martedì 25 febbraio 2014

Penso che nessun cristiano, con un minimo di cultura e voglioso di compiere un serio cammino interiore, giunga a dire di non avere tempo per leggere la Scrittura.


Vigilare, per il credente, non è semplice attesa di eventi magari catastrofici: è attesa di Qualcuno. Vigilano le dieci vergini in attesa dello Sposo (cf Mt 25,1-13); vigilano i servi in attesa del padrone e per sventare l'arrivo del ladro (cf Lc 12,27-39); vigila l'amico con l'orecchio teso a cogliere il segno di colui che sta alla porta e bussa (cf Lc 11,5-8, Ap 3,20). Vigiliamo perché la nostra vita attende il Signore, perché Dio ha riempito con la sua parola il vuoto che ci spaventa e che tentiamo di colmare mediante il rumore. "In Gesù Dio non solo ha comunicato con l'uomo, ma si è comunicato. Dio non solo è presente in lui, ma è una cosa sola con lui. Egli dunque è la parola piena e definitiva" (In principio la Parola, p. 64).
Negli anni scorsi ci siamo lasciati continuamente ispirare, partendo dalla seconda Lettera pastorale (del 1981) dalla forte affermazione del Concilio Vaticano II: "L'ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo. I fedeli devono accostarsi volentieri al sacro testo, sia per mezzo della sacra Liturgia ricca di parole divine, sia mediante la pia lettura... ricordandosi però che la lettura della Sacra Scrittura deve essere accompagnata dalla preghiera, affinché possa svolgersi il colloquio tra Dio e l'uomo, poiché quando preghiamo parliamo con lui, lo ascoltiamo quando leggiamo gli oracoli divini" (Dei Verbum, n. 25). Sono sempre più persuaso che un'educazione all'ascolto del Maestro interiore passa per l'esercizio della lectio divina, della meditazione orante sulla parola di Dio, e non mi stancherò di ripetere che essa è uno degli strumenti principali con cui Dio vuole salvare il nostro mondo occidentale dalla rovina morale che incombe su di esso a causa dell'indifferenza e della paura a credere. La lectio divina è l'antidoto che Dio propone ai nostri tempi per farci superare il consumismo e il secolarismo, favorendo la crescita di quella interiorità senza la quale il cristianesimo non supererà la sfida del terzo millennio.
Penso che nessun cristiano, con un minimo di cultura e voglioso di compiere un serio cammino interiore, giunga a dire di non avere tempo per leggere la Scrittura. Non lo avrà per leggere il giornale, per vedere la televisione, per sorseggiare un aperitivo, per seguire le competizioni sportive; tuttavia dovrà trovare il tempo per dedicare alcuni minuti (inizialmente ne bastano dieci) alla lectio divina, la sera prima di addormentarsi, la mattina prima di iniziare il lavoro, durante una breve pausa a metà giornata. Assicurando questi tre momenti e collegandoli l'uno all'altro con il filo rosso della memoria orante del Vangelo del giorno o della domenica successiva, scopriremo quanto sono importanti per nutrire lo spirito.
Lo scopo delle Scuole della Parola - promosse in questi anni - è proprio quello di insegnare l'esercizio della lectio divina, di insegnare a mettersi personalmente di fronte al testo per pregare. Imparare a vivere della Parola, a stare nella Parola, significa imparare a vivere con gioia, con gusto, con sorpresa l'incontro con la parola di Dio scritta, che poi diventa incontro con Gesù che mi sta chiamando e al quale cerco di rispondere.
Perciò le Scuole della Parola, e ogni altra forma di lettura orante della Bibbia, sono un esercizio di vigilanza, ascolto di Colui che bussa, apertura del cuore affinché possa prendervi dimora.

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