mercoledì 7 agosto 2013

Se invece le interruzioni fossero in realtà delle opportunità, se ci sfidassero ad una risposta interiore che dà luogo ad una crescita, facendoci giungere alla completezza dell’essere?

Henri Nouwen
Le interruzioni che modellano

Durante una visita all’Università di Notre Dame, dove avevo insegnato per qualche anno, ho incontrato un vecchio professore, pieno di esperienza, che vi aveva trascorso gran parte della sua vita. E, mentre passeggiavamo per lo stupendo campus, egli disse con una punta di malinconia nella voce: “Sai....per tutta la vita ho protestato perchèil mio lavoro veniva interrotto continuamente, finchè ho scoperto che quelle interruzioni erano il mio lavoro:”

  Noi guardiamo forse spesso ai vari avvenimenti della nostra vita come interruzioni, grandi o piccole, che interrompono i nostri piani, i nostri progetti, i nostri disegni di vita?

Non protestiamo internamente quando uno studente interrompe la nostra lettura, il cattivo tempo la nostra estate, la malattia i nostri progetti bene elaborati, la morte di un amico la nostra pacifica quiete mentale, e le svariate e discordanti realtà dell’esistenza i sogni che avevamo sognato? E questa serie di interruzioni senza fine non produce forse nel nostro cuore sensi di rabbia, di frustrazione e anche di vendetta, tanto che a volte ci appare realmente possibile che vecchiaia sia sinonimo di amarezza?

Se invece le interruzioni fossero in realtà delle opportunità, se ci sfidassero ad una risposta interiore che dà luogo ad una crescita, facendoci giungere alla completezza dell’essere? E se gli avvenimenti della nostra storia ci modellassero come lo scultore modella l’argilla, per cui solo obbedendo assiduamente a queste mani che ci modellano si possa scoprire la nostra vera vocazione, diventando così persone mature? E se le interruzioni improvvise non fossero, di fatto, altro che inviti ad abbandonare i modelli di vita antiquati e fuori moda, dischiudendoci campi di esperienza nuovi ed inesplorati? Infine: se la nostra storia si rivelasse non come una sequenza cieca ed impersonale di eventi che non possiamo controllare, bensì come una mano che ci guida verso un incontro personale in cui tutte le nostre speranze e le nostre aspirazioni saranno soddisfatte?

In questo caso, la nostra vita sarebbe una vita diversa, perchè il fato diventerebbe occasione, le ferite avvertimento, e la paralisi invito a cercare sorgenti più profonde di vitalità. In questo caso, potremmo cercare la speranza nelle città che piangono, negli ospedali in fiamme, nella disperazione dei genitori e dei figli. Allora potremmo respingere la tentazione a disperare, parlando invece dell’albero che fruttifica, mentre osserviamo la morte del seme. Allora potremmo in verità evadere dal carcere dell’anonima serie di eventi per prestare orecchio attento al Dio della Storia che ci parla dal centro della nostra solitudine, rispondendo al suo appello, sempre nuovo, per la nostra conversione.

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