martedì 10 agosto 2010

sognando gli altri come ora non sono: ciascuno cresce solo se sognato

Triestino emigrato in Sicilia negli anni Cinquanta – dedito alla poesia – Dolci promosse lotte nonviolente a favore dei diritti dei lavoratori; per questo motivo è noto col soprannome Il Gandhi di Partinico. Educatore volto all’azione, non fu un teorico della pedagogia; il suo impegno sociale era legato strettamente all’educazione. Una tra le sue esperienze più significative è la creazione del Centro Educativo di Mirto, presso Partinico. Non è possibile parlare di Dolci se non riferendosi anche alla maietuca socratica (maieutica = l’arte della levatrice), volta a bilanciare gli estremi dell’autoritarismo della scuola tradizionale e del più ingenuo spontaneismo: Dolci può essere infatti definito come “l’educatore della domanda”, colui non che interroga in senso scolastico, ma che centra l’azione educativa sul chiedere, sull’esplorare, sullo scoprire ciò che non è noto, che ancora non è venuto alla luce. Domanda che aiuta l’educando a concepire un nuovo modo di vedersi e di collocarsi, prezioso strumento di autoriconoscimento. Non si tratta di parlare al posto dei “senza voce”, ma di far sì che chi non riesce ad esprimersi, perchè soggiogato dall’ignoranza e abbandonato a sè stesso, trovi le parole per esprimere la sua condizione, le sue necessità, i suoi sogni.
Se l’occhio non si esercita, non vede
pelle che non tocca, non sa
se il sangue non immagina, si spegne.
Pure provato da fatiche e lotte,
meravigliato dei capelli bianchi
di persistere vivo, la tua voce
pudore ha di poetare:
a irreprimibile esigenza,
terra acqua creature
orizzonte, ti sono adolescenti
parole
da Creatura di Creature
Per educare
meglio non inizi
dalla grammatica, dall’alfabeto:
inizia dalla ricerca del fondo interesse
dall’imparare a scoprire,
dalla poesia ch’è rivoluzione
perchè poesia
se educhi alla musica:
dall’udire le rane,
da Bach, e non da pedanti esercizi.
non temere di rimanere solo
Inizia con pochi
a garantire la qualità all’avvio,
per essere di tutti:
elastico con chi non sa capire
aperto al diverso
non lasciarti annegare in confusioni arruffone
da chi è inesatto e impuntuale cronicamente
taglia netto
E soprattutto cerca di scoprire
la necessaria dialettica tra l’impegno maieutico e l’assumere
responsabili scelte
da Poema Umano
 
La notte del dieci Agosto
Non piangere, Harun, in questa notte d'agosto
quando le stelle cadono e la loro luce si dissolve
nel buio come la sabbia nel sonno:
se fossero sempre fisse e immutabili ti sarebbero estranee,
e il loro splendore immobile offenderebbe la tua carne.
Immagina che scendano per una compassione celeste,
incarnazione d'astri che si disfanno in polvere,
molecole di luce che si compenetrano al buio,
ricorda la storia del beduino Habib che si innamorò di una lucciola
e visse ogni istante della sua luce guardandola,
e disperò vedendola morire in una notte.
Ma dopo anni di pianto nel gelo del deserto
una notte all'improvviso lui la rivide
risplendere alta in una stella fissa:
la lucciola, l'errante, la luce fenomenica,
tornava dal cielo al beduino analfabeta.
Né tu, sultano, né il povero beduino,
avete pianto per una stella o una lucciola,
ma per la sola cosa per cui piange un uomo,
una donna: lì fu il dolore di luce persa,
premonizione astrale del tempo spegnente,
l'estinzione già inclusa nella ferita del miracolo,
e la distanza dal cielo, la morte.
Impara dal beduino, amala come si ama una lucciola,
donati a ogni suo istante di sopravvivenza,
e quando lei ti parrà persa nella notte
tu nei suoi occhi scoprirai di colpo
la luce alta delle stelle fisse,
e in lei che parve dissolversi in una notte di agosto
l'affinità mortale con te che la supplichi.

(da: "La polvere e il fuoco")

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