprimere la loro protesta.
Fanno quadretti, ad esempio questo:

A un primo sguardo nulla di particolare.
Si vede uno specchio d'acqua.
Si vede una delle due sponde.
Si vede una barchetta che s'affatica.
Si vede un ponte sull'acqua e gente sul ponte.
La gente affretta visibilmente il passo
perché da una nuvola scura la pioggia
ha appena cominicato a scrosciare.

Il fatto è che poi non accade nulla.
La nuvola non muta colore né forma.
La pioggia né aumenta né smette.
La barchetta naviga immobile.
La gente sul ponte corre proprio
là dov'era un attimo prima.


È difficile esimersi qui da un commento:
Il quadretto non è affatto innocente.
Qui il tempo è stato fermato.
Non si è più tenuto conto delle sue leggi.
Lo si è privato dell'influsso sul corso degli eventi.
Lo si è ignorato e offeso.
A causa d'un ribelle
un tal Hiroshige Utagawa
(un essere che del resto
da un pezzo, e come è giusto, è scomparso),
il tempo è inciampato e caduto.

Forse non è che una burla innocua,
uno scherzo della portata di solo qualche galassia,
tuttavia a ogni buon conto
aggiungiamo quanto segue:

Qui è bon ton
apprezzare molto questo quadretto,
ammirarlo e commuoversene da generazioni.

Per alcuni non basta neanche questo.
Sentono persino il fruscio dell pioggia,
sentono il freddo delle gocce sul collo e sul dorso,
guardano il ponte e la gente
come se là vedessero se stessi,
in quella stessa corsa che non finisce mai
per una strada senza fine, sempre da percorrere,
e credono nella loro arroganza
che sia davvero così.

da Wislawa Szymborska, Gente sul ponte (Libri Scheiwiller, Milano 1996, traduz. Pietro Marchesani). Il testo poetico fa riferimento alla famosa xilografia di Hiroshige Utagawa (1797-1858), Acquazzone improvviso su O-hashi (1857), il maestro giapponese che ispirò l'opera di Van Gogh. Quello che sempre colpisce nell'opera della Szymborska è il sapiente contrasto tra il linguaggio semplice, colloquiale (così il ritmo, il "passo") e il riferimento al Tutto: al trascorrere dei giorni, al Tempo, alla vita, in un contesto collettivo, dove il "noi" unisce e fonde il proprio mondo (il proprio "quadretto") a tutto il mondo. E lo fa con ironia e destrezza, con calma orientale.
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