martedì 12 marzo 2013

Una volta fatta l’abitudine, è assai facile pensarlo vicino, anche se capiteranno momenti in cui non si potrà fare né una cosa né l’altra.

Noi non siamo angeli, ma abbiamo un corpo. Voler fare gli angeli, mentre siamo sulla terra, e così nella terra come ero io, è insensato. Il pensiero solitamente ha bisogno di appoggio, benché talvolta l’anima esca così fuori di se e sia talmente piena di Dio da non aver bisogno, per raccogliersi, di alcuna cosa creata. Ma ciò non è abituale. In mezzo alle faccende, alle persecuzioni, alle pene, quando non si può avere tanta quiete o si passa per un periodo di aridità, Cristo è sempre un buonissimo amico. Lo vediamo uomo come noi, soggetto a debolezze e sofferenze, e ci diventa di grande compagnia. Una volta fatta l’abitudine, è assai facile pensarlo vicino, anche se capiteranno momenti in cui non si potrà fare né una cosa né l’altra. Perciò è bene ciò che ho detto: non diamo mostra di cercare consolazioni spirituali. Succeda quel che succeda, restare abbracciati alla croce sarà già una gran cosa. Nostro Signore rimase senza consolazione, solo, sotto il peso dei suoi dolori. Non abbandoniamolo noi, ed egli ci aiuterà ad affrontare le nostre sofferenze, più di quanto non possa fare tutta la nostra solerzia. Poi, si assenterà, quando lo riterrà opportuno e quando vorrà strappare l’anima a se stessa. Dio si compiace molto nel vedere un’anima che prende umilmente suo Figlio per mediatore e lo ama tanto che, anche se Lui la eleva alla più alta contemplazione, si riconosce indegna, dicendo con san Pietro: Signore, allontanati da me che sono un peccatore (Lc 5, 8). L’ho provato io stessa, perché il Signore mi ha condotta per questa via. Altri prenderanno sentieri diversi. Ciò che mi è stato dato di capire è che tutto questo edificio dell’orazione deve fondarsi sull'umiltà: quanto più un’anima si abbassa nell’orazione, tanto più Iddio la innalza. (Teresa de Jesús, Libro de la vida, XXI, 10-11).

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