martedì 18 marzo 2014

12° giorno Essa è esclusivamente un’esperienza legata alla conversione, che potrebbe non esserci, nonostante i lunghi anni di servizio ministeriale.


 In questi testi si viene messi in guardia dinanzi ad un primo possibile fraintendimento, che è quello di ritenere il numero degli anni di cammino, o l’esercizio dei ministeri, come un segno di maturazione e di santità cristiana. La parola che è rivolta alle guide del popolo, sia nel profeta Isaia che nel brano evangelico odierno, intende appunto demolire questo pregiudizio: non è la posizione che si occupa nella Chiesa, non è l’autorità religiosa che si riveste, non sono gli anni di cammino che garantiscono la santità. Essa è esclusivamente un’esperienza legata alla conversione, che potrebbe non esserci, nonostante i lunghi anni di servizio ministeriale. Tale via di conversione, tanto per coloro che esercitano dei ministeri o rivestono una posizione di autorità, quanto per coloro che non li rivestono, è definita da Isaia come una via di ascolto e di dialogo con Dio. L’esortazione rivolta ai capi: “Lavatevi, purificatevi, togliete il male delle vostre azioni dalla mia vista”, a cui segue una serie di esortazioni alla giustizia sociale, approda infine a un punto cruciale: “Su, venite e discutiamo, dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve”. Dinanzi alla descrizione del peccato: “Cessate di fare il male, … ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso”, si ha l’impressione di un cumulo di mancanze e di omissioni di grande portata; sembrerebbe quasi che occorra compiere chissà quale dolorosa purificazione o espiazione, per superare l’ostacolo del peccato. Invece, la Parola del profeta indica un superamento del peccato che si compie mediante un gesto dalla sconcertante semplicità: l’atto di avvicinarsi al Signore e di parlare con Lui è tutto ciò che l’uomo deve fare, perché in definitiva è Dio stesso che ci lava dalla macchia del peccato. Ne consegue una verità dalla logica stringente: nessuno può essere deterso, se non si accosta a Dio in un rapporto personale, che si concretizza nel dialogo. Tutto quel male che sta sotto gli occhi di Dio, e che ha indubbiamente bisogno di una radicale purificazione, non viene lavato da olocausti o sacrifici, né da macerazioni personali per quanto eroiche, ma viene purificato dall’accoglienza di Dio da parte dell’uomo peccatore, e dalla disponibilità ad accettare il suo invito di dialogare con Lui: “Su, venite e discutiamo, dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve”. Sotto un certo aspetto, torna qui il tema della lettura di ieri, dove il peccato fondamentale era proprio questo: quello, cioè, di non avvicinarsi a Dio per discutere con Lui, accogliendo la sua Parola e confrontandosi con Essa. Non è una via difficile quella indicata dal profeta Isaia, eppure non è possibile alcun superamento di se stessi senza questo momento di confronto e di dialogo con il Signore, che rivolge a noi la sua Parola. Essa stessa, per chi crede, è la forza di purificazione che agisce nella coscienza.
Don Vincenzo Cuffaro

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