venerdì 19 novembre 2010

C'è anche il silenzio


Le parole sono buone.
Le parole sono cattive.
Le parole offendono.
Le parole chiedono scusa.
Le parole bruciano.
Le parole accarezzano.
Le parole sono date, scambiate, offerte, vendute e inventate.
Le parole sono assenti.
Alcune parole ci succhiano, non ci mollano; sono come zecche: si annidano nei libri, nei giornali, negli slogan pubblicitari, nelle didascalie dei film, nelle carte e nei cartelloni.
Le parole consigliano, suggeriscono, insinuano, ordinano, impongono, segregano, eliminano.
Sono melliflue o aspre.
Il mondo gira sulle parole lubrificate con l'olio della pazienza.
I cervelli sono pieni di parole che vivono in santa pace con le loro contrarie e nemiche.
Per questo le persone fanno il contrario di quel che pensano, credendo di pensare quel che fanno.
Le parole hanno cessato di comunicare.
Ogni parola è detta perché non se ne oda un'altra.
La parola, anche quando non afferma, si afferma.
La parola non risponde né domanda: accumula.
La parola è l'erba fresca e verde che copre la superficie dello stagno.
La parola è polvere negli occhi e occhi bucati.
La parola non mostra.
La parola dissimula.
Per questo urge mondare le parole perché la semina si muti in raccolto.
Perché le parole siano strumento di morte o di salvezza.
Perché la parola valga ciò che vale il silenzio dell'atto.
C'è anche il silenzio.
Il silenzio, per definizione, è ciò che non si ode.
Il silenzio ascolta, esamina, osserva, pesa e analizza.
Il silenzio è fecondo.
Il silenzio è terra nera e fertile, l'humus dell'essere, la tacita melodia sotto la luce solare.
Cadono su di esso le parole. Tutte le parole. Quelle buone e quelle cattive.
Il grano e il loglio.
Ma solo il grano dà il pane.

(Josè Saramago ''Di questo mondo e degli altri''

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