martedì 15 aprile 2014

36° giorno La chiamata di Dio, infatti, per ogni uomo, non si verifica in una determinata età della vita, bensì sin dal seno materno; vale a dire che ogni persona nasce sulla terra come un progetto di Dio.


Il secondo giorno della settimana santa prevede il secondo canto del servo di Yahweh, che si trova al cap. 49 del libro del profeta Isaia. Il vangelo di questa giornata è costituito dal racconto dell’ultima cena secondo Giovanni, durante la quale Cristo annunzia il tradimento di Giuda e il rinnegamento di Pietro.
A differenza del primo canto del servo di Yahweh, dove è Dio che introduce e presenta il servo, nel secondo canto è lo stesso servo del Signore che parla ai destinatari in prima persona, riferendosi alla propria vocazione e alla volontà di Dio che deve manifestarsi e realizzarsi nella sua vita. 
Ancora una volta il servo si presenta con una missione che valica i confini d’Israele. Rivolgendosi alle isole e alle nazioni lontane il servo di Yahweh estende a dismisura l’ambito del suo servizio ministeriale; non soltanto Israele ma il mondo nel suo insieme è oggetto della sua opera di rivelazione: “Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane” (Is 49,1). 
Qui il servo si presenta come un inviato che è stato preparato da Dio da lungo tempo, la cui vocazione entra nel mistero della divina predestinazione. La chiamata di Dio, infatti, per ogni uomo, non si verifica in una determinata età della vita, bensì sin dal seno materno; vale a dire che ogni persona nasce sulla terra come un progetto di Dio. Questo riferimento al seno materno, nell’orizzonte biblico, ha anche un altro significato: esso è funzionale alla presentazione del servo di Yahweh come profeta; anche la vocazione del profeta Geremia infatti è presentata nei medesimi termini di una chiamata che egli riceve da parte del Signore fin dal seno materno. 
Le immagini della spada affilata e della freccia nella faretra indicano l’efficacia della sua missione ma al tempo stesso alludono alla necessità di un combattimento che accompagna la realizzazione di ogni opera divina. 
Il servo di Yahweh ha una vocazione profetica e come profeta egli è l’uomo della Parola. La sua Parola, per il fatto di essere ispirata da Dio, possiede una particolare forza di penetrazione rappresentata appunto dal simbolo della spada affilata, simbolo che poi tornerà ancora una volta nell’Apocalisse a proposito della parola di Cristo che esce dalla sua bocca come una spada (cfr. Ap 1,16). Su questo servo si annuncia la manifestazione della gloria di Dio: “Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria” (v. 3). 
La stessa prospettiva verrà scelta dall’evangelista Giovanni come chiave di lettura del mistero di Cristo: la gloria di Dio si rivela nel Cristo crocifisso. Per l’evangelista Giovanni l’umanità di Gesù è il luogo della definitiva rivelazione della gloria di Dio. Il fatto che in questo punto il servo sia chiamato “Israele”, indica il secondo livello di lettura a cui già abbiamo fatto riferimento. 
La figura del servo è una figura individuale ma al tempo stesso è una categoria inclusiva del popolo cristiano.

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