giovedì 13 marzo 2014

8 giorno Ester non entra al cospetto del re e non chiede udienza, se prima non ha pregato a lungo. Da questo suo agire comprendiamo come l’azione sia sempre successiva alla preghiera, tanto nell’ordine dei valori quanto nella prassi.


 Il testo del libro di Ester coglie 
l’atteggiamento della regina Ester dinanzi a una particolare minaccia: 
lo scopo di un ministro del re, che vorrebbe sterminare il popolo d’Israele, suggerendo al re, con pretesti ingannevoli, di scatenare una persecuzione contro gli Ebrei che vivono nel suo territorio. 
La regina è ebrea di origine e sente tutta la responsabilità di un suo possibile intervento per salvare il popolo, intercedendo presso il re. Ma è parimenti consapevole del rischio mortale che correrebbe, qualora il re non dovesse tenere in alcun conto le sue motivazioni. Le potrebbe infatti accadere di essere eliminata insieme alla gente della sua stirpe. Il testo sottolinea come la regina Ester faccia precedere la preghiera all’azione. Ester non entra al cospetto del re e non chiede udienza, se prima non ha pregato a lungo. Da questo suo agire comprendiamo come l’azione sia sempre successiva alla preghiera, tanto nell’ordine dei valori quanto nella prassi. La preghiera di Ester contiene degli elementi fondamentali anche in relazione al modo in cui è opportuno pregare; cosa che peraltro coincide con l’insegnamento del NT. La preghiera di Ester si apre con la lode: “Mio Signore, nostro re, tu sei l’unico!” (Est 4,3). La lode rappresenta indubbiamente la preghiera più eccellente. Nella Scrittura, l’eccellenza qualitativa della lode viene sottolineata ripetutamente. Dopo avere elevato a Dio la preghiera di lode, Ester avanza la sua richiesta: “Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso fuori di te, mentre sono sul punto di espormi al pericolo” (Est 4,4).
In questa preghiera di Ester cogliamo anche un ulteriore aspetto della preghiera, non meno importante. La preghiera si presenta nelle parole di Ester come un cammino graduale di maturazione spirituale. La capacità di pregare autenticamente, come la possibilità di raggiungere certe profondità di dialogo col Signore, non deriva da una tecnica, o da una metodologia appresa, bensì da un cammino graduale, durante il quale la persona entra in un’intimità sempre più profonda con lo Spirito di Dio, come del resto avviene in ogni relazione anche a livello umano; con il tempo e con la condivisione dell’esperienza, ogni rapporto personale si intensifica e si approfondisce. Ogni amico, la cui vicinanza ci accompagna per diversi anni, si inoltra a poco a poco verso le profondità della nostra vita. L’amicizia al suo nascere non è mai tanto profonda quanto lo è alcuni decenni dopo. Anche la preghiera risponde alla medesima logica relazionale. Si tratta di un’amicizia con Dio. Si tratta di un dialogo tra persone che si vogliono bene. Per entrare nell’intimità divina, occorre vivere a lungo a contatto con Lui. E’ una pretesa ingannevole quella di bruciare le tappe nel cammino della preghiera. Non si giunge a certi livelli di preghiera senza un cammino profondo di comunione con Dio e di intimità con Lui. 
Don Vincenzo Cuffaro

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