mercoledì 21 maggio 2014

“rimanere”: si tratta non tanto di aggiungere alla mediazione di Cristo qualche altra cosa, quanto piuttosto di “rimanere” attaccati a Lu


At 15,1-6 “Fu stabilito che Paolo e Barnaba andassero a Gerusalemme dagli apostoli”
Salmo 121 “Andiamo con gioia alla casa del Signore”
Gv 15,1-8 “Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto

Il tema centrale che unisce le due letture odierne è l’unicità della mediazione di Gesù Cristo nella salvezza dell’uomo, una mediazione non bisognosa d’integrazioni di sorta. La prima lettura presenta un gruppo di persone provenienti dal giudaismo farisaico, che, all’interno della comunità cristiana, affermano la necessità di aggiungere alla mediazione di Gesù Cristo anche alcune pratiche giudaiche prescritte dalla Legge mosaica. Ciò comportava un cristianesimo integrato nell’orizzonte del giudaismo e, peggio ancora, equivaleva ad affermare che l’azione salvifica di Gesù avesse bisogno di essere completata dalle pratiche mosaiche. La prima comunità cristiana si trova così divisa intorno al problema dei pagani che entravano nel discepolato cristiano: se dovevano o no essere circoncisi, secondo l’usanza della comunità palestinese. L’Apostolo Paolo si schiererà contro questa posizione, affermando – sulla scia del cristianesimo progressista di Antiochia - che la fede in Cristo è sufficiente da sola a salvare l’uomo; inoltre, il cristianesimo comincia a presentarsi nell’annuncio paolino come una religione veramente nuova e indipendente dal giudaismo, sebbene proveniente dalle sue stesse radici. Sarà questa posizione ad avere la preminenza all’interno del primo concilio di Gerusalemme. L’unicità di Gesù Cristo viene riaffermata nel vangelo sotto il simbolo della vite e del vignaiolo: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo” (v. 1). In questa metafora Cristo attribuisce a Se Stesso il canale di comunicazione della vita divina, che arricchisce l’esistenza del battezzato e la riempie di significati nuovi e divini. Così come la vite non ha bisogno di altro per nutrire i grappoli, se non del fatto che essi siano congiunti a essa, allo stesso modo Cristo non ha bisogno di pratiche né di precetti per compiere la sua opera di santificazione dell’uomo. Gli basta che ciascun uomo aderisca a Lui con fedeltà perenne. La vita divina non è come un pieno di benzina: nessuno può farsene una scorta. La grazia di Dio si riceve se si rimane uniti a Lui e si perde se gli si voltano le spalle. E’ per questo motivo che la metafora della vite e dei tralci insiste sul tema del “rimanere”: si tratta non tanto di aggiungere alla mediazione di Cristo qualche altra cosa, quanto piuttosto di “rimanere” attaccati a Lui; ciò garantisce la comunicazione continua della vita divina, dalla quale risultano le opere della vita cristiana. Cristo afferma radicalmente che il cristiano non può far niente senza di Lui (cfr. v. 5), dal momento che tutte le opere dell’uomo acquistano valore, davanti al Padre, solo in quanto sono convalidate dal Figlio suo. 

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