mercoledì 29 gennaio 2014

posso fare ben più che sopravvivere alla paura e fronteggiare l'angoscia. Posso vegliare su ciò che ho di più prezioso, custodendo i valori che ho già imparato ad apprezzare, arricchendo i talenti che mi sono stati affidati.


La solitudine nella quale finiamo per trovarci
può essere vinta se noi veniamo a sapere
che qualcuno sta alla porta del nostro tempo con intenzione amica;
se impariamo ad ascoltare, la sua voce vince la paura e rompe l'isolamento.
Allora io non sono più prigioniero del tempo,
ostaggio di un destino anonimo che avvolge le cose in effimero transito attraverso la caducità.
Qualcuno bussa alla mia porta per dividere il suo tempo con me
e dare al mio tempo una dignità e una prospettiva che mai avrei osato sperare.
Se imparo a coltivare l'attesa,
a vivere il tempo sostando nella affettuosa contemplazione del Signore,
come fa la Sposa,
e nell'operoso ascolto dello Spirito,
che risveglia le membra intorpidite dall'ombra della morte,
posso fare ben più che
sopravvivere alla paura e fronteggiare l'angoscia.
Posso vegliare su ciò che ho di più prezioso,
custodendo i valori che ho già imparato ad apprezzare,
arricchendo i talenti che mi sono stati affidati.
Nella prospettiva del Signore che viene, il tempo si dilata,
si ricompone nella pace, assume qualità e prospettive che riconciliano gli affetti del cuore con la sapienza delle cose.
L'esperienza del tempo non scorre più alla superficie dei sensi fino a declinare nella malinconia dello spirito,
perché diventa esperienza sapida e profonda della vita presente, che è certamente una vita mortale, ma non destinata alla morte.
E' una vita che proprio il tempo conduce verso la vita di Dio,
la stessa di cui vive il Figlio che è diventato un uomo per sempre;
verso la vita dello Spirito
che custodisce gelosamente per noi tutti gli affetti e gli effetti dell'amore,
in vista della risurrezione della carne.
C M Martini

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