giovedì 22 maggio 2014

la descrizione di un cammino di ricerca della volontà di Dio compiuto dalla comunità cristiana nel suo insieme


At 15,7-21 “Ritengo non si debba importunare quelli che si convertono a Dio tra i pagani”
Salmo 95 “Vedano la tua gloria, Signore, tutte le nazioni”
Gv 15,9-11 “Rimanete nel mio amore, affinché la vostra gioia sia piena”

La liturgia della parola quest’oggi ha come oggetto di annuncio e di riflessione la vita della comunità cristiana alla ricerca della volontà di Dio. La Parola oggi non ci dà tanto degli insegnamenti relativi al cammino personale dei cristiani, quanto piuttosto la descrizione di un cammino di ricerca della volontà di Dio compiuto dalla comunità cristiana nel suo insieme.
La comunità cristiana, dopo la Risurrezione e l’Ascensione di Gesù, vive una condizione sostanzialmente diversa da quella sperimentata dai discepoli nel tempo del ministero pubblico di Cristo, quando cioè il Maestro era ancora fisicamente in mezzo a loro. Grazie alla sua presenza fisica, infatti, era Lui che indicava al gruppo apostolico le vie, le scelte da fare, le opere da compiere; era Lui che esplicitamente dava loro il mandato di predicare, di guarire gli infermi, di scacciare il demonio, indicando luoghi e destinatari. Ma dopo l’uscita di Cristo da questo mondo e il suo ritorno al Padre, la comunità cristiana si ritrova senza un riferimento visibile per le sue scelte pastorali.
Ed è proprio su questo punto che il testo degli Atti oggi vuole richiamare la nostra attenzione. La comunità cristiana non ha più Cristo, che in modo sensibile ed immediato possa dirle cosa deve fare, ma ha la voce dello Spirito, che essa deve imparare ad ascoltare in un processo di discernimento comunitario. Il tema del discernimento comunitario è proprio l’insegnamento principale del testo odierno degli Atti al cap. 15. Si tratta di un insegnamento che non è, però, completo, né potrebbe esserlo. Per poter parlare in modo completo del discernimento comunitario occorrerebbe accostare a questo testo tanti altri. Ad ogni modo, la liturgia feriale non si propone insegnamenti sistematici, che invece sono oggetto della catechesi. Se non altro ci permette di entrare in questo argomento importante, sebbene in modo provvisorio ed incompleto.
L’immagine di comunità che emerge dal cap. 15 degli Atti, è quella di una Chiesa posta di fronte a delle scelte radicali, che avrebbero avuto delle conseguenze di vasta portata per il suo futuro, e cioè la necessità di stabilire fino a che punto svincolarsi dalla legge di Mosè. I primi cristiani erano tutti di origine ebraica e tutti osservavano la legge di Mosè, ma quando giungono al cristianesimo anche i pagani e vengono battezzati, allora si pone il problema. Che fare? Introdurli nel sistema delle consuetudini ebraiche, oppure no? Chiedere la circoncisione e le altre osservanze, assimilandoli così ai cristiani palestinesi, oppure elaborare per essi uno statuto a parte? La risposta, che sarà sostenuta con forza dall’Apostolo Paolo e da Barnaba, è formulata così: i cristiani sono liberi da tutte le prescrizioni della Legge mosaica, tranne da quelle fondamentali e perennemente valide. A noi interessa qui cogliere piuttosto l’insegnamento sul discernimento comunitario e come la prima comunità cristiana sia stata capace di giungere a una tale determinazione. Il brano degli Atti non presenta una decisione compiuta autoritativamente da uno e imposta a tutti. Nella comunità cristiana non c’è mai una opinione, per quanto autorevole, che possa essere imposta a tutti, senza che la comunità nel suo insieme la percepisca come autenticamente voluta da Dio. Così, per cogliere la voce dello Spirito, la comunità cristiana delle origini accosta tanti tasselli quanti sono gli interventi di coloro che nell’assemblea si esprimono su questo medesimo problema. Parla l’Apostolo Pietro, poi parlerà Giacomo, e parlerà anche Barnaba. Questo ci sembra significativo per affermare che nella comunità cristiana nessuno conosce la volontà di Dio in maniera completa, perché tale conoscenza dipende da tanti tasselli accostati l’uno all’altro per formare un mosaico. Per questo, prima di giungere a una determinazione, vengono ascoltati attentamente tutti gli Apostoli che hanno qualcosa da dire. E’ come se ciascuno di essi avesse un piccolo frammento che ha bisogno di essere accostato a quello degli altri per potere manifestare la totalità del disegno. Il testo odierno presenta infatti la comunità cristiana nell’atto di mettere accanto i vari tasselli: quello di Pietro, quello di Paolo, quello di Barnaba, quello di Giacomo. Tanti piccoli tasselli accostati l’uno all’altro producono un grande disegno che tutta la comunità cristiana può contemplare e riconoscere come volontà di Dio. Quindi possiamo affermare che un primo punto fermo del discernimento comunitario consiste nell’ascolto dello Spirito che parla per bocca dei fratelli. Il discernimento comunitario si presenta allora come un disegno che si compone davanti gli occhi della comunità man mano che ciascuno pone il suo frammento accanto al frammento degli altri. Ma perché questo si faccia è necessaria una particolare virtù che è definita da questo versetto chiave: “Tutta l’assemblea tacque e stettero ad ascoltare” (v. 12). Il discernimento comunitario esige delle precise virtù: la capacità di ascoltare gli altri nello Spirito; la capacità di tacere a lungo; la capacità di accoglienza rispettosa di quei frammenti che, presi da soli, potrebbero sembrare poco chiari o poco significativi. Bisogna attendere infatti che tutti i frammenti vengano alla luce, prima di poter capire il valore e la posizione di ciascuno. E’ un po’ ciò che accade a un musicista: se egli isola una voce di una corale polifonica, e la esegue da sola, essa può sembrare perfino sgradevole all’udito raffinato di chi si intende di musica; ma quando è eseguita con le altre voci, allora si manifesta la sua bellezza. Anzi, senza di essa, perfino le altre voci risulterebbero meno belle.
Per tutto questo è necessaria quella virtù che è la capacità d’ascolto, un ascolto che non si concluda prima che tutti i tasselli siano stati collocati al loro posto. E il grande quadro risulta da questo primo confronto assembleare, tenutosi a Gerusalemme, e che si può definire - come di fatti è stato definito - il primo concilio della Chiesa. La comunità cristiana in questa occasione scopre non soltanto quale sia la decisione da prendersi in merito ai pagani che diventano cristiani, ma viene anche alla luce un carattere essenziale della comunità cristiana: la collegialità degli Apostoli, a cui è affidata la guida delle chiese sparse nel mondo. Essi decidono alla fine di non imporre nessun giogo giuridico a coloro che sono venuti alla fede, perché la fede in Cristo, da sola, purifica i cuori ed è sufficiente a salvare la persona. È qui che cogliamo un altro aspetto essenziale della comunità cristiana: essa non è mai padrona dei suoi membri; è piuttosto al servizio della fede dei battezzati. La fede, a sua volta, purifica i cuori e salva. Nel momento in cui la comunità cristiana esercitasse una qualche forma di dominio sui battezzati, cesserebbe di essere serva e si muterebbe in padrona, tradendo il modello lasciato dall’esempio di Cristo. Non potrebbe più favorire la crescita della fede, perché tale crescita avviene solo nella libertà di coscienza.
Così alla fine di quest’assemblea, dove tutti hanno messo il loro tassello accanto a quello degli altri, e dove il quadro della volontà di Dio si è completato, anche il volto della Chiesa ne esce più nitido. La Chiesa è serva della fede dei suoi membri, serva del cammino di santità. Una volta comunicata la fede ha già fatto tutto, e il resto è un elemento aggiuntivo, complementare, che non deve mai assumere una prevalenza su ciò che è più importante, ossia il rimanere nell’amore di Cristo. Il servizio della Chiesa ha solo questo come unico obiettivo: “Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore” (v. 10). “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore” (v. 9). Prima ancora di essere chiamati a servire la Chiesa, noi siamo chiamati ad amare Cristo e a lasciarci assimilare da Lui.

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