mercoledì 5 febbraio 2014

Nella risurrezione di Cristo ci è promessa la vita, così come nella sua morte ci era assicurata la vicinanza fedele di Dio al dolore e alla morte.


Il Dio che ha fatto suoi il tempo e la morte,
ha dato a noi la sua vita, nel tempo e per l'eternità.
La Pasqua del Signore rivela la solidarietà del Dio vivente
alla nostra condizione di abitatori del tempo,
e insieme ci dà la garanzia di essere chiamati a divenire gli abitatori dell'eternità.
Nella risurrezione di Cristo ci è promessa la vita, così come nella sua morte ci era assicurata la vicinanza fedele di Dio al dolore e alla morte.
La Pasqua è l'evento divino nel quale ci è rivelata e promessa la destinazione del tempo al suo felice compimento nella comunione in Dio.
Lo spazio temporale che sta tra l'ascensione e il ritorno di Cristo nella gloria appare così come un estendersi del mistero pasquale all'intera vicenda umana; nella sofferenza e nella morte, che ancora caratterizzano la nostra storia, si fa presente la sofferenza della Croce, perché la vita del Risorto sia pregustata da chi con Cristo percorre il suo esodo pasquale.
L'intera vita del cristiano è un pellegrinaggio di morte e risurrezione continua,
vissute con Cristo e in Cristo nello Spirito,
portando anzi Cristo in noi "speranza della gloria".
Vigilare è accettare il continuo morire e risorgere
quale legge della vita cristiana;
le condizioni della vigilanza evangelica
non sono dunque la stasi o la nostalgia,
bensì la perenne novità di vita e l'alleanza celebrata sempre nuovamente col Signore Gesù che è venuto e che viene.
Nella luce dell'evento pasquale
si coglie allora il pieno significato cristiano della morte fisica,
ultima vicenda visibile della nostra esistenza.
La morte è evento pasquale, segnato contemporaneamente dall'abbandono e dalla comunione col Crocefisso Risorto.
Come Gesù abbandonato sulla Croce, ogni morente sperimenta la solitudine dell'istante supremo e la lacerazione dolorosa; si muore soli!
Tuttavia, come Gesù, chi muore in Dio
si sa accolto dalle braccia del Padre
che, nello Spirito, colma l'abisso della distanza
e fa nascere l'eterna comunione della vita.
Perciò, per la grande tradizione cristiana la morte è dies natalis,
giorno della nascita in Dio,
dell'uscire dal grembo oscuro della Trinità creatrice e redentrice,
per contemplare svelatamente il volto di Dio,
in unione col Figlio, nel vincolo dello Spirito santo.

Nessun commento:

Posta un commento