lunedì 27 gennaio 2014

Se non siamo vigili, saranno i nostri riflessi condizionati, e non il nostro io, a decidere per noi.


Vigilare è la capacità di ritornare a prendersi il tempo necessario per aver cura della qualità non puramente clinica e commerciale della vita.
Il tempo per imparare a riconoscere il significato delle nostre emozioni impulsi, tensioni per non rimuoverle troppo in fretta anestetizzando l'eventuale disagio che ci procurano, e rendendo così sterile la profondità dell'esperienza nella quale esse potrebbero introdurci.
L'abitudine al consumo superficiale dei sentimenti ci rende fragili;
assegnare all'occasionale immediatezza delle emozioni un ruolo decisivo per la nostra identificazione e la nostra condotta
("io adesso mi sento così, faccio così decido così")
ci espone al grave rischio di conferire alla pressione delle circostanze
un potere assoluto sul nostro destino.
Se non siamo vigili, saranno i nostri riflessi condizionati, e non il nostro io, a decidere per noi.
Compito incongruo con la dignità dell'uomo e curiosamente contraddittorio nei confronti della gelosa difesa della libertà individuale, che segna irrevocabilmente la nostra cultura.
Dalla sterilità delle emozioni e dall'illusione alla quale si espone una vita sentimentale priva di discernimento, ci protegge la vigile cura del tempo vissuto.
Si può tuttavia dire che tutti i modi di vegliare, che esemplificano le qualità essenziali del vigilare, sono come momenti particolari di quella grande veglia che è l'esistenza umana di fronte al tempo definitivo che viene:
il tempo della vita eterna con Dio, che è come la "grande festa" della vita, alla quale ogni uomo che viene nel mondo è destinato, in attesa di esservi formalmente invitato non appena è in grado di prendere da solo la propria decisione.
Espressione della dimensione vigiliare del tempo vissuto è l'attesa cristiana del Signore che viene: nel fluire del tempo, per riscattare il desiderio dell'uomo e restituirlo alla propria libertà; alla fine del tempo, per sigillare il tempo dell'attesa e la reciproca speranza di una comunione irrevocabile.
C M Martini

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