sabato 1 febbraio 2014

Vivere seriamente il tempo è dunque vivere nella Trinità; cercare di evadere dal tempo è fuggire dal grembo divino che ci avvolge



Con l'incarnazione il Figlio di Dio,
mandato dal Padre, fa suo il tempo degli uomini,
fino a desiderare la loro compagnia:
"La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me" (Mt 26,38). Gesù viene così a conoscere la nostra angoscia, lo stare di fronte alla morte: "E cominciò a provare tristezza e angoscia" (Mt 26,37).
La risurrezione di Gesù e l'effusione dello Spirito immettono nel nostro tempo la vittoria sulla morte: "Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi" (Rm 8,11).
La missione del Figlio e quella dello Spirito rivelano la profondità del rapporto tra il Dio vivo e il tempo degli uomini
Il tempo viene dalla Trinità, creato con la creazione del mondo;
si svolge nel seno della Trinità, perché tutto ciò che esiste, esiste in Dio, nel quale viviamo, ci muoviamo e siamo;
è destinato alla gloria della Trinità,
quando tutto sarà ricapitolato nel Figlio
e consegnato al Padre, perché sia tutto in tutti (cf 1 Cor 15,28).
Vivere seriamente il tempo è dunque vivere nella Trinità;
cercare di evadere dal tempo è fuggire dal grembo divino che ci avvolge.
Il cristianesimo non è la religione della salvezza dal tempo e dalla storia, ma del tempo e della storia.
Perché il tempo sia vissuto così, sia cioè santificato,
è necessario che alla vigilanza e alla custodia di Dio sul tempo corrisponda la vigile accettazione dell'uomo:
se Dio ha tempo per l'uomo e custodisce il senso della sua vita e della sua storia,
l'uomo deve aver tempo per Dio e riconoscerlo,
nella vigilanza della fede, della speranza e dell'amore,
come il Signore della sua vita e della sua storia.

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