giovedì 14 marzo 2013

il grido che si eleva dalla debolezza può diventare è chiamato a diventare, un grido d’amore, aprendoci agli altri e a Dio

La storia di ogni persona è una storia di debolezza / nata e accolta / o rifiutata per paura e per rabbia. / Siamo concepiti in debolezza / e in debolezza moriamo. / Dalla debolezza ascendiamo alla forza, / ma, poi, cadiamo nuovamente nella debolezza. / Questa storia umana è anche / la storia della Parola che si è fatta carne. // Il grido che si eleva dalla debolezza può diventare / è chiamato a diventare, / un grido d’amore, / aprendoci agli altri / e a Dio; / non un grido di rivolta e disperazione / che sale dal nostro desiderio / di essere forti e indipendenti, / che ci chiude in noi stessi. / È un grido per l’unità e per la compassione, / che avvicina le persone all’unità e alla comunità. / La debolezza dell’altro ci turba / quando vogliamo starcene in pace / o mantenere ciò che è nostro. / Tuttavia, può anche destare e aprire i nostri cuori /alla comunione e alla condivisione. / Quando è benvenuta, / la debolezza diventa comunione e condivisione; / quando è rifiutata, / la debolezza diviene durezza, disperazione, rivolta, / un preludio di morte. // Siamo, logicamente, chiamati a crescere, / e a crescere in forza e competenza; / tuttavia, questa forza / è per costruire umanità nell’amore, / e non per il nostro potere personale e la nostra gloria. / Non siamo chiamati a essere isole indipendenti, / separate le une dalle altre, / chiuse nell’autosoddisfazione. / Siamo tutti legati, interdipendenti, / chiamati ad essere un solo corpo. / Il debole ha bisogno del forte, / proprio come il forte ha bisogno del debole / per non chiudersi in atti suicidi di potere e di orgoglio, / ferendo il bambino interiore. / La necessità mutua dei cuori è comunione. (Jean Vanier, Jesus, o dom do amor).

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