mercoledì 16 aprile 2014

37 ° giorno una tale immane sofferenza è accompagnata da una certezza incrollabile, dell’assistenza di Dio, ed è per questo che il servo di Yahweh non resta confuso, per quanto la persecuzione possa scatenarsi contro di Lui.


Cristo venne schernito in entrambi i casi in questi medesimi termini individuati dal terzo canto del servo di Yahweh come le sofferenze destinate al Messia. 
Anche qui, però, una tale immane sofferenza è accompagnata da una certezza incrollabile, dell’assistenza di Dio, ed è per questo che il servo di Yahweh non resta confuso, per quanto la persecuzione possa scatenarsi contro di Lui. 
Le espressioni finali della prima lettura esprimono molto bene questa sicurezza: “E’ vicino chi mi rende giustizia; chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci. Chi mi accusa? Si avvicini a me. Ecco il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole?”. 
Non potrà mai esserci un processo che si chiuda 
con una sentenza di condanna per un innocente; 
anche se questo può accadere nel tribunale umano, 
Dio stesso, per iniziativa propria, 
riapre il processo, quando, dinanzi al suo Tribunale, 
tutti gli eventi della storia umana dovranno essere riverificati 
e giudicati una seconda 
e ultima volta. 
Quello che il testo sottolinea ancora, 
accanto alla sofferenza accompagnata dalla sicurezza dell’aiuto di Dio, 
è il fondamento della sofferenza, 
ossia l’atteggiamento del discepolato, 
per il quale la sofferenza non viene sciupata né vissuta in maniera bruta e svuotata di significati. 
Il discepolato trasforma la sofferenza dell’uomo in un sacrificio di lode gradito a Dio. 
Il testo di Isaia parla infatti della sofferenza del servo in seconda posizione rispetto al suo atteggiamento di ascolto 
e rispetto all’orecchio da iniziati che si apre al suono della Parola di Dio. 
Il servo dice di essersi lasciato aprire l’orecchio e di non essersi tirato indietro, 
resistendo alla grazia: 
non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro”. 
In lui non c’è dunque alcuna resistenza al progetto di Dio, 
e perciò il suo orecchio si apre all’ascolto della Parola e acquista, al tempo stesso, anche un linguaggio da iniziati. 
Non c’è dubbio che questa immagine voglia descrivere la disposizione del discepolato, 
che sta alla base del ministero della Parola; 
ma ciò significa pure che l’ascolto e la sottomissione alla Parola di Dio sono ciò che permette alla sofferenza di acquistare significati nuovi, così che non si soffra senza scopo. 
La sofferenza del servo non potrebbe avere questi significati divini, di cui parliamo, 
se l’esperienza del suo dolore non andasse a radicarsi 
nella disposizione dell’ascolto della Parola di Dio. 
La condizione di discepolato rende la sofferenza valida e fruttuosa agli occhi di Dio, 
nella dimensione soprannaturale, anche se, a livello umano, 
potrebbe non esserci un frutto visibile; ma quel frutto che rimane, la crescita della santità, comunque, 
è presente in ogni caso dinanzi a Dio, anche se fosse assente nell’esperienza terrena. 
Da qui la sicurezza del servo e il suo irriducibile ottimismo anche negli oltraggi e nella persecuzione: 
è vicino chi mi rende giustizia; 
chi oserà venire a contesa con me? 
Il Signore Dio mi assiste: 
chi mi dichiarerà colpevole?”.
Don Vincenzo Cuffaro

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